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02 AGOSTO 2011 - CONSIGLIO DI STATO QUARTA SEZIONE NR.4582 DEL 02 AGOSTO 2011

MILITARI - AVANZAMENTO AL GRADO SUPERIORE - DISOMOGENEITA' DEL GIUDIZIO RISPETTO AL GIUDIZIO ESPRESSO PER L'ULTIMO AVANZAMENTO - IN ASSENZA DI FATTI NUOVI - ILLEGITTIMITA'

 

N. 04582/2011REG.PROV.COLL.

N. 01835/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 1835 del 2010, proposto dal Ministero della difesa, in persona del ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;

contro

Costanzo Periotto, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Crisostomo Sciacca e Maria Stefania Masini, ed elettivamente domiciliato presso i difensori in Roma, via della Vite n. 7, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima bis, n. 12702 del 10 dicembre 2009.;

 


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Costanzo Periotto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2011 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Giovanni C.Sciacca e l’avvocato dello Stato Giovanni Palatiello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


 

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 1835 del 2010, il Ministero della difesa propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima bis, n. 12702 del 10 dicembre 2009 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Costanzo Periotto per la mancata iscrizione nel quadro di avanzamento al grado superiore per l'anno 2005 (disp. 18.4.2005 prot. n. MD/GMIL03-II/4/2001/34816 di Persomil; e per tutte le operazioni di scrutinio compiute dalla C.S.A, il punto di merito attribuito al ricorrente (28,10), la graduatoria di merito, l'approvazione ministeriale; nonché per ogni altro atto presupposto, connnesso e consequenziale.

Dinanzi al giudice di prime cure, con atto notificato il 22 maggio 2005, il generale di brigata in s.p.e. del ruolo normale Costanzo Periotto ha proposto ricorso avverso la sua mancata iscrizione nel quadro di avanzamento al grado superiore per l’anno 2005 e contro tutte le operazioni di scrutinio compiute dalla C.S.A, il punto di merito attribuitogli (28,10), la graduatoria di merito, l’approvazione ministeriale, nonché contro ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.

A sostegno del gravame deduceva la censura di violazione dell’art. 26 della legge n. 1137/1955 e successive modificazioni; violazione del D.M. 2/11/1993 n. 571; eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità, disparità di trattamento.

Il ricorrente lamentava che tra il punteggio a lui attribuito e gli elementi sui quali il punteggio stesso avrebbe dovuto fondarsi, non sussiste quella necessaria correlazione logica, che si riassume nei concetti di adeguatezza e proporzionalità.

Peraltro il giudizio impugnato appariva illegittimo perché affetto dal vizio di eccesso di potere in senso relativo vista la perdurante sussistenza di un criterio valutativo particolarmente riduttivo e rigoroso utilizzato dalla C.S.A. nei confronti del ricorrente e, di converso, marcatamente concessivo riservato ai parigrado Sauro Baistrocchi e Vincenzo Turetta iscritti in quadro.

Con successivi motivi aggiunti depositati il 27 aprile 2008 il ricorrente ha ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive.

Costituitasi in giudizio l’amministrazione intimata a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato, e disposta con sentenza interlocutoria n. 10914 del 23 ottobre 2006 l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli ufficiali iscritti in quadro, cui il ricorso non era stato notificato, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le doglianzea, evidenziando l’irragionevole comportamento dell’amministrazione in relazione alle precedenti valutazioni operate nei confronti dello stesso ufficiale.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’erroneità della sentenza, per aver pretermesso di considerare l’autonomia delle singole valutazioni e la preponderanza, sotto altri aspetti, dei precedenti di servizio degli ufficiali contro interessati.

Nel giudizio di appello, si è costituito Costanzo Periotto, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Alla pubblica udienza del 17 maggio 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. - Con un unico motivo di diritto, la difesa erariale appellante lamenta l’erroneità della sentenza per avere il T.A.R. seguito un discutibile metodo di valutazione della questione discutibile. In concreto, secondo la prospettazione difensiva, il giudice di prime cure avrebbe selezionato, tra gli aspetti che contribuiscono a formarle il profilo professionale degli ufficiali scrutinandi, solo quelli favorevoli all’originario ricorrente, trascurando quelli in cui lo stesso risultava meno favorito e comunque ponendo in ombra il fondamentale concetto della globalità della valutazione e dell’unicità del giudizio.

Contestando quindi le affermazioni del T.A.R., la difesa erariale si sofferma sull’esistenza di altri aspetti, ed in particolare sul diverso tono delle valutazioni caratteristiche, degli incarichi e del percorso formativo, per sottolineare come, in un più generale complesso, la scelta dell’amministrazione debba invece ritenersi del tutto corretta con conseguente necessità di annullamento della sentenza gravata.

2.1. - La doglianza non può essere condivisa.

Osserva la Sezione come la sentenza impugnata, premessa una ampia introduzione nella quale vengono ripresi i principi consolidati valevoli nell’ambito dei giudizi di avanzamento degli ufficiali e dove si esaminano i limiti del sindacato giudiziario sull’attività delle commissioni di avanzamento, giunga alla conclusione dell’illegittimità del comportamento dell’amministrazione sulla base di due diversi iter argomentativi, uno solo dei quali appare inciso dall’appello erariale.

In primo luogo, ed in un contesto nel quale il giudice di prime cure si sofferma più ampiamente, viene effettivamente evidenziato il diverso profilo professionale dell’originario ricorrente, in relazione al quale si sottolinea la migliore qualificazione, dovuta ad un curriculum formativo di maggior pregnanza e qualità.

In secondo luogo, con minore profondità, si evidenzia la singolare situazione per cui il ricorrente, sempre preposto ai suoi contradditori nelle diverse valutazioni per l’accesso ai gradi di colonnello e di generale di brigata, si sia visto pretermettere, in assenza di elementi oggettivi, nell’ulteriore promozione al grado di generale di divisione.

In relazione al primo aspetto, la difesa dell’Avvocatura appellante ha quindi buon gioco nel ritenere che la scelta del T.A.R. abbia di fatto condotto ad una messa in ombra del principio della valutazione globale, evidenziando solo gli aspetti di maggior spicco del profilo professionale del ricorrente e sottacendone altri, quali quello della valutazione caratteristica, in cui tale predominanza non emerge con l’identica evidenza.

Tale circostanza, va peraltro rimarcato, ossia l’individuazione di una preminenza non esattamente valutata in una delle quattro categorie di valutazione, non è di per sé elemento idoneo a suffragare la tesi della sostituzione giudiziaria alle valutazioni di merito dell’amministrazione. Ciò perché il concetto di considerazione globale dei precedenti di carriera degli ufficiali scrutinandi non è di per sé idoneo ad elidere l’eventuale esistenza di elementi di prevalenza. Il giudizio di globalità, infatti, consente una considerazione differenziata dei diversi indici sui quali si articola il giudizio, ma non è certamente un sistema utilizzabile per sconvolgere l’accertata esistenza di una preminenza nelle diverse categorie di giudizio. Così argomentando si verrebbe a porre nel nulla l’attenzione tradizionalmente riservata dal legislatore alla individuazione analitica, e non sintetica, degli elementi su cui deve fondarsi il giudizio.

In relazione al secondo aspetto, ossia alla diversità di valutazioni operate dall’amministrazione in occasione degli avanzamenti ai gradi di colonnello, generale di brigata e generale di divisione, occorre invece notare come la sentenza gravata sicuramente colga nel segno, individuando l’esistenza di un profilo di incongruità dell’azione amministrativa.

Proprio in relazione a tali fattispecie, la Sezione ha avuto modo di affermare (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6867) che, in tale materia, “occorre porre mente ai principi in tema di disamina giudiziaria dei giudizi di avanzamento, principi che sono ancora fondamentalmente contenuti nella decisione del Consiglio di Stato, ad. plen., 14 luglio 1998, n. 5. Essi, per quanto qui rileva, sono così riassumibili:

a) “le valutazioni di ogni commissione assumono i caratteri della generalità e dell’esaustività”, per cui ben possono giungere a conclusioni difformi “da quelle espresse dai punteggi e dall'ordine delle posizioni nella precedente graduatoria”;

b) tali conclusioni difformi possono essere determinate non solo dal sopravvenire di “nuovi elementi, idonei a differenziare le posizioni degli ufficiali”, ma anche come esito “della valutazione effettuata dalla nuova commissione con piana autonomia rispetto alle precedenti e con pari discrezionalità”;

c) “per il principio di razionale svolgimento dell'azione amministrativa, la divergenza di risultato fra valutazioni effettuate in situazioni sostanzialmente omogenee costituisce un sintomo di cattivo esercizio del potere”, ossia “un parametro estrinseco all'agire dell'amministrazione, che, in quanto tale, può essere utile per la rilevazione in via presuntiva dell'eccesso di potere”.

Trasponendo in un linguaggio più formalizzato i contenuti sopra indicati, si evince che la discrezionalità delle singole commissioni di avanzamento è fatta sempre salva, quando il mutamento della valutazione è conseguente al sopravvenire di nuove evenienze in fatto. In tale caso muta la base di giudizio e, conseguentemente, anche il suo esito (ed in tal senso si esprime anche l’art. 2 del citato D.M. 2 novembre 1993 n. 571).

Diversamente accade quando non vi sono fatti nuovi e quindi quello che muta non è la base, ma il criterio di giudizio. In questo caso, ferma rimanendo la discrezionalità dell’amministrazione, il susseguirsi di valutazioni improntate a ragioni non omogenee è sintomo, anche se non ancora prova, di un vizio di eccesso di potere. Ovviamente, il criterio di giudizio può cambiare in relazione ad esigenze oggettive ed ostensibili (si immagini l’insorgere di un nuovo quadro operativo che imponga di privilegiare tipologie differenti di professionalità o evoluzioni del modello di impiego che comportino la trasformazione del sistema o altro ancora) ed in questo caso l’ipotesi di un vizio di legittimità verrebbe a cadere. Può accadere però che il criterio di giudizio cambi in assenza di un’espressa necessità istituzionale, ed in questo caso lo scrutinio del giudice amministrativo deve essere particolarmente attento, al fine di evitare che situazioni contingenti vengano ad infirmare un percorso valutativo coerente e ad incidere sulle scelte del personale da far assurgere ai più alti incarichi (in quanto “il giudizio finale espresso in sede di avanzamento è giudizio dell’amministrazione nel suo complesso, e non esito di singoli episodi slegati tra loro”, Consiglio di Stato, sez. IV, 16 aprile 2010, n. 6710).

Su tale profilo e sulle ragioni del mutamento del criterio di giudizio si sofferma l’attenzione della Sezione al fine di evidenziare se questo indizio di eccesso di potere sia tale da far ritenere che i punteggi siano “il risultato di criteri impropri, non atti alla selezione degli ufficiali più idonei alle funzioni del grado superiore da conferire” (così Consiglio di Stato, sez. IV, 24 dicembre 2009, n. 8758)”.

Sulla scorta della ricostruzione appena operata, emerge con evidenza come la valutazione dell’attuale appellato, prima del tutto favorevole in relazione agli avanzamenti antecedenti, abbia avuto un esito del tutto difforme per il grado di generale di divisione senza che esistesse un elemento di sostegno per la scelta dell’amministrazione. Da questo punto di vista, il comportamento amministrativo non si sottrae alla censura di irrazionalità e quindi di illegittimità.

Va peraltro evidenziato come questo modo di procedere, effettuato dal T.A.R. nella sentenza gravata e qui pienamente condiviso, non si sostituisce alla valutazione globale del curriculum dell’ufficiale svolta dall’amministrazione, ma la condivide, facendola propria, e la completa, mettendola a raffronto nei diversi momenti storici. Infatti, il raffronto non viene operato tra segmenti di valutazione o tra singole categorie di giudizio, ma pone in contatto tra loro i differenti giudizi, tutti caratterizzati dal principio di globalità, posti in essere dalla commissione di avanzamento e quindi dalla stessa amministrazione.

Dallo scollamento tra i diversi giudizi globali, emerge come nella fattispecie in scrutinio si sia in presenza di una fattispecie di scavalcamento concreto, che non integra certamente lo scavalcamento in senso tecnico, che si realizza quando ciò avviene nell’ambito della promozione allo stesso grado tra ufficiali già precedentemente valutati in modo opposto (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 10 novembre 2006, n. 6637), ma che ha la stessa conseguenza dal punto di vista dell’avanzamento dei militari scrutinandi e che già era stata valutata, nella citata Consiglio di Stato, ad. plen., 14 luglio 1998, n. 5, come elemento rilevante per la prova dell’esistenza del vizio di eccesso di potere.

Deve quindi concludersi, concordemente con il giudice di prime cure, che la valutazione dell’attuale appellante ai fini dell’iscrizione nel quadro di avanzamento sia stata carente, non emergendo dagli atti situazioni sopravvenute tali da poter rovesciare le precedenti considerazioni positive espresse dalla stessa amministrazione in relazione agli avanzamenti pregressi.

3. - L’appello va quindi respinto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale novità della questione decisa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 1835 del 2010;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2011, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

 

 

Paolo Numerico, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

 

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/08/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.) 

 

Autore/Fonte: www.giustizia-amministrativa.it AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI) 

 


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