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Studio Legale
20 LUGLIO 2011 - CONSIGLIO DI STATO SESTA SEZIONE, NR.4393 DEL 20 LUGLIO 2011 - PRES.CORAGGIO REL.CONTESSA

AUTORITA' GARANTE PER LA CONCORRENZA ED IL MERCATO - PROVVEDIMENTO DI RIGETTO DELLA PROPOSTA DI IMPEGNI FORMULATA AI SENSI DELL'ART.14 TER DELLA LEGGE NR.287/1990 - DIRETTA IMPUGNABILITA' - ESCLUSIONE.

 

 

 

N. 04393/2011REG.PROV.COLL.

N. 00097/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 97 del 2011, proposto dall’Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.; 
Banca Sella Holding S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Piero Fattori, Antonio Lirosi, Marco Martinelli, Matteo Padellaro e Alberto Pera, con domicilio eletto presso Partners Gianni, Origoni, Grippo & in Roma, via delle Quattro Fontane 20; 
Barclays Bank Plc, rappresentata e difesa dagli avvocati Cristoforo Osti e Aristide Police, con domicilio eletto presso Aristide Police in Roma, via di Villa Sacchetti, n. 11; 
Deutsche Bank S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Marcello Clarich, Giuliano Fonderico, Stefania Bariatti, Emilio Cucchiara e Matteo Farneti, con domicilio eletto presso Marcello Clarich in Roma, piazza del Popolo, n. 18; 
Intesa Sanpaolo S.p.A., rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2; 
Istituto Centrale delle Banche Popolari S.p.A., rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Scanzano, Stefania Bariatti, con domicilio eletto presso Studio Legale Chiomenti in Roma, via XXIV Maggio, n. 43; 
Mastercard S.P.R.L., rappresentata e difesa dagli avvocati Filippo Lattanzi, Francesco Cardarelli e Andrea De Matteis, con domicilio eletto presso Filippo Lattanzi in Roma, via G.P. Da Palestrina, n. 47; 
Mastercard Incorporated, Mastercard International Incorporated, rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Cardarelli, Filippo Lattanzi e Andrea De Matteis, con domicilio eletto presso Filippo Lattanzi in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, n. 47; 

nei confronti di

Unicredit S.p.a., rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso Fabio Cintioli in Roma, via Salaria, n. 259; 
Banca Nazionale del Lavoro Spa, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Anglani, Claudio Tesauro e Domenico Ielo, con domicilio eletto presso Bonelli Erede Pappalardo in Roma, via Salaria, n. 259; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I, n. 33474/2010, resa tra le parti, concernente RIGETTO DI IMPEGNI PRESENTATI NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO RELATIVO A PRATICHE ANTICONCORRENZIALI

 


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Banca Sella Holding S.p.A., di Barclays Bank Plc, di Deutsche Bank S.p.A., di Intesa Sanpaolo S.p.A., dell’Istituto Centrale delle Banche Popolari S.p.A., di Mastercard S.P.R.L., di Mastercard Incorporated, di Mastercard International Incorporated, di Unicredit Spa e di Banca Nazionale del Lavoro Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2011 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Arena, nonché gli avvocati Lirosi, Pera, Osti, Police, Fonderico, Bariatti, Clarizia, Lattanzi, Cardarelli, Cintioli, Anglani, Tesauro, e De Matteis.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


FATTO

La vicenda all’origine del presente ricorso prende le mosse dalla delibera dell’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora innanzi: ‘l’AGCM’, ovvero: ‘l’Autorità’) in data 15 luglio 2009 con cui era stata avviata l’istruttoria ai sensi dell’art. 14 della l. 10 ottobre 1990, n. 287 nei confronti delle società Mastercard Incorporated, Mastercard International Incorporated e Mastercard Europe s.p.r.l. (d’ora in poi: ‘le società del gruppo MasterCard’) al fine di accertare l’esistenza di violazioni dell’art. 101 del TFUE (già: art. 81 del Trattato CE) consistenti nella definizione a livello associativo, da parte di tali società, delle commissioni interbancarie multilaterali nazionali per l’Italia nel settore delle carte di pagamento e nell’insieme delle intese verticali tra il circuito MasterCard e i propri acquirer nazionali.

Secondo l’Autorità in particolare, l’intesa in parola avrebbe avuto per oggetto e per effetto la limitazione del confronto competitivo nel mercato nazionale dell’acquiring nel settore delle carte di pagamento.

Nel corso dell’istruttoria, le società del gruppo MasterCard avevano fatto pervenire all’Autorità (dicembre 2009) una proposta di impegni ai sensi dell’art. 14-ter della l. 10 ottobre 1990, n. 287, ritenendo che l’eventuale accoglimento di tali impegni avrebbe potuto far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria.

Con la delibera oggetto di impugnativa nell’ambito del primo ricorso, l’Autorità rigettava gli impegni presentati, ritenendo che gli stessi non potessero ritenersi né idonei, né sufficienti a far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto di istruttoria, come descritti nell’atto di avvio in data 15 luglio 2009.

In particolare, l’Autorità riteneva che l’inidoneità degli impegni in parola a far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto di indagine derivasse:

i) dal carattere temporalmente limitato degli impegni medesimi (con particolare riguardo alla proposta riduzione delle commissioni interbancarie multilaterali – ‘multilateral interchange fees’ -);

ii) dal fatto che l’esistenza stessa degli impegni era stata condizionata dai proponenti al mancato esercizio, da parte loro, del diritto di recesso (diritto che, in base agli impegni proposti, avrebbe potuto essere esercitato –inter alia . nel caso in cui l’Autorità avesse concluso il procedimento istruttorio adottando misure che, “secondo il giudizio di MasterCard sono in contrasto con gli accordi di licenza tra MasterCard e le banche o con le regole/procedure e/o pratiche di MasterCard”);

iii) dal fatto che la riduzione proposta della misura delle commissioni interbancarie multilaterali non trovasse fondamento su un’analisi economica di efficienza del sistema.

L’atto di rigetto degli impegni veniva impugnato dalle società del gruppo MasterCard dinanzi al T.A.R. per il Lazio (ricorso n. 2203/2010) il quale, con la pronuncia oggetto del presente gravame, accoglieva il ricorso ed annullava l’atto reiettivo degli impegni.

Al fine di una compiuta ricostruzione delle vicende rilevanti si osserva che, in data successiva al passaggio in decisione del ricorso in primo grado (l’udienza pubblica si era tenuta il 27 ottobre 2010), ma prima della pubblicazione della sentenza oggetto di gravame (16 novembre 2010), l’Autorità appellante adottò l’atto conclusivo del procedimento istruttorio, sanzionando le società del gruppo MasterCard e le altre imprese coinvolte nella pratica anticoncorrenziale oggetto di indagine (provvedimento in data 5 novembre 2010).

Il provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dalle società del gruppo MasterCard attraverso la proposizione dinanzi al T.A.R. per il Lazio di un autonomo ricorso (recante il n. 215/2011), allo stato non ancora definito.

Ai fini della presente decisione, mette altresì conto osservare che, nell’adottare la pronuncia oggetto di appello, il Tribunale ha esaminato e respinto l’eccezione dell’Autorità secondo cui il ricorso avverso l’atto di reiezione degli impegni ai sensi dell’art. 14-ter, l. 287, cit. sarebbe inammissibile per difetto di un interesse immediato e diretto alla sua impugnativa.

La pronuncia in questione veniva gravata in sede di appello dall’A.G.C.M. la quale ne chiedeva l’integrale riforma articolando i seguenti motivi di gravame:

1) sull’inammissibilità del ricorso di primo grado

2) sull’asserita esigenza di conformità

3) sulle motivazioni del provvedimento di rigetto

Si costituivano in giudizio le società Mastercard Incorporated, Mastercard International Incorporated e Mastercard Europe s.p.r.l., le quali concludevano nel senso della reiezione del gravame. Le società in parola proponevano, altresì, appello incidentale avverso il capo della sentenza recante statuizioni in ordine alla parte del provvedimento dell’Autorità che si era occupato della questione delle clausole di recesso dagli impegni assunti.

Si costituivano, altresì, le società Barclays Bank PLC, Banca Sella Holding s.p.a.; Banca Nazionale del Lavoro s.p.a., Unicredit s.p.a., Istituto Centrake delle Banche Popolari Italiane s.p.a. e Deutsche Bank s.p.a., le quali concludevano nel senso della declaratoria di inammissibilità o improcedibilità del gravame, e comunque nel senso della sua infondatezza.

Con ordinanza 15 marzo 2011, n. 1948 questo Consiglio rappresentava che, dopo il passaggio in decisione della causa, erano stati rilevati “seri dubbi in ordine alla ammissibilità del ricorso proposto in primo grado dalle società del gruppo MasterCard, in relazione alla questione dell’impugnabilità (immediata ovvero differita) del provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato respinge la proposta di impegni formulata da un’impresa coinvolta in un’istruttoria per l’accertamento di illeciti antitrust (art. 14-ter, l. 10 ottobre 1990, n. 287, come introdotto dall’art. 14 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione)”.

Conseguentemente, veniva assegnato un termine alle parti per presentare memorie sul richiamato profilo (art. 73 del c.p.a.).

L’Autorità appellante, nonché le società del gruppo MasterCard e la soc. Unicredit s.p.a. depositavano tempestivamente memorie con cui argomentavano ulteriormente sul punto.

All’udienza pubblica del 15 febbraio 2011 i procuratori delle parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni e la causa veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui è stato accolto il ricorso proposto dalle società del Gruppo MasterCard (recante il n. 2203/2010) e, per l’effetto, è stato annullato l’atto con cui l’Autorità aveva deliberato di rigettare gli impegni presentati dalle società in parola ai sensi dell’art. 14-ter della l. 10 ottobre 1990, n. 287 in relazione a un procedimento di indagine avviato ai sensi dell’art. 101 del TFUE (già: art. 81 TCE – intese vietate) in tema di determinazione delle commissioni interbancarie multilaterali nazionali per l’Italia (c.d. ‘multilateral interchange fee’).

2. In primo luogo il Collegio ritiene di esaminare la questione di ordine processuale relativa alla diretta impugnabilità dell’atto con cui l’Autorità decide di respingere gli impegni proposti dalle imprese soggette a un’istruttoria Antitrust ai sensi del comma 1 dell’art. 14-ter della l. 10 ottobre 1990, n. 287.

Secondo l’Autorità appellante, al quesito deve essere fornita risposta negativa, conformemente ad alcuni precedenti con cui lo stesso Tribunale ha osservato che l’atto di rigetto degli impegni si colloca in una fase ancora preliminare dell’istruttoria, nel corso della quale non è ancora dato sapere se la stessa si concluderà o meno con l’adozione di un provvedimento sanzionatorio.

Ancora, l’appellante contesta l’argomento profuso dal Tribunale, secondo cui occorrerebbe tracciare un parallelismo fra - da un lato - l’atto di accoglimento degli impegni proposti (il quale, secondo la giurisprudenza prevalente è certamente impugnabile dalle imprese lese dalla condotta anticoncorrenziale) e – dall’altro – l’atto di rigetto degli impegni, a seguito del quale il procedimento istruttorio prosegue, senza alcuna certezza che esso si concluderà con l’accertamento dell’esistenza di un illecito antitrust e la conseguente adozione di un provvedimento di condanna.

Secondo l’appellante, inoltre, se l’interesse al ricorso consiste in vantaggio diretto, pratico e concreto, connesso alla favorevole coltivazione dell’impugnativa, la sussistenza di un siffatto interesse non potrebbe affermarsi nel caso di un atto (il rigetto degli impegni) la cui eventuale rimozione in sede giurisdizionale non sarebbe comunque idonea a determinare alcun vantaggio effettivo in favore del soggetto agente.

2.1. All’indomani della richiamata ordinanza di questa Sezione, n. 1948/2011, la Difesa erariale, le società del gruppo MasterCard e la soc. Unicredit s.p.a. producevano memorie con cui illustravano con ulteriori argomenti le proprie posizioni.

2.1.1. In particolare, l’A.G.C.M. ribadiva la tesi della non diretta impugnabilità dell’atto con cui l’Autorità rigetta la proposta di impegni ai sensi dell’art. 14-ter, cit. con argomenti che possono essere così sintetizzati:

- secondo una parte della giurisprudenza, l’atto di rigetto degli impegni proposti costituisce una misura soltanto preliminare a seguito della quale non è ancora dato sapere se la sanzione verrà irrogata oppure no (i.e.: se l’istruttoria concluderà nel senso dell’effettiva sussistenza di una condotta anticoncorrenziale);

- la sentenza del T.A.R. non è condivisibile laddove postula una sorta di inscindibile parallelismo sistematico fra – da un lato – l’atto con cui gli impegni vengono accolti (atto che, secondo la giurisprudenza maggioritaria è certamente impugnabile in modo autonomo) e – dall’altro – l’atto di rigetto degli impegni (il quale non sarebbe autonomamente impugnabile in quanto non sottintende un accertamento dell’illecito antitrust);

- dal momento che l’atto di rigetto degli impegni non postula un accertamento in senso proprio dell’illecito antitrust, allo stesso non può neppure connettersi un danno alla reputazione d’impresa;

- la non diretta impugnabilità dell’atto di rigetto degli impegni deve essere affermata (inter alia) per le medesime ragioni sistematiche le quali hanno solitamente indotto a negare a negare l’impugnabilità dell’atto di avvio dell’istruttoria;

- vero è che, in alcuni casi, la giurisprudenza ha ammesso in via eccezionale l’autonoma impugnabilità dell’atto endoprocedimentale (in specie, laddove all’esito della sua adozione non residui alcuna possibilità circa un esito favorevole della complessiva vicenda), ma ciò non è possibile nel caso dell’atto di rigetto di impegni a fronte del quale la vicenda può ancora giungere, di fatto, ad esiti diversissimi;

- gli eventuali vizi dell’atto reiettivo degli impegni potranno comunque essere dedotti in giudizio in occasione dell’impugnativa avverso l’atto finale dell’istruttoria anche perché (pur difettando fra i due atti un nesso di presupposizione necessaria, nondimeno) fra gli stessi sussiste un rapporto di connessione oggettiva;

- la non diretta impugnabilità dell’atto di rigetto degli impegni è confermata indirettamente dallo stesso ordinamento comunitario (e, in particolare, dalle ‘Best practices’ adottate dalla Commissione europea nel marzo del 2010 in tema di procedure di indagine antitrust, le quali hanno addirittura chiarito che, in caso di non idoneità degli impegni presentati, la Commissione europea non è neppure obbligata ad assumere un atto formale di segno negativo, ben potendosi limitare ad omettere la redazione della c.d. ‘valutazione preliminare’).

2.1.2. Al contrario, le società del gruppo Mastercard affermano la tesi dell’immediata e diretta impugnabilità dell’atto di rigetto degli impegni con argomenti che possono essere così sintetizzati:

- l’atto di rigetto degli impegni è un vero e proprio provvedimento amministrativo e non un mero atto endoprocedimentale;

- nel caso di specie, non potrebbe negarsi la diretta impugnabilità dell’atto di rigetto degli impegni, né la sussistenza delle condizioni dell’azione (in particolare: la sussistenza della legittimazione ad agire; la legittimazione al ricorso; la sussistenza di una posizione giuridica oggetto di tutela);

- quanto al primo aspetto (legittimazione ad agire, stante la sussistenza di effetti giuridici diretti in capo alla parte), sarebbero innegabili gli effetti negativi connessi all’atto di rigetto degli impegni (in particolare: la quasi certa sottoposizione a una condanna e ai conseguenti obblighi conformativi);

- ancora, sarebbe innegabile il carattere provvedimentale dell’atto di rigetto degli impegni (il quale giunge all’esito di uno specifico sub-procedimento, disciplinato quanto agli aspetti procedurali da apposita delibera A.G.C.M.);

- quanto al secondo aspetto (interesse ad agire, inteso come la possibilità per la parte di ottenere un vantaggio pratico e concreto dall’accoglimento del ricorso), l’atto di rigetto degli impegni priverebbe l’interessato di qualunque chanche di veder chiudere in modo favorevole il procedimento di indagine (sotto tale aspetto, l’interesse ad agire sarebbe riferibile al vantaggio derivante dall’annullamento del rigetto degli impegni, “posto che a detto annullamento potrebbe seguire l’adozione da parte dell’AGCM di un legittimo provvedimento di accoglimento”);

- quanto al terzo aspetto (sussistenza di una posizione giuridica differenziata – di interesse legittimo - alla rimozione dell’atto lesivo), le società deducenti affermano che, così come la prevalente giurisprudenza amministrativa ritiene sussistere una posizione giuridica differenziata (e l’autonoma impugnabilità) a fronte dei provvedimenti di accettazione degli impegni; così anche (e in modo speculare) non potrebbe negarsi l’immediata impugnabilità degli atti di rigetto degli impegni;

- siccome la manifestazione di volontà espressa dall’amministrazione in sede di esame degli impegni ex art. 14-ter assume carattere autoritativo (e non è in alcun modo assimilabile a un modulo consensuale), ne consegue che essa non può sfuggire all’ordinario regime di impugnabilità. In tal senso deporrebbe in modo univoco la sentenza di questo Consiglio di Stato, n 7307/2009, la quale ha sottolineato che la pronuncia dell’A.G.C.M. sulla proposta di impegni, “lungi dal configurare un accordo fra le parti, integra piuttosto un provvedimento unilaterale, che valuta positivamente e rende giuridicamente inefficace un atto endoprocedimentale di parte”;

- ancora, la sentenza di questo Consiglio n. 1190/2009 avrebbe confermato il principio della diretta impugnabilità dell’atto di rigetto degli impegni, i cui eventuali vizi non sono idonei a riverberarsi con effetto viziante sulla determinazione finale del procedimento di indagine;

- la Difesa erariale avrebbe fondato le proprie tesi difensive sulla presunta assimilazione fra l’impugnativa avverso l’atto di rigetto degli impegni e quella avverso le decisioni in tema di pratiche commerciali scorrette ai sensi del ‘codice del consumo’ del 2005. Tuttavia, tale assimilazione non risulterebbe fondata sotto il profilo giuridico, trattandosi di istituti affatto diversi, fondati su diversi presupposti e condizioni applicative;

- “negli ultimi anni la maggior parte dei procedimenti antitrust è stata conclusa con impegni, in linea con la nuova policy dell’AGCM”. Tuttavia, in caso di illegittimo diniego di accettare gli impegni proposti, sarebbe necessario riconoscere sin da subito i caratteri di effettività ed immediatezza della tutela.

2.1.3. La società Unicredit s.p.a., a sua volta, ha ribadito la diretta ed immediata impugnabilità dell’atto di rigetto degli impegni con argomenti in parte comuni a quelli articolati dalle società del gruppo MasterCard. La società in questione ha, inoltre, articolato ulteriori argomenti che possono essere così sintetizzati:

- sussisterebbe una giurisprudenza di questo Giudice di appello la quale avrebbe, appunto, affermato la diretta impugnabilità in parola (vengono citate, al riguardo, le pronunce di questa Sezione 23 marzo 2009, n, 1190 e 8 febbraio 2008, n. 424);

- la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia avrebbe fornito un argomento dirimente nel senso della diretta impugnabilità dell’atto di rigetto degli impegni (viene citata, al riguardo, la pronuncia della Grande Sezione 29 giugno 2010, in causa C-441/07, con cui i Giudici comunitari hanno sottolineato la diversità sistematica fra il potere decisionale estrinsecato in sede di decisione sugli impegni e quello esercitato in sede di decisione finale sull’illecito Antitrust). Secondo la deducente, si tratterebbe di un approccio idoneo a vincolare il giudizio del Giudice nazionale sia perché viene in gioco nel caso di specie l’applicazione di norme comunitarie, sia perché lo stesso art. 14-terriconduce la discrezionalità dell’Autorità all’ordinamento comunitario;

- è innegabile che l’atto di rigetto degli impegni incide in modo preclusivo su un autonomo interesse, connesso ad una peculiare utilità (quella di determinare l’anticipata conclusione del procedimento di indagine), sì da sconsigliare qualunque forma di ‘spostamento in avanti’ della tutela. Del resto, l’esperienza applicativa mostra che nella stragrande maggioranza dei casi in cui l’Autorità respinge gli impegni, a ciò fa immancabilmente seguito l’adozione di un provvedimento sanzionatorio.

3. il ricorso in appello è meritevole di accoglimento, dovendosi escludere la diretta impugnabilità dell’atto con cui l’A.G.C.M. rigetta la proposta di impegni formulata ai sensi dell’art. 14-ter della l. 287 del 1990.

3.1. Le conclusioni in parola sono confortate sia da ragioni – per così dire – di carattere ‘sostanziale’, inerenti la ratio stessa dell’istituto degli impegni nell’ambito più vasto dell’istituto dell’istruttoria antitrust per violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 81 e 82 del TCE (in seguito: articoli 101 e 102 del TFUE) e, più in generale, nell’ambito dei procedimenti istruttori delle Autorità amministrative indipendenti; sia da ragioni – per così dire – ‘formali’, inerenti l’assetto dei presupposti e delle condizioni dell’azione per la proposizione della domanda in sede giurisdizionale.

4. Il Collegio ritiene di prendere le mosse dall’esame del primo ordine di rilievi.

4.1. Ci si riferisce al fatto che la fase di valutazione degli impegni (di cui deve ritenersi il carattere endoprocedimentale nell’ambito del più vasto alveo dell’indagine antitrust di cui al Capo II del Titolo II della l. 287 del 1990 – sul punto, cfr. ampliusinfra -) non può che essere caratterizzata da un atteggiamento da parte dei soggetti coinvolti massimamente ispirato alla logica della leale collaborazione e del dialogo costruttivo.

4.2. Ad avviso del Collegio, l’approccio in questione viene puntualmente confermato da un esame di carattere sistematico circa il ruolo dell’interlocuzione preliminare nell’ambito delle attività di vigilanza e controllo demandate alle Autorità amministrative indipendenti.

Si osserva al riguardo che, tanto a fronte di attività delle Authorities di carattere tipicamente amministrativo, tanto a fronte di attività riconducibili alla sintetica (seppure non del tutto condivisibile) formula della c.d. ‘para-giurisdizionalità’, appare necessario assicurare la centralità del momento di interlocuzione preliminare prodromico all’adozione di atti squisitamente provvedi mentali.

Ed infatti, se per un verso la configurazione ordinamentale delle Autorità di settore si caratterizza per la devoluzione di poteri e facoltà certamente più ampi rispetto a quelli di una tipica autorità amministrativa (ci si riferisce, in particolare, alla devoluzione di poteri di cognitio sconosciuti all’ordinaria esperienza amministrativa nazionale e di amplissimi poteri normativi e di spendita di discrezionalità tecnica), per altro verso – e dal punto di vista procedimentale – l’esercizio di tali poteri appare ispirato, specie nelle prime fasi procedimentali, ad una logica di sollecitazione morale nello spirito di leale collaborazione.

Se questo è il corretto angolo prospettico entro il quale riguardare il complesso di poteri, facoltà e prerogative da riconoscere (rispettivamente) all’Autorità di settore e ai soggetti interessati dall’attività di indagine, ne consegue che, a fronte di più opzioni interpretative in astratto egualmente plausibili, l’interprete dovrà favorire quella maggiormente compatibile con il riconoscimento alla fase di presentazione e valutazione degli impegni di caratterizzazioni il più possibile volte all’individuazione di soluzioni condivise e il meno possibile volte all’anticipazione o alla sollecitazione del contenzioso in sede giurisdizionale.

4.3. Si tratta, d’altronde, di un approccio in toto compatibile con la più recente evoluzione dell’ordinamento comunitario e della prassi applicativa della Commissione europea nella sua veste di Autorità antitrust al livello UE.

Come correttamente ricordato dall’Autorità nei suoi scritti difensivi, infatti, la fase di esame degli impegni nell’ambito delle istruttorie di dimensione comunitaria (art. 9 del Reg. (CE) n. 1/2003) si è andata negli anni più recenti vieppiù caratterizzando con crescenti connotati di flessibilità ed informalità, finendo per favorire piuttosto le occasioni di dialogo collaborativo, che non l’adozione di atti formali oggetto possibile di impugnativa in sede giurisdizionale (in tal senso, il documento di consultazione dal titolo ‘Best practices on the conduct of proceedings concerning Articles 101 and 102 TFEU’ – marzo 2010 -).

Addirittura, i più recenti orientamenti della Commissione sono nel senso di omettere (nel caso in cui la proposta di impegni non appaia meritevole di accoglimento) l’adozione di un qualunque provvedimento formale di rigetto, limitandosi alla pura e semplice prosecuzione del procedimento di indagine a suo tempo avviato.

In definitiva, l’orientamento comunitario sembra muoversi nella direzione di una sostanziale de-procedimentalizzazione della fase di valutazione degli impegni (in particolare, laddove l’avviso sul punto da parte dell’Esecutivo UE sia di segno negativo).

Ora, non si ritiene sistematicamente possibile che l’ordinamento interno si muova per intero nella medesima direzione; tuttavia appare auspicabile che esso non si muova (in base a una sorta di ‘errore pendolare’ e volgendo in senso diametralmente opposto rispetto alla linea di indirizzo tracciata dalla Commissione UE) verso un irrigidimento in senso formalisticamente provvedimentale della fase di proposizione ed esame degli impegni la quale deve pur sempre risultare caratterizzata invia prioritaria dal dialogo e dalla cooperazione fra le parti.

4.4. Con l’approccio in questione non vuol certamente negarsi che, in sede di esame sugli impegni ex art. 14-ter, l’Autorità spenda un potere di carattere ontologicamente pubblicistico, ovvero affermare che la fase in questione risulti demandata a moduli consensuali di stampo privatistico.

Allo stesso modo, non si intende negare che il provvedimento di accettazione degli impegni costituisca pur sempre (e nonostante il ricorso a moduli operativi ispirati al dialogo fra le parti) modalità di espressione di un potere autoritativo del medesimo segno di quello esercitato nel caso di esercizio del potere sanzionatorio finale.

Si intende soltanto affermare che, nell’ambito del tratto endoprocedimentale caratterizzato dalla presentazione e dell’esame sulla proposta di impegni, l’Autorità (pur non dismettendo la titolarità e l’esercizio di prerogative di stampo pubblicistico) coopera con i soggetti privati secondo modalità ispirate al dialogo, alla leale collaborazione e alla partecipazione procedimentale, con la conseguenza che appare sistematicamente incongruo (lo si ripete, anche a fronte di opzioni interpretative di carattere alternativo in astratto parimenti plausibili) anticipare in via sistematica le occasioni di esito contenzioso (sempre che –scil. – ciò non venga reso necessario da arresti procedimentali ovvero da preclusioni al prosieguo dell’istruttoria, che comunque non sono individuabili nel caso del rigetto degli impegni).

4.5. Ancora, con l’approccio dinanzi richiamato non si intende in alcun modo limitare la possibilità per il soggetto inciso da atti amministrativi illegittimi (laddove concretamente lesivi della sua sfera giuridica) di insorgere in sede giudiziaria al fine di ottenere una tutela di carattere pieno ed effettivo, conformemente ai pertinenti canoni costituzionali (art. 24, Cost.).

Tuttavia, riconducendo la res controversa all’applicazione di generali princìpi di ordine processuale, si ritiene che tale possibilità debba essere riconosciuta in sede di impugnazione del provvedimento finale della serie procedimentale e ritenendo che le eventuali illegittimità inerenti la fase dell’esame degli impegni siano idonee a riverberarsi con effetto viziante su quest’ultimo (con esclusione delle violazioni di carattere meramente procedimentale, inidonee in quanto tali a determinare un diverso esito del procedimento e, in via mediata, un contenuto provvedi mentale di carattere diverso).

5. Si è detto in precedenza che vi è un secondo ordine di rilievi (per così dire, di carattere ‘formale’) il quale induce ad escludere la impugnabilità dell’atto con cui l’A.G.C.M. rigetta la proposta di impegni formulata ai sensi dell’art. 14-ter della l. 287 del 1990. Tale ordine di rilevi riguarda lo stesso assetto dei presupposti e delle condizioni dell’azione per la proposizione della domanda in sede giurisdizionale.

Al riguardo non può revocarsi in dubbio la correttezza dell’impostazione concettuale fornita dalle società del gruppo MasterCard e dalla società Unicredit, le quali ritengono che la vicenda di causa debba essere riguardata attraverso questo angolo visuale.

5.1. E’ appena il caso di sottolineare al riguardo che i presupposti e le condizioni per la proposizione in sede giurisdizionale di ricorsi i quali abbiano ad oggetto gli atti adottati nella materia antitrust sono i medesimi che caratterizzano la generalità dei ricorsi e che, almeno sotto il profilo concettuale, essi non presentano peculiarità di sorta tali da sottrarli all’applicazione del generale regime di impugnativa.

Né a conclusioni diverse può giungersi in relazione alla scaturigine comunitaria dell’istituto della cui applicazione nella presente sede si discute.

5.1.1 Tanto premesso, e ai fini dello scrutinio della vicenda di causa, occorre soffermarsi in particolare sulla sussistenza delle condizioni dell’azione, intese (secondo un tradizionale approccio) come il complesso delle condizioni che inducono all’adozione di un provvedimento giurisdizionale di segno favorevole per la parte attrice.

Ebbene, non vi sono nel caso di specie ragioni per negare che già in primo grado sussistesse in capo alle società in questione la legittimazione ad agire, intesa – in senso tradizionale - come la titolarità di un interesse sostanziale dedotto in giudizio che si assume leso e che il ricorrente tende a realizzare.

Al contrario, si ritiene che non sussistesse in capo alle medesime società l’interesse ad agire, inteso (in senso parimenti tradizionale) quale utilità a far ripristinare la situazione giuridica lesa dall’atto impugnato attraverso la mera rimozione dell’atto stesso, ovvero attraverso il ripristino del pregresso assetto di interessi reso possibile a seguito dell’attività conformativa resa necessaria dal giudicato di annullamento.

Ad avviso del Collegio, infatti, l’esame della pertinente normativa (in primis: l’art. 14-ter della l. 287 del 1990, come introdotto ad opera dell’art. 14 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, nella formulazione di cui alla relativa legge di conversione) depone nel senso del carattere non immediatamente lesivo dell’atto con cui l’A.G.C.M. respinge la proposta di impegni presentata dai soggetti sottoposti ad indagine per violazione degli articoli 2 e 3 della legge e, in via mediata, nel senso della sua non diretta impugnabilità nella sede giurisdizionale, stante l’assenza di un interesse concreto ed attuale alla sua rimozione.

5.1.2. Giova premettere al riguardo che, se per un verso la giurisprudenza di primo grado ha più volte preso posizione in modo espresso sulla questione della diretta impugnabilità dell’atto di rigetto degli impegni, pervenendo talora alla soluzione affermativa (es.: T.A.R. Lazio, sent. 12457/2007) e talaltra alla soluzione negativa (es.: T.A.R. Lazio, sent. 2828/2010); al contrario, la questione non è stata sino ad ora affrontata in modo diretto da questo Consiglio di Stato.

Al riguardo, infatti, non si può condividere né la tesi dell’Avvocatura erariale, secondo cui l’approccio negatorio della diretta impugnabilità del rigetto di impegni sarebbe stata sostenuta in una pronuncia di questa Sezione (la n. 4905/2010), nè la tesi della società Unicredit, secondo cui l’approccio favorevole sarebbe stato sostenuto dalle pronunce di questa Sezione, numm. 424/2008 e 1190/2009, atteso che la questione non viene mai affrontata in modo diretto.

In definitiva, si deve ritenere che in assenza di puntuali precedenti giurisprudenziali di questo Giudice di appello in favore dell’una o dell’altra delle tesi in campo, la questione vada scrutinata ex novo nei suoi diversi aspetti.

5.1.3. Venendo al merito della res controversa, si ritiene che un argomento dirimente in favore della tesi negatoria della diretta impugnabilità del rigetto degli impegni consista in ciò, che anche a seguito dell’atto di rigetto degli impegni, non si consolida in capo ai soggetti proponenti alcun pregiudizio di carattere definitivo, non risultando l’atto in questione idoneo a determinare un arresto procedimentale in senso proprio, ovvero ad incidere con carattere di irretrattabilità sugli esiti dell’istruttoria antitrust nel suo complesso, ovvero ancora a determinare in altro modo una effettiva compressione delle posizioni giuridiche del soggetto proponente.

La giurisprudenza dello stesso Tribunale amministrativo regionale del Lazio (in particolare, la sentenza n. 8673/2009, correttamente richiamata dalla Difesa erariale) ha condivisibilmente ritenuto al riguardo che l’atto di rigetto degli impegni ex art. 14-ter, cit. non risulta direttamente impugnabile in quanto si colloca in una fase del tutto preliminare dell’istruttoria, nell’ambito della quale non è ancora dato sapere se essa si concluderà con l’adozione di un provvedimento sanzionatorio (né una certezza in tal senso può conseguire in modo diretto ed immediato al rigetto degli impegni).

5.1.4. Al riguardo, le tesi dell’Autorità risultano condivisibili laddove affermano che le medesime ragioni che hanno indotto la giurisprudenza (essenzialmente, di primo grado) a negare la diretta impugnabilità della determinazione dell’Autorità di avviare l’istruttoria finalizzata all’accertamento della sussistenza dell’illecito antitrust, inducono del pari a propendere per la tesi della non diretta impugnabilità dell’atto con cui la stessa Autorità respinge la proposta di impegni formulata ai sensi dell’art. 14-ter, l. 287, cit..

Nell’uno e nell’altro caso, infatti, difetta in relazione agli atti di cui si discute, il carattere dell’immediata lesività, trattandosi di atti tipicamente endoprocedimentali, in quanto tali inidonei a ledere in modo immediato la sfera giuridica dei destinatari.

5.2. Le società del Gruppo MasterCard e la società Unicredit affermano (con argomenti in parte assimilabili) che l’atto con cui l’Autorità rigetta la proposta di impegni, a ben vedere, non lascia residuare alcun ragionevole margine in ordine ai possibili esiti del procedimento di indagine, essendo praticamente certo (anche sulla base dell’esperienza applicativa) che al rigetto degli impegni farà seguito, dopo un lasso di tempo più o meno breve, un provvedimento di accertamento dell’illecito anticoncorrenziale e di irrogazione delle conseguenti sanzioni.

5.2.1. Gli argomenti in questione non possono essere condivisi in quanto pretendono di fondare l’ubi consistam del carattere di concretezza ed attualità della lesione non già su un dato ontologico(l’immediata idoneità dell’atto a ledere la sfera giuridica dei destinatari), bensì su un dato di carattere statistico (ossia, la maggiore o minore probabilità che a un certo atto – di cui è certa l’attuale non lesività – faccia seguito un secondo atto, questa volta direttamente lesivo della sfera giuridica dei soggetti incisi).

5.2.2. Al riguardo, è noto che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha talvolta temperato in via applicativa il principio della non immediata impugnabilità degli atti di carattere endoprocedimentale.

Si è affermato al riguardo che la regola dell’inammissibilità dell’impugnativa degli atti endoprocedimentali incontra un’eccezione nell’ipotesi in cui gli stessi siano suscettibili di incidere immediatamente sulla posizione giuridica dell’interessato, come nel caso degli atti di natura vincolata (idonei in quanto tali ad imprimere un indirizzo ineluttabile alla determinazione conclusiva), ovvero degli atti interlocutori, laddove idonei a determinare un arresto procedimentale capace di frustrare l’aspirazione dell’istante a un celere soddisfacimento dell’interesse pretensivo prospettato (in tal senso –ex plurimis - : Cons. Stato, IV, 4 febbraio 2008, n. 296).

Tuttavia, nel caso che ne occupa, nessuna delle richiamate condizioni risulta ravvisabile in relazione all’atto di rigetto degli impegni, in quanto: a) esso non è idoneo a determinare alcun effettivo arresto procedimentale (sul punto, cfr. infrasub 4.1.4. e 4.2.2.; b) l’esito del richiamato tratto procedimentale non vincola con alcun grado di certezza gli esiti dell’istruttoria relativa ai profili anticoncorrenziali in quanto tale; c) il mero dato statistico relativo ai rapporti fra il rigetto degli impegni e l’adozione del provvedimento sanzionatorio non risulta idoneo a supportare l’immediato interesse all’impugnativa, difettando comunque la certezza che al primo farà certamente seguito il secondo di essi.

Deve osservarsi al riguardo che altra cosa è affermare l’esistenza di un nesso di oggettiva connessione fra le due tipologie di valutazioni; mentre ben altra cosa è affermare (in assenza di argomenti sistematici in tal senso) l’esistenza del richiamato nesso di inscindibile presupposizione.

5.2.3. Neppure può trovare accoglimento la tesi delle società appellate, secondo cui le ragioni sostanziali sottese alla decisione di respingere la proposta di impegni (risiedenti nel ritenuto, persistente carattere anticoncorrenziale della condotta posta in essere) sarebbero sostanzialmente le medesime che in seguito sosterranno la decisione di sanzionare i soggetti responsabili (ragione per cui la seconda di tali decisioni conseguirebbe in modo pressoché automatico alla decisione negatoria della proposta di impegni).

Ed infatti, deve ritenersi che l’attività valutativa sottesa alla pronuncia in tema di impegni solo in parte coincide con quella sottesa all’adozione del provvedimento finale, non potendosi ritenere che fra l’esito della prima fase (la decisione sulla proposta di impegni) e quello del procedimento complessivo sussista un nesso di presupposizione necessaria.

Ed infatti:

- l’esame svolto dall’Autorità in relazione alle proposte di impegni verte su un aspetto – per così dire – ‘teleologico’, incentrandosi sull’idoneità delle misure proposte a rimuovere i profili anticoncorrenziali oggetto di indagine, mentre, l’esame svolto ai fini delle determinazioni sanzionatorie conclusive verte su un aspetto – per così dire – ‘finale e sostanziale’ (ossia, la sussistenza o meno dell’illecito antitrust in quanto tale).

Tale esame è ben lungi dall’avere carattere di definitività, come dimostra il ridottissimo corredo motivazionale dell’atto, a fronte della ben nota ricchezza argomentativa di quello finale.

5.2.4. Quanto appena esposto rinviene una puntuale conferma proprio nelle vicende fattuali sottese al presente giudizio.

Nel caso in esame, l’Autorità appellante aveva concluso nel senso della complessiva inidoneità degli impegni proposti ai sensi dell’art. 14-ter ritenendo dirimente la circostanza per cui le società del gruppo MasterCard ne avessero assoggettato la vincolatività a una sorta di condizione potestativa rimessa al giudizio dello stesso soggetto proponente

Ebbene, è evidente che il giudizio in questione nulla ha a che vedere con la valutazione in ordine al carattere anticoncorrenziale delle pratiche in quanto tali, limitandosi – piuttosto – a constatare che un impegno subordinato al riconoscimento di facoltà di recesso così ampie e discrezionali non rappresentasse, a ben vedere, neppure un impegno in senso proprio.

Il che dimostra in modo piuttosto evidente la sostanziale inidoneità della pronuncia negativa in tema di impegni ad anticipare o vincolare in qualche misura il provvedimento finale relativo alla questione – per così dire: ‘sostanziale’ – dell’esistenza in sè dell’illecito anticoncorrenziale.

Concludendo sul punto, pur dovendosi riconoscere che fra l’atto di rigetto degli impegni e il provvedimento sanzionatorio che conclude il procedimento di cui al Capo II del Titolo II della l. 287 del 1990 sussiste un nesso di connessione oggettiva, non può al contrario affermarsi che fra i medesimi atti sussista un nesso di presupposizione necessaria.

Ne consegue che l’atto di rigetto degli impegni (in sè, sprovvisto di un autonomo carattere di lesività) non risulta idoneo ad incidere in modo diretto ed immediato sulla posizione giuridica del soggetto sottoposto ad istruttoria (se non in base a un mero dato probabilistico, ex se inidoneo a giustificare il carattere di diretta impugnabilità).

5.2.5. Per le ragioni appena esposte non può essere condivisa la tesi delle società del gruppo MasterCard secondo cui l’atto di rigetto degli impegni costituirebbe un provvedimento unilaterale idoneo ad esprimere una volizione definitiva da parte dell’Autorità.

Al contrario, l’atto in questione (laddove di segno negativo), lungi dal costituire un arresto procedimentale in senso proprio, si limita a segnare la riconduzione di questo particolare tratto procedimentale nel più ampio alveo di un unitario procedimento istruttorio (il cui esito finale resta, comunque, aperto ad ogni possibile soluzione).

5.2.6. Né può ritenersi che il carattere meramente endoprocedimentale dell’attività di esame sugli impegni possa essere negato (come ritenuto dalle società del gruppo MasterCard) in base al fatto che l’Autorità abbia adottato nell’ottobre del 2006 un’apposita delibera in tema di “procedure di applicazione dell’articolo 14-ter della legge 10 ottobre 1990, n. 287”.

Al riguardo ci si limita ad osservare che il riconoscimento del carattere endoprocedimentale piuttosto che sub-procedimentale a un determinato tratto dell’agire amministrativo deve essere fondato su elementi di carattere sostanziale ed intrinseco e non già su dati di carattere formale edestrinseco, quale l’adozione della richiamata delibera.

Oltretutto, si osserva che nulla impedisce all’Amministrazione di limitarsi a disciplinare le modalità di esercizio di una mera fase endoprocedimentale, non sussistendo (al di là delle evidenti ragioni di opportunità) un vincolo assoluto a disciplinare ogni aspetto del procedimento con atti di carattere unitario

5.2.7. Occorre, a questo punto, esaminare l’argomento delle società del gruppo MasetrCard secondo cui sussisterebbe un interesse diretto ed immediato all’impugnativa del rigetto degli impegni quanto meno poiché all’eventuale annullamento di tale atto potrebbe far seguito l’adozione, ad opera dell’AGCM di un (legittimo) provvedimento di accoglimento.

L’argomento non può essere condiviso.

Al riguardo, pur non potendosi negare l’esistenza in punto di fatto di un interesse a moltiplicare le occasioni di vaglio da parte dell’Autorità della proposta di impegni (reiterando di volta in volta lechances di ottenere un provvedimento di accoglimento), deve tuttavia osservarsi che un siffatto interesse di mero fatto non può risultare idoneo a supportare l’interesse all’impugnativa, difettando il requisito essenziale rappresentato dall’autonoma lesività dell’atto oggetto di impugnativa.

Ciò, a tacere del fatto che il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale non può essere inteso con un grado di ampiezza tale da ammettere ingiustificabili forme di frazionamento delle occasioni di impugnativa supportate dal solo interesse individuale a moltiplicare le iniziative contenziose, pur a fronte di una vicenda unitaria e in assenza delle necessarie condizioni dell’azione.

5.2.8. Ancora, non è fondato l’argomento proposto dalle società del gruppo MasterCard, secondo cui l’accoglimento degli impegni sarebbe ex se idoneo ad apportare al proponente un’utilità di carattere finale anche al fine di evitare il possibile pregiudizio reputazionale (particolarmente sensibile per società quotate in borsa) connesso alle conseguenze – anche mediatiche - della notizia relativa al rigetto degli impegni.

L’argomento non può essere condiviso in quanto, sotto il profilo formale, il rigetto degli impegni non costituisce in alcun modo (e per le ragioni in precedenza evidenziate) una sorta di ‘anticipazione’ del giudizio relativo alla sussistenza della violazione antitrust, il quale potrebbe supportare l’emanando provvedimento sanzionatorio.

Ma anche a voler riguardare la questione dal punto di vista della concreta dinamica dei mercati, non appare evidente per quale ragione la società interessata da un’indagine antitrust potrebbe ritrarre un’utilità in termini reputazionali per effetto dell’accoglimento degli impegni, atteso che all’atto di accoglimento resta pur sempre sotteso un comportamento del soggetto interessato dai connotati sostanzialmente confessori in ordine alla sussistenza dell’illecito commesso (sì da rendere necessarie misure volte ad elidere gli effetti dell’illecito commesso e riconosciuto nella sua consistenza, con decisioni conoscibili dagli operatori di mercato).

5.3. Si ritiene a questo punto di esaminare l’argomento (profuso da entrambe le parti appellate e posto dal T.A.R. a fondamento della propria decisione, anche in base a proprie precedenti pronunce) secondo cui la res controversa dovrebbe essere esaminata tracciando una sorta di ideale parallelismo fra:

- da un lato, la giurisprudenza che ammette la diretta impugnabilità dell’atto di accoglimento degli impegni da parte dei soggetti terzi i quali si ritengano lesi dagli esiti di tale tipologia di chiusura del procedimento di indagine (fra tutte: T.A.R. Lazio, sent. 10571/2010) e

- dall’altro, la necessità di ammettere la diretta impugnabilità anche nel caso dell’atto di rigetto exart. 14-ter, l. 287, cit.

L’argomento è palesemente inconsistente.

Ed infatti, sussiste un’obiettiva differenza in termini strutturali e concettuali fra – da un lato – l’atto con cui la proposta di impegni viene accolta (si tratta di un atto che determina un arresto procedimentale, nonché il consolidamento degli effetti per tutti i soggetti coinvolti e quindi un diretto effetto lesivo a carico dei soggetti terzi) e – dall’altro – l’atto con cui la medesima proposta viene respinta (si tratta, come già osservato in precedenza, di un atto che non determina in alcun modo il consolidamento delle posizioni giuridiche sottese, né risulta idoneo a determinarne in modo irretrattabile gli effetti).

Ne consegue che la asimmetria in termini di impugnativa lamentata dalle società appellate trova adeguate ragioni giustificatrici nell’impostazione generale dei presupposti e delle condizioni per la proposizione dell’azione in sede giudiziale.

5.4. Si ritiene a questo punto di esaminare l’argomento profuso dalla società Unicredit, la quale sottolinea la rilevanza ai fini della presente decisione dei princìpi enucleati dalla Corte di giustizia con la pronuncia della Grande Sezione 29 giugno 2010 in causa C-441/07.

La richiamata pronuncia ha chiarito che la funzione amministrativa esercitata dalla Commissione europea (nella sua veste di Autorità antitrust comunitaria) in sede di decisione sugli impegni presenta un carattere parzialmente diverso rispetto a quella esercitata in sede di accertamento finale delle violazioni e di irrogazione delle sanzioni.

Secondo le società appellate, tale indicazione vincolerebbe l’interprete (e il Giudice) nazionale i) in quanto nel caso in questione viene in rilievo l’applicazione diretta da parte dell’Autorità di norme comunitarie (artt. 101 e 102 del TFUE); nonché ii) in quanto lo stesso art. 14-ter, al comma 1 riconduce l’esercizio della discrezionalità esercitata in subjecta materia dall’Autorità all’ordinamento comunitario.

L’argomento non può essere condiviso in quanto non appare condivisibile il presupposto concettuale ad esso sotteso (ossia, l’affermazione secondo cui la richiamata pronuncia della Corte di giustizia vincolerebbe l’interprete nazionale a ritenere la diretta impugnabilità degli atti reiettivi delle proposte di impegni).

Al riguardo non si nega (anzi, lo si è affermato al punto 4.2.3. della presente decisione) che il vaglio compiuto dall’A.G.C.M. in sede di decisione sulla proposta di impegni verta su aspetti e presupposti in parte diversi rispetto a quelli su cui verte la decisione finale.

Si è già osservato al riguardo che il primo di tali scrutini verte essenzialmente sull’aspettoteleologico relativo all’idoneità degli impegni proposti a rimuovere gli effetti della condotta anticoncorrenziale, mentre il secondo di essi verte sul diverso aspetto – per così dire – ‘finale e sostanziale’ relativo alla sussistenza o meno dell’illecito antitrust in quanto tale.

Ciò che occorre, tuttavia, domandarsi è se tale parziale diversità di angoli prospettici legittimi (in punto di diretta impugnabilità) le conclusioni suggerite dalle odierne appellate, nonché se tali conclusioni siano in qualche misura rese necessarie dall’applicazione delle pertinenti norme del diritto comunitario.

Ad avviso del Collegio entrambi gli interrogativi meritano una risposta in senso negativo.

Quanto al primo quesito (e rinviando a quanto più diffusamente esposto in precedenza) si osserva che la questione della diretta impugnabilità o meno del rigetto degli impegni deve essere esaminata avendo riguardo alla carenza di immediata lesività connessa all’atto di rigetto degli impegni, non rilevando al riguardo la circostanza per cui l’esame ad esso sotteso verta su circostanze e presupposti in parte diversi rispetto a quelli sottesi al provvedimento finale concernente la sussistenza in se dell’illecito antitrust.

Sotto tale aspetto, ci si limita ad osservare che l’impostazione concettuale qui seguita non priva l’operatore di far valere nella competente sede giurisdizionale eventuali vizi relativi alla fase di esame degli impegni proposti.

Al contrario, siffatti vizi, concernendo una fase endoprocedimentale, si riverbereranno con effetto viziante sul provvedimento finale e potranno essere fatti valere in sede giudiziale, sia pure con i consueti limiti propri dei vizi di carattere procedimentale (sul punto, cfr. ampliusinfrasub 5).

Tali considerazioni sono già sufficienti a dare risposta negativa anche al secondo dei richiamati interrogativi (relativo al se l’ordinamento comunitario imponga all’interprete nazionale di riconoscere la diretta impugnabilità dell’atto di rigetto degli impegni) deve essere risolto in senso negativo.

Comunque, al riguardo si osserva ulteriormente:

- che il principio di autonomia processuale degli Stati membri comporta che, a fronte di posizioni giuridiche soggettive di matrice comunitaria, gli ordinamenti nazionali ben possano approntare strumenti di tutela differenziati al livello interno, a condizione che tali rimedi rispettino i princìpi di non discriminazione e di salvaguardia dell’effet utile imposti dall’ordinamento UE;

- che la fissazione dei presupposti e delle condizioni processuali per assicurare pienezza ed effettività di tutela alle posizioni giuridiche di matrice comunitaria ben possano essere declinati in modo autonomo dagli ordinamenti processuali interni, fatte salve le ipotesi di errore manifesto (che nel caso in esame non emergono) nell’interpretazione e nell’applicazione delle pertinenti disposizioni del diritto UE;

- che non sono stati addotti elementi atti a ritenere che la limitazione dell’impugnabilità degli atti amministrativi a quelli soltanto idonei a ledere un interesse di carattere concreto ed attuale renda impossibile o estremamente difficile ottenere la piena tutela (anche giurisdizionale) delle richiamate posizioni giuridiche di matrice UE (è appena il caso di sottolineare che si tratta dell’applicazione di un generale principio di carattere processuale, il cui ambito si estende alle posizioni di diritto interno allo stesso modo che a quelle di diritto comunitario).

6. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in appello proposto dall’Autorità deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere disposto l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata, con declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto in primo grado dalle società MasterCard Incorporated, MasterCard International Incorporated e MasterCard Europe s.p.r.l..

Conseguentemente, non può trovare accoglimento l’appello incidentale proposto dalle medesime società avverso i capi della sentenza oggetto di gravame a sé sfavorevoli.

La complessità e parziale novità delle questioni coinvolte dal presente giudizio giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla senza rinvio la decisione impugnata e dichiara inammissibile l'originario ricorso.

Respinge l’appello incidentale.

Dispone l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giancarlo Coraggio, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/07/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Autore / Fonte: www.giustizia.amministrativa.it - AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI) 


Autore / Fonte: www.giustizia-amministrativa.it- AVVOCATO NARDELLI (Studio Legale Avv.Sante Nardelli)

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