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COMUNE E PROVINCIA - DUO NON FACIUNT COLLEGIUM - DELIBERAZIONI DELLA GIUNTA - PRINCIPIO DELLA COLLEGIALITA' - NECESSITA' - DELIBERAZIONE PRESA CON LA PRESENZA DI SOLI DUE COMPONENTI - ILLEGITTIMITA'
N. 04573/2011REG.PROV.COLL.
N. 09175/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9175 del 2004, proposto da:
Pani Marco, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Medugno, con domicilio eletto presso Luigi Medugno in Roma, via Panama, 58;
contro
Comune di Rocca di Mezzo, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Camerini, con domicilio eletto presso Adriano Rossi in Roma, viale delle Milizie, 1;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA n. 00596/2003, resa tra le parti, concernente CONCESSIONE LOTTO SITO CIMITERIALE -INGIUNZIONE DEMOLIZIONE.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2011 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Luigi Medugno e Adriano Rossi in sostituzione di Francesco Camerini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello in esame, il sig. Marco Pani impugna la sentenza 25 agosto 2003 n. 596, con la quale il TAR Abruzzo, sede di L’Aquila, ha rigettato il suo ricorso proposto avverso la deliberazione della Giunta Municipale del Comune di Rocca di Mezzo 14 luglio 2000 n. 124, con la quale si è stabilito – a modificazione delle determinazioni in precedenza adottate – che “il lotto cimiteriale concesso al sig. Marco Pani . . . è il lotto 3A”, nonché avverso l’ordinanza del responsabile dell’area tecnica 11 agosto 2000 n. 692 e dell’ingiunzione a demolire 25 settembre 2000 n. 702.
La vicenda riguarda la concessione a titolo oneroso di un lotto cimiteriale, per la realizzazione di un manufatto di mq. 16, lotto dapprima avente una determinata localizzazione nella pianta relativa all’ampliamento del cimitero, poi una diversa (a seguito della delibera di G.M. impugnata). A ciò seguivano l’annullamento (con ord. n. 692/2000) della concessione edilizia rilasciata e la successiva ingiunzione di demolizione.
La sentenza appellata afferma:
- la Giunta Comunale, composta da tre membri, “correttamente ha deliberato con sindaco ed un assessore”;
- non sussiste un obbligo di astensione dal partecipare alla seduta della Giunta Comunale, a carico del segretario comunale, per il solo fatto di avere lo stesso svolto funzioni di ufficiale rogante del contratto di concessione del lotto cimiteriale;
- è illegittima, a fronte della concessione ottenuta di un lotto di mq. 16, la realizzazione “di un’edicola funeraria su un lotto che viene riconosciuto della estensione, ben superiore, di mq. 20”;
- l’area concessa “non può individuarsi in quella individuata dall’istante, ma piuttosto in quella che viene indicata dalla resistente amministrazione”.
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) error in iudicando; violazione dell’art. 21 dello Statuto del Comune di Rocca di Mezzo e dei principi vigenti in materia di struttura e funzionamento degli organi collegiali; poiché la Giunta ha deliberato con la presenza di soli due componenti (Sindaco ed un assessore) sui tre previsti,
b) error in iudicando; violazione art. 21, commi 4 e 5 Statuto, poiché “il segretario comunale è tenuto ad astenersi dalle sedute di Giunta, qualora si profili una situazione di incompatibilità”; e tale era l’avere il segretario svolto le funzioni di ufficiale rogante del contratto di concessione, a fronte della adottanda delibera di Giunta che metteva in discussione il regolare esercizio proprio delle funzioni roganti;
c) error in iudicando, in quanto “con il provvedimento che ha annullato la concessione il Comune non ha reagito . . . alla realizzazione di una costruzione di dimensioni superiori rispetto a quelle stabilite con l’atto concessorio, ma alla asserita erronea localizzazione dell’edicola. L’oggetto del contendere non consiste nell’estensione dell’area cimiteriale concessa al sig. Pani, ma nella sua localizzazione”. Nel merito, il primo giudice ha “riprodotto in modo errato la dicitura del contratto di concessione”, e la pianta allegata alla delibera n. 76/1997 è “nuova, diversa e incompatibile, addirittura rispetto alla pianta cui fa riferimento la delibera n. 124/2000”.
Inoltre, l’appellante ha riproposto il motivo, che assume non essere stato considerato dal TAR, concernente l’annullamento della concessione e con il quale si era lamentata la “violazione e falsa applicazione dei principi vigenti in materia di esercizio della potestà di autotutela e l’eccesso di potere per falso presupposto, difetto di motivazione, incongruenza tra premessa e dispositivo degli atti; illogicità e contraddittorietà manifeste”.
Infine, ripropone la domanda di risarcimento del danno.
Si è costituito in giudizio il Comune di Rocca di Mezzo, che – rimessa al giudice la valutazione della eventuale sospensione del presente giudizio in attesa della definizione del giudizio sulla querela di falso – ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’appello per difetto di interesse, non avendo il Pani realizzato la costruzione entro i termini della concessione edilizia. Ha comunque concluso richiedendo il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza.
All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, il Collegio deve respingere l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di I grado per difetto di interesse, in quanto, in disparte ogni considerazione in ordine alla circostanza che la eventuale decadenza della concessione edilizia non è stata posta a fondamento degli atti impugnati, questi ultimi, e segnatamente la delibera G.M. n. 124/2000, riguardano una determinazione dell’amministrazione di contenuto diverso, quale la concessione di suolo cimiteriale, rispetto alla quale (all’accertamento della sua illegittimità) risulta sussistere (e persistere) l’interesse alla decisione.
Nel merito, l’appello è fondato e deve essere accolto, in relazione al primo motivo proposto, con conseguente assorbimento dei motivi ulteriori.
L’art. 21 dello Statuto del Comune di Rocca di Mezzo prevede che la “Giunta è validamente riunita con la presenza di almeno tre componenti e delibera a maggioranza semplice dei membri presenti alla riunione”.
Orbene, pur considerando quanto esposto dalla costituita amministrazione in ordine alle vicende della composizione della Giunta comunale (prima di quattro, poi – dopo la l. n. 81/1993 – di tre componenti, Sindaco compreso), né la lettera della disposizione citata, né una interpretazione logico-sistematica della medesima, coerente con i principi generali in tema di composizione e funzionamento degli organi collegiali, rendono possibile concludere che l’organo Giunta Comunale possa ritenersi validamente costituito, e quindi possa legittimamente deliberare, con la presenza di due soli componenti (e precisamente con la presenza del Sindaco e di un assessore).
Infatti, sul piano letterale, occorre osservare che, se la disposizione in esame richiede per la “valida riunione” la presenza di tre componenti, tale è il quorum di validità della seduta, a nulla rilevando che tale numero coincida con quello complessivo dei componenti dell’organo.
D’altra parte, ed a riprova della correttezza dell’interpretazione letterale, supponendo che la Giunta possa considerarsi validamente riunita con la presenza di due soli componenti, non avrebbe alcun senso prevedere – come invece si legge nella disposizione statutaria - che essa deliberi “a maggioranza semplice dei membri presenti alla riunione”, posto che – a fronte di due asseriti componenti presenti – non sembra a tutta evidenza possibile ipotizzare una “maggioranza semplice”.
Tanto precisato, l’interpretazione della norma statutaria (e la concreta prassi seguita nel Comune di Rocca di Mezzo), in base alla quale la Giunta è validamente costituita e può, quindi, deliberare con la presenza di due soli componenti (da individuarsi nel Sindaco ed in un assessore), pone in dubbio la stessa persistenza della natura di organo collegiale della Giunta Comunale (così come voluta dalla disciplina primaria: d. lgs. n. 267/2000), e contraddice, al contempo, un principio risalente e generalissimo riguardante la composizione degli organi collegiali, secondo il quale “duo non faciunt collegium”.
Ed infatti, prevedere, sia pure incidenter tantum, non una semplice composizione “pari” di un organo collegiale, ma la possibilità che un organo collegiale possa essere composto da due soli componenti, significa o accettare la (possibile) paralisi della volontà decisionale dell’organo, in casi di dissenso tra i due componenti (il che non è ammissibile in ossequio ad evidenti principi di buon andamento dell’azione amministrativa e di mera ragionevolezza), oppure rendere necessario che, in caso di parità, prevalga il voto del presidente (Sindaco).
Ma è proprio questa la circostanza che, di fatto, trasforma – in violazione di legge – un organo collegiale in organo monocratico.
Affermare, infatti, che in caso di parità, in un collegio composto da due soli componenti, prevale il voto del presidente, corrisponde in pratica ad affermare che l’unico decidente è il presidente, alterando in modo profondo e incontrovertibile il principio generale di par condicio dei componenti degli organi collegiali.
E’ del tutto evidente che il principio di attribuzione di “prevalenza” al voto del presidente, applicato a collegi con un numero di componenti superiori a due, rappresenta una modalità individuata per superare situazioni di “stallo” in cui un organo collegiale può incorrere, e ciò in ragione di un principio di effettività dell’azione amministrativa, rispondente al più generale principio di buon andamento.
Lo stesso principio, tuttavia, laddove previsto (o ritenuto applicabile) in modo acritico per il funzionamento di un collegio di due soli componenti, si risolve in una inammissibile prevalenza di un componente sull’altro, violando il principio già citato della par condicio dei componenti degli organi collegiali, ed è tale da poter fare affermare come intervenuta una sostanziale riduzione dell’organo collegiale ad organo monocratico, così contravvenendo al dettato della norma primaria.
Se, a fronte di due componenti, prevale il voto del presidente, ciò significa che quella che, in definitiva, si afferma è la volontà del componente-presidente, e quindi l’organo, voluto dalla legge come a titolarità collegiale (reale o virtuale, perfetto o imperfetto che sia da considerare il collegio), si trasforma, di fatto ed illegittimamente, in organo monocratico.
Il che rende, ancora una volta, evidenti le ragioni del brocardo “duo non faciunt collegium”, del perché, cioè, non si dia ragionevolmente organo collegiale se non con più di due componenti dello stesso.
Con riferimento all’ente locale, può, dunque, affermarsi che, a fronte di una volontà del legislatore di prevedere, quali organi di indirizzo politico-amministrativo, il Sindaco, la Giunta Comunale ed il Consiglio comunale, si realizza (ammettendo la valida attività deliberativa di una Giunta di due soli componenti presenti) una sostanziale, ed illegittima, “identificazione” dell’organo collegiale Giunta con l’organo monocratico Sindaco, non consentita dal Testo Unico degli Enti locali.
Non può, quindi, trovare conferma la ritenuta (dalla sentenza appellata: pagg. 9-10), legittimità di una delibera assunta da una Giunta con due soli componenti (su tre) presenti. Né ha rilievo, ai fini della presente decisione, che anche la precedente delibera GM n. 208/1997, di originaria concessione del suolo, sia stata adottata allo stesso modo, poiché tale atto, indipendentemente dalla sua legittimità (o meno), non è oggetto del presente giudizio.
L’illegittimità della delibera GM n. 124/2000 si riverbera, in via derivata, sugli altri atti impugnati (ord. n. 694/2000 e n. 702/2000), che in essa trovano il proprio presupposto.
Non può trovare, invece, accoglimento la proposta domanda di risarcimento del danno, sia in quanto la (ora) accordata tutela ripristinatoria soddisfa talune delle pretese dell’appellante (ad esempio, relative alla già intervenuta progettazione), sia in quanto non risulta, agli atti del giudizio, intervenuta la demolizione dell’immobile; sia in quanto non risultano validamente comprovati (nella loro sussistenza e nel loro valore economico) gli “impegni economici” che sarebbero stati compromessi dagli atti impugnati.
Per le ragioni esposte, ed in accoglimento del primo motivo proposto, l’appello deve essere accolto, nei limiti sopra precisati, e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, deve essere accolto il ricorso introduttivo del giudizio di I grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Pani Marco (n. 9175/2004 r.g.), lo accoglie, nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso proposto in I grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Condanna il Comune di Rocca di Mezzo al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/08/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Autore/Fonte: www.giustizia-amministrativa.it AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI)
Autore / Fonte: WWW.GIUSTIZIA-AMMINISTRATIVA.IT
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