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PUBBLICO IMPIEGO - CORRESPONSIONE SOMME - PRESCRIZIONE - SOSPENSIONE DEL DECORSO SINO ALLA CESSAZIONE DEL RAPPORTO - SUSSISTE ANCHE NEI CONFRONTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - DEROGA SOLTANTO IN IPOTESI DI RAPPORTI CARATTERIZZATI DALLA STABILITA' - PROVA DELLA STABILITA' A CARICO DELL'AMMINISTRAZIONE
N. 04559/2011REG.PROV.COLL.
N. 02339/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2339 del 2001, proposto da:
De Marco Gennaro, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Sardo, con domicilio eletto presso Simona Barberio in Roma, via M. Dionigi 29;
contro
Comune di Lamezia Terme, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Alberico Cerra, con domicilio eletto presso Francesco Paola in Roma, via del Babbuino 48;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE I n. 00444/2000, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE SOMME
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2011 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Izzo, per delega dell'Avv. Sardo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.L’odierno appellante ha prestato la sua opera con contratti trimestrali in qualità di netturbino presso il Comune di Lamezia Terme per il periodo compreso dal novembre 1981 all’aprile 1983.
Con il ricorso di primo grado il De Marco ha chiesto la condanna dell’amministrazione comunale al pagamento degli importi corrispondenti agli stipendi previsti dai contratti collettivi ratione temporis vigenti per il personale degli enti pubblici territoriali inquadrato nel terzo livello retributivo.
Il Tribunale ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione quinquennale formulata dal Comune e, per il periodo non coperto dalla prescrizione, ritenuta la sussistenza degli indici rivelatori del rapporto di lavoro di fatto, ha accolto il ricorso condannando l’amministrazione comunale al pagamento delle somme spettanti a titolo di stipendio e di indennità integrativa speciale nonché dei ratei di tredicesima mensilità, detratte le assenze a qualunque titolo effettuate e le somme corrisposte nelle more del giudizio a titolo di retribuzione.
Il Tribunale ha altresì disposto la compensazione delle spese di giudizio.
L’appellante censura i capi sfavorevoli della sentenza.
Resiste l’amministrazione comunale.
Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.
2. Con un primo motivo di ricorso l’appellante contesta il capo della sentenza di prime cure con il quale il Primo Giudice ha accolto l’eccezione di prescrizione svolta dal Comune resistente.
Il motivo è fondato.
Giova rammentare che la Corte costituzionale, con la sentenza 1° giugno 1966, n. 63 ha dichiarato l’ l’illegittimità degli artt. 2948 n. 4, 2955 n..2 e 2956 n. 1 del codice civile, nella parte in cui dette norme prevedevano la decorrenza della prescrizione anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro. Con la sentenza 5 dicembre 1972, n. 174, la Consulta ha precisato la portata della propria pronuncia, chiarendo che il differimento dell’ exordium praescriptionis viene in rilievo solo per i rapporti di lavoro non caratterizzati dalla stabilità.
Va poi rammentato, venendo ai rapporti di lavoro con gli enti pubblici, che, con le sentenze 20 novembre 1969 n. 143 e 29 aprile 1971 n. 86, la Corte Costituzionale ha demandato al giudice del caso concreto il compito di stabilire se si sia al cospetto di un rapporto di pubblico impiego o di un rapporto assoggettato alla disciplina di diritto comune del rapporto di lavoro (così la sent. n. 143 del 1969, richiamata dalla sent. n. 86 del 1971).
Con la sentenza 21 maggio 1975 n. 115 la Corte ha osservato parimenti che per gli enti pubblici economici può ravvisarsi la detta stabilità, con la conseguente decorrenza della prescrizione in costanza di rapporto, solo in caso di dimostrazione della sussistenza delle "garanzie assicurate, nella regolamentazione organica o nella disciplina collettiva, della fine del rapporto soltanto per cause precise e determinate”.
In sede di applicazione delle coordinate sancite dalla giurisprudenza costituzionale, la Corte di Cassazione ha precisato che deve ritenersi stabile solo il rapporto di lavoro regolato da norme che, sul piano sostanziale, subordinino la legittimità e l'efficacia del licenziamento alla sussistenza di circostanze obiettive e predeterminate e, sul piano processuale, affidino al giudice il potere di rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo attraverso l'ordine di reintegrazione nel posto di lavoro (Cass. 12 aprile 1976 n. 1268 e, 22 febbraio 1995 n. 2020).
È poi opinione consolidata, sempre nella giurisprudenza della Corte di legittimità, quella secondo cui che l'onere di provare la stabilità del rapporto, connesso a quello di eccepire la prescrizione dei crediti di lavoro (art. 2938 cod. civ.), grava sul datore di lavoro (Cass. 8 agosto 1987 n. 6806, 11 maggio 1990 n. 4079, 19 luglio 1995 n. 7848).
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la decisione 29 gennaio 2001, n. 38, hanno poi osservato che, in difetto di prova della stabilità del rapporto di lavoro, che non può ritenersi attestata dalla sola natura di ente pubblico del datore di lavoro, la prescrizione estintiva quinquennale dei crediti periodici annuali o ad intervallo più breve decorre solo dallo scioglimento del rapporto.
La Sezione, pur consapevole della sussistenza di un orientamento prevalente difforme
(Consiglio Stato , sez. V, 11 agosto 2010 , n. 5611), reputa che una coerente applicazione dei principi evincibili dalla citata giurisprudenza costituzionale impedisca di ravvisare una deroga al principio della non decorrenza del termine di prescrizione in costanza del rapporto di lavoro quante volte il rapporto di lavoro, ancorché instaurato con un datore di lavoro pubblico, non sia assistito dalla garanzia della stabilità (Consiglio Stato , sez. VI, 31 gennaio 2006 , n. 312).
Si deve, infatti, osservare che la semplice caratterizzazione pubblica del soggetto datore di lavoro non assicuri la stabilità del rapporto ove questa non sia ricavabile da garanzie che mettano il riparo il prestatore dal rischio delle ripercussioni negative derivanti dall’instaurazione del contenzioso in pendenza di rapporto.
In particolare deve ritenersi che, in assenza di prova contraria che nella specie non risulta fornita dall’amministrazione resistente, le garanzie di stabilità reale siano ontologicamente incompatibili con rapporti temporanei e precari di natura fattuale, come quello che qui viene in rilievo, che è stato qualificato come rapporto di lavoro pubblico ai soli fini del riconoscimento del trattamento economico ai sensi dell’art. 2126 c.c. e che, come tale, non gode del regime pubblicistico di stabilità reale.
Deve quindi reputarsi infondata l’eccezione di prescrizione, risultando in atti che il ricorso di primo grado è stato proposto prima del decorso del quinquennio da computarsi a far data dalla cessazione del rapporto di fatto.
In accoglimento del relativo motivo di appello deve essere quindi accolta, in via integrale, nei sensi in dispositivo specificati, la domanda di condanna del Comune alla corresponsione degli emolumenti spettanti per l’intero periodo lavorativo.
3. E’ fondato anche il motivo di appello con cui parte ricorrente rivendica la liquidazione degli interessi e della rivalutazione monetaria sugli emolumenti accordati, trattandosi di elementi accessori di determinazione del petitum originario su cui il Giudice è chiamato a pronunciarsi anche in assenza di specifica domanda (conf. Cons. Stato , sez. V, 16 giugno 2010 , n. 3800). Va, precisato che tanto gli interessi legali quanto la rivalutazione monetaria vanno calcolati separatamente sulla somma base ed i due importi singolarmente determinati vanno poi sommati e non presi a base per ulteriori calcoli incrementativi (come precisato dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio con decisione n. 3 del 15 giugno 1998).
4. E’ infine fondato anche il motivo di appello con cui si contesta il capo della sentenza appellata che ha disposto la compensazione delle spese di giudizio.
L’integrale soccombenza dell’amministrazione comunale giustifica, infatti, la condanna del Comune appellato al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio nella misura in dispositivo specificata.
5. In definitiva l’appello merita integrale accoglimento.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, condanna il Comune di Lamezia Terme al pagamento, nei confronti del ricorrente, degli stipendi per il periodo decorrente dal novembre 1981 all’aprile 1983 in base ai contratti collettivi vigenti in costanza di rapporto nonché dell’indennità integrativa speciale per lo stesso periodo e dei ratei di tredicesima mensilità, detratte le assenze a qualunque titolo effettuare e le somme corrisposte a titolo di retribuzione.
Condanna altresì il Comune alla corresponsione, sulla sorte capitale, degli interessi e della rivalutazione monetaria da calcolare nei sensi in motivazione specificati.
Condanna, infine, il Comune al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese dei due gradi di giudizio che liquida nella misura di euro 1.000,00 (mille//00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere, Estensore
Carlo Saltelli, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/08/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Autore/Fonte: www.giustizia-amministrativa.it AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI)
Autore / Fonte: WWW.GIUSTIZIA-AMMINISTRATIVA.IT
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