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20 LUGLIO 2011 - CONSIGLIO DI STATO QUARTA SEZIONE, NR.4374 DEL 20 LUGLIO 2011 - PRES.GIACCARDI REL.ROMANO

URBANISTICA ED EDILIZIA - PERMESSO DI COSTRUIRE - TERMINE DI 60 GIORNI PER IMPUGNARE - DECORRENZA -  SOLTANTO DALLA CONSEGNA DEGLI ALLEGATI TECNICI DEL PROGETTO E DELLA RELAZIONE DESCRITTIVA - CONSEGNA DEL SOLO TITOLO ABILITATIVO - INSUFFICIENZA AI FINI DELLA PIENA CONOSCENZA

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - PERMESSO DI COSTRUIRE - DISTANZA PREVISTA DALL'ART.9 DEL DM 2 APRILE 1968 NR.1444 - PARETI FINESTRATE - E' SUFFICIENTE CHE SOLO UNA PARETE SIA FINESTRATA - RATIO - SALVAGUARDIA DELLE ESIGENZE IGIENICO SANITARIE E NON DELLA RISERVATEZZA 

 

 

N. 04374/2011REG.PROV.COLL.

N. 06537/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6537 del 2007, proposto dalla: 
sig.re Pagano Maria Carla e Ruggiero Linda, rappresentate e difese dagli avv. Francesco Massa e Ludovico Villani, con domicilio eletto presso il secondo di detti difensori, in Roma, via Asiago, n. 8; 

contro

Il Comune di Uscio, non costituito in giudizio; 

nei confronti di

Sig.ra Gozzer Patrizia, rappresentata e difesa dagli avv. Pierluigi Levrero e Francesco Lorenti, con domicilio eletto presso il secondo di detti difensori, in Roma, via Rimini, n. 14;
sig. Napoli Vincenzo, non costituito in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Liguria – Sezione I^ - n. 1233 del 18 ottobre 2006, resa tra le parti, concernente approvazione di progetto di ristrutturazione immobile con recupero di sottotetto;

 


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la memoria di costituzione in giudizio della sig.ra Patrizia Gozzer e le difese in essa svolte;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2011 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti l’avv. Ludovico Villani nella fase preliminare dell’udienza stessa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


FATTO e DIRITTO

1. – Le Sig.re Maria Carla Pagano e Linda Ruggiero, comproprietarie di singole unità immobiliari facenti parte dello stesso edificio, impugnavano in prime cure il permesso di costruire 15 ottobre 2005, rilasciato in favore dei comproprietari dell’immobile confinante sigg. Patrizia Gozzier e Vincenzo Napoli ed avente ad oggetto l’approvazione del progetto di ristrutturazione di detto immobile con recupero del sottotetto.

Deducevano, al riguardo, nove motivi di impugnazione censurando che le opere autorizzate violerebbero le norme imperative sulle distanze minime fra edifici confinanti, nonché quelle sull’affaccio dei balconi sui fondi limitrofi e che sarebbero, altresì, violate le norme regionali che disciplinano il recupero a fini abitativi dei sottotetti, nonché il procedimento di rilascio dei titoli edilizi e le disposizioni sulla dotazione di parcheggi.

2. – Con sentenza n. 1233 del 18 ottobre 2006 il TAR della Liguria ha dichiarato irricevibile la domanda giudiziale proposta dalla sig.ra Pagano, per avere tardivamente impugnato il permesso di costruire contestato, rispetto alla data in cui le è stato notificato dal Comune il relativo provvedimento.

Ha respinto, invece, la restante domanda giudiziale della sig.ra Linda Ruggiero con la seguente motivazione:

- perché la distanza minima tra edifici da osservarsi è quella “…preesistente a cui si rifà il piano di recupero laddove consente gli interventi oggetto del permesso di costruire impugnato…”, ma non anche quella di dieci metri ritenuta inderogabile dalla ricorrente;

- perché ai fini della corretta applicazione dell’art. 905 del codice civile non hanno rilievo le due “…baracche precarie…” esistenti, “…non accatastate ed abusive…”, in quanto “…in caso contrario, annettendo effetto ex se risolutivo a qualsiasi costruzione, si consentirebbe di precostituire illico ed immediate in modo affatto transeunte e con pochi mezzi ad esclusivo vantaggio di uno dei proprietari del fondo, con correlativo danno del confinante ignaro, la distanza dalla costruzione viciniore, eludendo sia la finalità specifica della norma, volta ad un governo stabile e certo dei fondi confinanti, che quella generica, tesa a promuovere un assetto equamente distributivo delle risorse connesse alla sviluppo delle proprietà confinanti…”;

- perché le censure sul procedimento istruttorio relativo al p.d.c. impugnato e sulla dotazione dei parcheggi sono state proposte “…in via meramente ipotetica, non essendo sorrette da alcun argomento di fatto che consenta di circoscriverne la portata generica ed indeterminata…”.

3. – Con l’appello in epigrafe le Sig.re Maria Carla Pagano e Linda Ruggiero hanno chiesto la riforma di detta sentenza.

In particolare, quanto alla declaratoria di irricevibilità del gravame proposto dalla sig.ra Pagano, la relativa decisione sarebbe errata tenuto conto:

- in punto di fatto, che dal permesso di costruire impugnato (n. 11 del 15/10/2005) non sqrebbero ricavabili gli elementi essenziali del permesso stesso, quali la sopraelevazione, l’apertura di nuove finestre e la realizzazione di un nuovo balcone, riportando il relativo documento la mera locuzione “…ristrutturazione con recupero del sottotetto edificio in via Chiesa di Calcinara…” ;

- in punto di diritto, che la giurisprudenza del Consiglio di Stato collegherebbe la piena conoscenza dell’atto soltanto all’ipotesi in cui siano resi noti all’interessato gli allegati tecnici al p.d.c. che, nella specie, secondo quanto afferma lo stesso Giudice di primo grado, non potevano essere noti alla sig.ra Pagano tenuto conto che alla data del 3 dicembre 2005 sarebbe avvenuta soltanto la consegna, da parte del tecnico comunale, di mera copia di detto p.d.c.;

- che, infine, il Giudice di prime cure non avrebbe tenuto in alcun conto, né il fatto che il tecnico comunale anzidetto, a seguito di denunzia alla Procura della Repubblica presentata dalla ricorrente, sarebbe stato rinviato a giudizio ex artt. 480 e 479 del c.p., né le contrarie dichiarazioni di testimoni che avevano accompagnato quel giorno la ricorrente presso gli uffici comunali.

Quanto alla decisione di reiezione nel merito del (restante) gravame della sig. ra Linda Ruggiero, la motivazione allegata al riguardo dal primo Giudice sarebbe del tutto errata perché adottata:

i)- in violazione e falsa applicazione delle disposizioni in materia di distanze tra fabbricati di cui all’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, ed all’art. 873 del codice civile, nonché in eccesso di potere per difetto della necessaria istruttoria, dei presupposti utili e della rappresentazione corretta dello stato dei luoghi e della zona urbanistica in cui trovasi il fabbricato da ristrutturare;

ii)- in violazione, sotto altro ed ulteriore profilo, della citata norma dell’art. 9 del DM n. 1444 del 1968, nonché delle norme degli articoli 873 e 905 del codice civile, dell’art. 26 del PUC adottato, delle disposizioni sulle distanze tra fabbricati previste dal PRG, dell’art. 11 del d.P.R. n. 380 del 2001, per eccesso di potere per difetto di istruttoria, di presupposto, errata rappresentazione dello stato del progetto e per infrapetizione, non essendo stati esaminati tutti i profili di censura proposti con il terzo, il quarto, il quinto, il sesto ed il nono dei motivi di impugnazione di primo grado.

4. – Si è costituita in giudizio la sig.ra Patrizia Gozzer per resistere all’appello in epigrafe, limitandosi ad affermare in proposito che la ristrutturazione in questione è stata già realizzata e che la sentenza del primo Giudice sarebbe “…corretta laddove sostiene che l’unità immobiliare della sig.ra Linda Ruggiero risulta priva di aperture che fronteggiano l’edificio dei contro interessati…”.

5. – Nella Camera di Consiglio del 25 settembre 2005 la Sezione ha dato atto, con ordinanza n. 4934 di pari data, della rinunzia delle appellanti all’istanza cautelare presentata dalle stesse.

6. – All’udienza pubblica del 24 maggio 2011 l’appello è stato introitato in decisione.

7. – L’appello è fondato.

7.1 – La parte di motivazione della sentenza impugnata, con la quale è stato ritenuto tardivamente proposto il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non può essere condivisa per le seguenti ragioni.

La giurisprudenza afferma da tempo e costantemente (cfr. C.d.S., Sez. IV^, n. 3751 del 2007 e n. 6560 del 2008, nonchè sez. V^, n. 3578 del 2006) che la mera conoscenza degli estremi formali di un titolo edilizio rilasciato a terzi non costituisce presupposto valido per la decorrenza del termine di impugnazione in sede giurisdizionale poiché occorre che l’interessato abbia la piena conoscenza degli elementi essenziali del titolo anzidetto (in particolare, dei suoi allegati tecnici, ovvero del contenuto specifico del progetto edilizio) dalla quale soltanto discende l’effettiva consapevolezza della lesione eventualmente subita.

Nella specie, pur volendo dare per accertato quanto è dichiarato nella nota comunale n. 1291 del 21 febbraio 2006, ma è contestato nell’appello in esame, e cioè che alla sig.ra Pagano è stato consegnato il formale documento abilitativo rilasciato alla controinteressata sig.ra Gozzer, recante l’indicazione “…ristrutturazione con recupero del sottotetto edificio in via Chiesa di Calcinara…”, comunque non può ritenersi che con tale consegna la predetta sig.ra Pagano abbia avuto piena conoscenza del permesso di costruire in questione non risultando, in ogni caso, che le siano stati consegnati, contemporaneamente, anche gli allegati tecnici allo stesso permesso, ovvero la relazione descrittiva dei lavori assentiti.

Consegue, già per tale ragione, che erroneamente il primo Giudice ha fatto decorrere il termine per impugnare il p.d.c. in esame dalla data del 3 dicembre 2005, in disparte il rilievo che la dichiarazione a tal proposito resa dal funzionario comunale nella citata nota comunale era stata contestata dalla sig.ra Pagano, sia con testi, sia mediante denunzia all’Autorità Giudiziaria penale che, peraltro, secondo quanto è affermato nell’appello e non è stato smentito da controparte, avrebbe anche rinviato a giudizio detto funzionario ex artt. 480 e 497 del codice penale.

Consegue, altresì, la riforma sul punto della sentenza di primo grado essendo tempestiva, allo stato degli atti, la domanda giudiziale proposta dalla sig.ra Pagano.

7.2 – Nel merito, sono fondati i motivi di appello proposti alle appellanti.

7.2.1 – Preliminarmente rileva il Collegio, in punto di fatto, che il quadro urbanistico del Comune di Uscio regolante la fattispecie è formato dai seguenti atti:

- Norme Tecniche di Attuazione del PRG vigente alla data di emanazione del contestato p.d.c. (cfr. doc. 19 esibito dalla sig.ra Gozzer in primo grado il 20 aprile 2006), il cui art. 3 non prevede una zona urbanistica omogenea A), riportandosi nell’elenco delle zone in cui è suddiviso il territorio comunale, ai sensi dell’ art. 2 del DM 2 aprile 1968, direttamente la “…zona omogenea B…”, suddivisa in “…zona BSI, zona satura totalmente edificata…” e “…zona Bc, zona di completamento parzialmente edificata…”;

- PUC adottato ed, in particolare, l’art. 26 (esibito dalle ricorrenti in primo grado il 17 febbraio 2006) che introduce “…l’ambito di conservazione degli impianti edificati di valore ambientale e storico…”, individuato con l’acronimo AC-AS.

Rileva, altresì, che l’immobile delle appellanti e quello della parte appellata sono entrambi insistenti nella stessa zona urbanistica definita dal PRG vigente “…BSI,satura perché totalmente edificata…”, e dal PUC adottato AC-AS.

7.2.2 – Orbene, alla stregua di tali notazioni possono ritenersi fondati i restanti motivi di appello per le seguenti considerazioni.

Preliminarmente osserva il Collegio che il riferimento operato dal primo Giudice alle norme urbanistiche dell’art. 7.1.b. del PRG ed all’art. 26 del PUC è inconferente in quanto:

- la prima di dette norme, come già chiarisce la sua rubrica (“…art 7: zona BC…”) disciplina gli interventi di sostituzione edilizia da realizzarsi nella zona omogenea Bc e non di sopraelevazione, come quello assentito nella specie, da realizzarsi in zona urbanistica distinta e diversa quale la zona BSI nella quale ricadono gli immobili delle parti in causa;

- la seconda di esse, espressamente impugnata nella parte in cui consente distanze inferiori a 10 metri (“…non minore di quella preesistente dal fabbricato abitativo più vicino con un minimo ammesso di mt. 3…”) tra pareti delle quali una, come nella specie, sia finestrata, non può essere considerata sostitutiva di quella vigente perché non ancora è stato approvato definitivamente il nuovo strumento urbanistico (PUC) in cui è inserita.

Consegue che, nella specie, trova applicazione la norma dell’art. 3 delle NTA al PRG (al tempo vigente) di Uscio, secondo il quale la zona urbanistica nella quale insistono gli immobili delle parti in causa è quella B, sottozona “BS1 satura”, nonché la distanza prevista dal DM 2 aprile 1968 , atteso che il Piano Particolareggiato (cfr. doc. esibito sub F dalle appellanti) non detta una puntuale ed espressa disciplina delle distanza tra costruzioni inferiore e diversa da quella prevista da detto DM, come pure ha riconosciuto il Giudice di prima istanza, per cui è da condividersi la tesi di parte ricorrente che nella specie sia stata violata, in particolare la norma dell’art. 9 di detto decreto, essendo stata autorizzata una sopraelevazione dell’edificio della parte controinteressata e l’apertura di nuove finestre su tutti i quattro prospetti dell’immobile, a meno di dieci metri dall’unità immobiliare delle appellanti.

Né può infrangere il convincimento testè espresso il rilievo del primo Giudice che l’immobile delle appellanti, nella parte frontistante l’immobile della controinteressata, è privo di aperture poiché non rileva tale ultima circostanza, bensì il fatto che sia finestrata la parete frontistante dell’immobile della sig.ra Gozzer, come risulta dalla relazione istruttoria in atti, e che la distanza esistente é del tutto inferiore a 10 metri rispetto ai manufatti di proprietà delle appellanti.

Costituisce, infatti, avviso giurisprudenziale della Sezione (cfr. ad es. n. 3094 del 12 giugno 2007) dal quale il Collegio non ritiene di doversi discostare che la distanza prevista dall’art. 9 del DM 2 aprile 1968, n. 1444, è volta non alla tutela della riservatezza, ma alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igienico sanitarie ed è dunque tassativa ed inderogabile (a differenza delle distanze dal confine) per via di private pattuizioni. Conseguentemente, essa deve operare, per un verso, anche nel caso, qui ricorrente, in cui una sola delle due pareti frontistanti sia finestrata; per l’altro, anche nel caso in cui la nuova opera sia di altezza inferiore rispetto alle preesistenti vedute o parzialmente nascosta dal muretto e dalla recinzione di confine. L’interesse pubblico presidiato dalla norma è, infatti, quello della salubrità dell’edificato e non va confuso con l’interesse privato del frontista a mantenere la riservatezza o la prospettiva.

Inoltre, può convenirsi con le appellanti che la sentenza impugnata si appalesa viziata anche sotto i profili della violazione, in ogni caso, dell’art. 873 c.c. e dello stesso PUC, art. 26, laddove prevede che la distanza sia “…non minore di quella preesistente dal fabbricato abitativo più vicino, con un minimo ammesso di mt. 3…”, trovandosi al disotto di tale misura minima sia i nuovi balconi sia la sopraelevazione, come risulta dalle relazioni tecniche comunali del 29-30 marzo e del 8-9 maggio 2006.

7.2.3 – In conclusione, l’appello merita di essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato il ricorso di primo grado che, invece, merita anch’esso di essere accolto, con conseguente annullamento del permesso di costruire del 15 ottobre 2005 rilasciato alla parte controinteressata.

8. – Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le parti stante la non agevole ed immediata intelligibilità delle varie questioni, specialmente in fatto, connesse al caso esaminato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 6537 del 2007, come in epigrafe proposto, accoglie l 'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado con conseguente annullamento del permesso di costruire impugnato in prime cure.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giorgio Giaccardi, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Guido Romano, Consigliere, Estensore

Fulvio Rocco, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/07/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Autore / Fonte: www.giustizia.amministrativa.it - AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI) 


Autore / Fonte: www.giustizia-amministrativa.it- AVVOCATO GIOVANNI VITTORIO NARDELLI Studio Legale Nardelli

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