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CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE QUINTA - RECENTE CONTRASTO IN ORDINE AGLI EFFETTI DELLA FISSAZIONE DI UDIENZA DA PARTE DELLA SEGRETERIA IN ORDINE AL TERMINE PREVISTO PER EVITAR ELA PERENZIONE- DUE DECISIONI A CONFRONTO - NR.2582 E NR,2584 DEL 22 MAGGIO 2015
CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE QUINTA - RECENTE CONTRASTO IN ORDINE AGLI EFFETTI DELLA FISSAZIONE DI UDIENZA DA PARTE DELLA SEGRETERIA IN ORDINE AL TERMINE PREVISTO PER EVITAR ELA PERENZIONE- DUE DECISIONI A CONFRONTO - NR.2582 E NR,2584 DEL 22 MAGGIO 2015

OMESSO DEPOSITO DI ISTANZA DI FISSAZIONE DI UDIENZA NEL TERMINE DI 180 GIORNI PER EVITARE PERENZIONE E FISSAZIONE DI UDIENZA DI UFFICIO DA PARTE DELLA SEGRETERIA: DUE PRONUNCE A CONFRONTO DELLA SEZIONE QUINTA 
 

N. 02582/2015REG.PROV.COLL.

N. 03325/2009 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3325 del 2009, proposto da:
Imbroglia Domenico, rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Celani ed Enrico Morigi, con domicilio eletto presso Enrico Morigi in Roma, via dei Condotti, 9;

contro

Nappi Caterina, rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe Abbamonte, Ciro Manfredonia, con domicilio eletto presso Studio Abbamonte Titomanlio in Roma, via Terenzio n. 7;

nei confronti di

Arpac - Agenzia Regionale Protezione Ambientale Campania, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Lucia Ruggiero, domiciliata in Roma, via Poli n. 29;
Regione Campania;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE III, n. 01498/2009, resa tra le parti, concernente concorso per la copertura di 2 posti di collaboratore tecnico-professionale esperto.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Arpac - Agenzia Regionale Protezione Ambientale Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2015 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Carlo Celani, Sergio Cuomo, su delega dell'avv. Giuseppe Abbamonte, e Lucia Ruggiero;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con ricorso notificato il 5.12.2008, la signora Caterina Nappi, premesso di essersi classificata al terzo posto, come idonea non vincitrice, nella graduatoria del concorso, bandito dall’ARPAC, per titoli ed esami per la copertura a tempo indeterminato di due posti di collaboratore tecnico categoria “D”, ha impugnato la graduatoria e l’atto di ammissione al concorso del signor Domenico Imbroglia, classificatosi al primo posto.

Rilevato che questi era stato ammesso alle prove di concorso pur essendo in possesso della laurea di ingegneria meccanica, deduceva, nei motivi d’impugnazione, la violazione della lettera del bando che richiedeva il possesso della laurea di ingegneria chimica o altra equipollente ex lege.

Si costituivano in giudizio il controinteressato e l’ARPAC, chiedendo la reiezione del ricorso sul rilevo dell’equipollenza ex lege della laurea specialistica in ingegneria meccanica a quella in ingegneria chimica.

Il Tar, con la sentenza appellata, accoglieva il ricorso sul rilievo dell’“assenza di un atto di formale equiparazione della laurea in ingegneria meccanica a quella in ingegneria chimica e nell’impossibilità di procedere ad una valutazione di equipollenza sostanziale”.

Con unico motivo, articolato in plurime censure, appella Domenico Imbroglia, a cui s’è associata l’ARPAC. Resiste con memoria di costituzione Caterina Nappi.

All’udienza del 5 maggio 2015 l’appellante ha dichiarato interesse alla definizione del giudizio e la causa è stata trattenuta in decisione, previo avviso alle parti, ex art. 73, comma 3, c.p.a., della possibilità che fosse maturata la perenzione.

 

 

DIRITTO

In limine il Collegio ritiene che non possa dichiararsi la perenzione, dovendosi concedere alla parte l’errore scusabile ex art. 37 c.p.a., dal momento che il comportamento della Segreteria della Sezione che, pur avendo inviato l’avviso ex art. 82, comma 1, c.p.a., ha autonomamente fissato l’udienza di merito, ha tratto in errore l’appellante circa la necessità di produrre una dichiarazione di interesse nel termine di centottanta giorni previsto dal citato art. 82. Del resto, la permanenza dell’interesse è stata ribadita in udienza e deve ritenersi sufficiente, malgrado lo spirare del quinquennio, anche in ragione di quanto dispone il comma 2 dell’art. 82, c.p.a..

L’appellante deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 47 d.P.R. 5 giugno 2001 n. 328, recante disposizioni in tema di disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, tra le quali quella di ingegnere, nonché contraddittoria motivazione, motivazione apparente e perplessità.

La norma, laddove prevede che per l’ammissione all’esame di Stato d’accesso all’albo degli ingegneri, sezione A, settore industriale, è necessario il possesso della laurea di ingegneria chimica o in ingegneria meccanica, avrebbe, secondo l’appellante, equiparato le due lauree sì da integrare il requisito d’ammissione, espressamente richiesto dal bando, del possesso di “altre lauree equipollenti ex lege”.

L’appello è fondato.

Già nell’ordinanza di questa Sezione (n. 2193/2009), che ha sospeso l’efficacia della sentenza appellata, è stata prima facie ravvisata l’equipollenza delle due lauree in base all’art. 47 d.P.R. n. 328/2001.

Equipollenza che, peraltro, in ragione della lettera del bando non è ex se dirimente.

Infatti, il bando di concorso, all’art. 2 n. 3, espressamente prevede: “Gli aspiranti devono possedere, altresì, il seguente requisito specifico: laurea specialistica, ai sensi del vigente ordinamento, ovvero diploma di laurea secondo il previgente ordinamento universitario, in ingegneria chimica o altre lauree equipollenti”.

La clausola va letta (ed interpretata) complessivamente (cfr. art. 1363 c.c.) nel senso che è richiesto il possesso della laurea specialistica, o, in alternativa, la laurea in ingegneria chimica o in laurea equipollente.

L’amministrazione, che ha indetto la procedura selettiva, ha esercitato il potere discrezionale nell’individuazione della tipologia del titolo richiesto privilegiando, in primo luogo, il possesso di laurea specialistica o, in alternativa, di laurea in ingegneria chimica o di altra laurea equipollente.

Così disponendo l’amministrazione, senza restare prigioniera di una lettura formalistica del requisito in parola, ha, per un verso, esteso la partecipazione a tutti coloro i quali fossero in possesso di diploma di laurea specialistica in relazione alle funzioni che i candidati dovranno andare ad esercitare, restringendo, sotto altro profilo, l’area della valutazione di tipo c.d. sostanziale compiuta ex post dalla Commissione di concorso che valuta i titoli.

Secondo un approccio che – va sottolineato – s’uniforma al principio che la Corte di Giustizia, sez. II, 29 gennaio 2009 n. 311, in sede d’interpretazione della direttiva n. 89/48/CEE, ha dettato in tema di diritto ad esercitare una professione, a titolo dipendente o indipendente, in uno Stato membro diverso da quello nel quale i cittadini dell’Unione hanno acquisito le loro qualifiche professionali.

Principio che conforma, ai sensi degli artt. 117, comma 1, cost. e 1, comma 1, l. n. 241/1990, l’azione amministrativa.

In definitiva il bando, contrariamente a quanto supposto dall’appellata (ricorrente in primo grado), non ha affatto inteso circoscrivere il titolo alla sola laurea in ingegneria chimica, ma, in ragione della professionalità richiesta per la gestione e la tutela dell’ambiente cui saranno addetti i vincitori del concorso, ha chiesto in primis la laurea specialistica.

In essa è senz’altro ascrivibile quella di ingegneria meccanica posseduta dall’appellante.

È appena il caso di aggiungere che l’arresto della giurisprudenza richiamata dall’appellata (cfr., Cons. St., sez. V, 16 gennaio 2015 n. 71), nella memoria depositata in prossimità dell’udienza di discussione, relativa alla equipollenza “strettamente normativa”, non si attaglia affatto al caso in esame.

Conclusivamente l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado deve essere respinto.

Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna la signora Caterina Nappi alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio in favore del ricorrente e dell’ARPAC, da dividersi fra loro in parti uguali, che si liquidano in complessivi 5000,00 (cinquemila) euro, oltre diritti ed accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Carmine Volpe, Presidente

Doris Durante, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/05/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)




 

N. 02584/2015REG.PROV.COLL.

N. 02138/2009 REG.RIC.

N. 02304/2009 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2138 del 2009, proposto dal Comune di Civitavecchia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Occagna, con domicilio eletto presso Michele Lo Russo in Roma, via Vittorio Veneto 108;

contro

Tabelli Davide, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Galleano, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Alberico II 33;
Valeri Francesco Franco;

 

sul ricorso numero di registro generale 2304 del 2009, proposto da:
Valeri Francesco Franco, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Piccarozzi, con domicilio eletto presso Bruno Piccarozzi in Roma, via Cassia 35;

contro

Tabelli Davide;

nei confronti di

Comune di Civitavecchia;

per la riforma

quanto ad entrambi gli appelli:

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II BIS n. 2066/2008, resa tra le parti, concernente un concorso ad un posto di ingegnere capo di prima qualifica dirigenziale del Comune di Civitavecchia.

 

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l’appello incidentale condizionato dell’ing. Davide Tabelli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2015 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Domenico Occagna e Sergio Galleano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Con separati appelli il Comune di Civitavecchia e l’ing. Francesco Franco Valeri impugnano la sentenza del TAR Lazio – sede di Roma in epigrafe, con la quale, in accoglimento del ricorso dell’ing. Davide Tabelli, è stato annullato il concorso per titoli ed esami ad un posto di ingegnere capo – dirigente di settore tecnico del Comune appellante, da questo indetto con bando in data 5 novembre 1996.

2. Propone appello incidentale condizionato all’accoglimento dell’appello principale dell’amministrazione il ricorrente in primo grado.

DIRITTO

1. Deve preliminarmente disporsi la riunione degli appelli ex art. 96 cod. proc. amm., poiché proposti avverso la medesima sentenza.

2. Sempre in via preliminare, il giudizio conseguente all’appello del controinteressato ing. Valeri (n. 2304/2009 di r.g.) deve essere dichiarato estinto per perenzione ai sensi dell’art. 82 del codice del processo. Infatti, dopo l’avviso della segreteria di questa Sezione ai sensi del comma 1 del citato art. 82, ricevuto il 1° settembre 2014 presso il domicilio eletto, non è stata presentata da parte dell’appellante alcuna istanza di fissazione dell’udienza nel termine ivi previsto di 180 giorni.

Deve al riguardo puntualizzarsi che a diversa conclusione non può giungersi per il fatto che nelle more della scadenza del termine è stata fissata l’udienza di discussione, con avviso ricevuto dal difensore dell’appellante il 20 novembre 2014. Lo spirare del quinquennio dal deposito del ricorso costituisce infatti una causa estintiva operante di diritto e rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 83 del codice del processo, fondata su una presunzione di carenza di interesse conseguente al decorso di un lungo lasso di tempo dal deposito del ricorso, che spetta alla parte ricorrente superare mediante un’espressa manifestazione di interesse alla decisione del merito. Ciò si evince in particolare dal comma 2 dell’art. 82, il quale onera la parte di dichiarare tale interesse anche in assenza di avviso di perenzione da parte della segreteria e di fissazione del merito.

Nel caso di specie, la presunzione di difetto di interesse è ulteriormente avvalorata dalla mancata comparizione del difensore dell’ing. Valeri all’udienza di discussione del 5 maggio 2015.

3. E’ invece tempestiva l’istanza di fissazione dell’udienza depositata dall’amministrazione nel giudizio conseguente al proprio appello (n. 2138/2009 di r.g.). A fronte della ricezione dell’avviso il 26 settembre 2014, l’amministrazione ha infatti depositato in data 11 marzo 2015 l’istanza di fissazione dell’udienza, in tal modo rispettando il termine di 180 giorni di cui sopra.

4. L’appello del Comune può quindi essere esaminato nel merito.

Al riguardo, deve essere esaminata l’eccezione di improcedibilità del ricorso formulata dall’amministrazione (II motivo), sul rilievo che il posto di dirigente del settore tecnico posto a concorso è stato in seguito ricoperto a mezzo di procedura di mobilità, che l’ing. Tabelli non ha impugnato.

5. L’eccezione deve essere respinta.

Secondo l’incontrastata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, la sopravvenuta carenza di interesse può infatti essere dichiarata tutte le volte in cui si verifichi una modificazione della situazione di fatto o di diritto tale da comportare per il ricorrente l’inutilità dell’eventuale sentenza di accoglimento del ricorso, anche con riguardo all’interesse solo risarcitorio o morale (Sez. IV, 31 marzo 2015, n. 1679, 10 febbraio 2014, n. 616; Sez. V, 9 marzo 2015, n. 1167, 9 settembre 2013, n. 4473; 2 agosto 2013, n. 4054; 13 aprile 2012, n. 2116). Inoltre, l’accertamento di tale situazione di sopravvenuto difetto di interesse, quando eccepita dalle parti diverse da quella ricorrente, deve essere effettuato con criteri rigorosi, per evitare che la preclusione dell’esame del merito della controversia si trasformi in un’inammissibile elusione dell’obbligo del giudice di provvedere sulla domanda (tra le tante, Sez. III, 14 marzo 2013, n. 1534; Sez. IV, 19 marzo 2015, n. 1501, 12 febbraio 2015, n. 745, 17 settembre 2013, n. 4637; Sez. V, 23 marzo 2015, n. 1549, 16 febbraio 2015, n. 786, 29 dicembre 2014, n. 6412, 8 aprile 2014, n. 1663, 27 marzo 2013, n. 1808).

Ciò precisato, nel caso di specie non può in alcun modo escludersi che l’ing. Tabelli possa vantare un interesse di carattere quanto meno risarcitorio in seguito al definitivo accertamento delle illegittimità verificatesi nel concorso in contestazione nel presente giudizio.

6. Passando al merito, deve premettersi che il giudice di primo grado ha accolto l’impugnativa dell’ing. Tabelli per violazione dell’art. 12 d.p.r. n. 487/1994 (“recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzioni nei pubblici impieghi”), e ciò perché il risultato della valutazione dei titoli non è stato reso noto ai candidati prima dell’effettuazione delle prove concorsuali, come invece previsto dal comma 2 della disposizione regolamentare ora richiamata.

Il TAR ha sul punto precisato che la scansione procedimentale prefigurata dalla norma in questione è posta a tutela di «un’esigenza sostanziale fondamentale: quella cioè di evitare che la valutazione dei titoli, possa in itinere essere discrezionalmente modificata in seguito ai risultati delle prove orali, così da influenzare l'esito finale dell'intera procedura concorsuale»; ed è dunque strumentale alle superiori esigenze di trasparenza ed imparzialità amministrativa e tale da non ammettere equipollenti.

7. Pur non contestando la mancata comunicazione degli esiti della valutazione dei titoli ai candidati, nel proprio appello il Comune di Civitavecchia nega tuttavia che ciò abbia leso gli interessi dell’ing. Tabelli. L’amministrazione evidenzia al riguardo che nella prima riunione la commissione di gara ha rigidamente predeterminato i criteri di valutazione dei titoli, autovincolando la propria discrezionalità mediante griglie di punteggi proporzionati al punteggio di laurea ed a quello conseguito in sede di abilitazione professionale (verbale n. 1 del 14 maggio 1997), di cui ha poi fatto pedissequa applicazione. Pertanto, il Comune appellante principale ritiene che la mancata comunicazione dei punteggi attribuiti per i titoli prima delle prove degraderebbe ad irregolarità non invalidante ex art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990.

8. L’assunto non può essere condiviso, per cui l’appello del Comune di Civitavecchia deve essere respinto, dovendosi conseguentemente dichiarare improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse l’appello incidentale condizionato dell’ing. Tabelli.

9. Deve al riguardo precisarsi che, diversamente da quanto rilevato dal TAR, l’obbligo di comunicazione deve precedere non già lo svolgimento delle prove scritte ma, in seguito alla riformulazione del citato art. 12, comma 2, d.p.r. n. 487/1994 ad opera del d.p.r. n. 693/1996 (“regolamento recante modificazioni al regolamento sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e sulle modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nel pubblico impiego, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487”), solo le prove orali.

Non per questo la decisione di primo grado può tuttavia essere riformata. Ciò per la dirimente considerazione che tale comunicazione non è comunque avvenuta nemmeno prima di queste prove.

Infatti, il fondamento dell’obbligo partecipativo in questione consiste, da un lato, nel rendere noto ai concorrenti prima dello svolgimento dell’ultima prova il punteggio provvisoriamente conseguito fino a tale momento, così da calibrare di conseguenza la preparazione per essa, e, dall’altro lato, di assicurare una rigida scansione dei diversi momenti valutativi nei quali si articola la selezione concorsuale, così da prevenire qualsiasi rischio che i punteggi di merito possano essere manipolati a scopo di indebiti favoritismi.

Pertanto, mediante questa sequenza tra punteggi provvisori, soggetti a comunicazione preventiva, e graduatoria definitiva, si assicura un più elevato tasso di imparzialità della valutazione delle capacità ed attitudini dei candidati, facendosi in modo che la graduatoria definitiva consista nell’effettiva risultante delle diverse fasi valutative, senza indebite commistioni tra le stesse.

Deve poi evidenziarsi che attraverso la comunicazione dei punteggi provvisori si realizza un maggior grado di trasparenza già nella fase concorsuale, al cui perseguimento è preordinato anche l’accesso previsto dal comma 3 dell’art. 12 in esame, finalizzato ad eventuali richieste di correzione prima dello svolgimento della prova finale, allo scopo di prevenire eventuali contenziosi.

10. Trattandosi quindi di un adempimento procedimentale finalizzato alla tutela delle descritte inderogabili esigenze di trasparenza ed imparzialità, la sua mancata osservanza non può ritenersi priva di valenza invalidante ex art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990, per effetto della predeterminazione ex ante dei criteri di valutazione dei titoli.

In contrario a quanto sostiene l’amministrazione appellante principale, si rileva che quest’ultima attività risponde a sua volta ad un obbligo inderogabilmente previsto dall’art. 8 del d.p.r. n. 487/1994, ed ancora una volta ispirato alle medesime finalità di trasparenza ed imparzialità finora evidenziate, attraverso la relativa fissazione prima della valutazione delle prove scritte. Anche in questo caso la scansione procedimentale prefigurata a livello regolamentare tende, in primo luogo, a separare le diverse fasi valutative, ed in secondo luogo a prevenire commistioni tra queste. Il tutto secondo modalità analoghe a quelle sopra esaminate per quanto riguarda la prova orale da un parte e la valutazione dei titoli e delle prove scritte dall’altra.

11. Deve ancora rilevarsi che, in ragione della finalità preventiva che connota l’obbligo comunicativo in contestazione nel presente giudizio, la relativa violazione comporta di per sé l’illegittimità della procedura concorsuale, senza che possa invocarsi la sanatoria processuale di cui all’art. 21-octies l. n. 241/1990, non essendo possibile stabilire se la violazione procedimentale abbia o meno determinato una lesione in concreto degli interessi dei singoli concorrenti. Mutuando una terminologia penalistica, l’illegittimità in questione può quindi essere definita “di pericolo astratto”, analogamente a quanto si afferma per il caso di violazione della regola dell’anonimato delle prove concorsuali (Ad. Plen., 20 novembre 2013, n. 26; da ultimo: Cons. giust. amm. Sicilia, 20 aprile 2015, n. 330).

12. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo nei rapporti tra il Comune e l’ing. Tabelli, mentre non vi è luogo a provvedere nei rapporti tra questi ed il controinteressato ing. Valeri, dal momento che, a fronte dell’appello di quest’ultimo, nessuno si è costituito.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, così provvede:

- dichiara estinto per perenzione il giudizio conseguente all’appello dell’ing. Francesco Franco Valeri;

- respinge l’appello principale del Comune di Civitavecchia;

- dichiara improcedibile l’appello incidentale condizionato dell’ing. Davide Tabelli;

- condanna il Comune di Civitavecchia a rifondere all’ing. Davide Tabelli le spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 3.000,00, oltre agli accessori di legge;

- nulla nei rapporti tra l’ing. Francesco Franco Valeri e le altre parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Carmine Volpe, Presidente

Doris Durante, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Carlo Schilardi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/05/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Autore/Fonte: Studio Legale Nardelli - Avvocato Sante Nardelli

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