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CONSIGLIO DI STATO - REQUISITI DI ORDINE GENERALE - SEZIONE TERZA - NR.507 DEL 4 FEBBRAIO 2014

CONTRATTI CON LA P.A. - APPALTI PUBBLICI - REQUISITI DI ORDINE GENERALE - ART.38 - OMESSA DICHIARAZIONE DI TUTTE LE CONDANNE PENALI - ESCLUSIONE - NON PUO' ESSERE DISPOSTA IN PRESENZA DI MODELLI PREDISPOSTI DALLA STAZIONE APPALTANTE FUORVIANTI

Autore/Fonte: www.giustizia-amministrativa.it (sito di diritto amministrativo)

Autore/Fonte: Studio Legale Nardelli (Avvocati Sante e Giovanni Vittorio Nardelli)

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N. 00507/2014REG.PROV.COLL.

 

N. 02909/2013 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato

 

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 2909 del 2013, proposto da:

Serenissima Ristorazione S.p.a.,

in persona del legale rappresentante pro-tempore,

rappresentata e difesa dagli avv. Mariagrazia Romeo, Mario Calgaro e Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fabio Cintioli, in Roma, via Vittoria Colonna n.32;

 

contro

 

Antica Scuola dei Battuti - Ente per la Gestione di Servizi alla Persona,

in persona del legale rappresentante pro-tempore,

costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Manservisi e Vittorio Miniero, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Roberto Manservisi, in Roma, via Antonio Bertoloni n. 44;

 

nei confronti di

 

- Società Markas S.r.l.,

in persona del legale rappresentante pro-tempore,

costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv. Pietro Adami e Nicola Creuso, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Pietro Adami, in Roma, corso d'Italia n. 97;

Cir Food Società Cooperativa,

in persona del legale rappresentante pro-tempore,

costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. Eugenio Dalli Cardillo, con domicilio eletto presso il Consiglio di Stato, Segreteria della III Sezione, in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;

 

per la riforma

 

della sentenza breve del T.A.R. VENETO – SEZIONE I, n. 00425/2013, resa tra le parti, concernente appalto gestione servizi alberghieri ed accessori, lavanolo, ristorazione e somministrazione materiali igienici e per l'incontinenza.

 

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Antica Scuola dei Battuti - Ente per la Gestione di Servizi alla Persona, della Società Markas S.r.l. e di Cir Food Società Cooperativa;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

 

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2013, il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti;

 

Uditi per le parti, alla stessa udienza, gli avvocati Reggio D'Aci su delega di Cintioli, De Vergottini su delega di Manservisi, Adami e Sanchini su delega di Dalli Cardillo;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

 

FATTO

 

1. - Con bando pubblicato in GUCE il 19.11.2011, l’Antica Scuola dei Battuti indiceva gara per la gestione dei servizi di supporto suddivisa in lotti (servizi alberghieri ed accessori, lavanolo, ristorazione e somministrazione materiali igienici e per l’incontinenza), da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

 

All’esito della procedura, la gara veniva aggiudicata alla Serenissima Ristorazione S.p.a. (per brevità, Serenissima).

 

2. - Con nota del 7.1.2012, n. 67, in sede di verifica dei requisiti, la stazione appaltante richiedeva chiarimenti all’aggiudicataria in ordine ad alcune condanne, non dichiarate in fase di gara, riportate dal legale rappresentante/procuratore e dal direttore tecnico (Sonia Fosser e Rigone Giuseppe).

 

La Serenissima obiettava che le condanne non fossero ostative alla partecipazione a gara e che la lex specialis non prevedesse alcun obbligo specifico di fornire l’elencazione di tutte le sentenze di condanna riportate, se ininfluenti.

 

3. - Con Decreto del Direttore n. 6 del 18 gennaio 2013 si procedeva dunque a revocare l’aggiudicazione definitiva, all’escussione della cauzione ed alla conseguente aggiudicazione alla seconda graduata, la Markas s.r.l., a causa dell’esistenza di sentenze passate in giudicato non dichiarate in sede di gara come imposto esplicitamente dal comma 2 dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006.

 

La Serenissima impugnava dinanzi al Tar il provvedimento di revoca, mentre Markas S.r.l. proponeva ricorso incidentale.

 

4. - Con la sentenza impugnata il ricorso principale veniva respinto e veniva dichiarato inammissibile il ricorso incidentale.

 

5. - Propone appello la Serenissima, denunciando l’erroneità della sentenza, che muoverebbe da una errata lettura della lex di gara.

 

6. - Si sono costituite in giudizio la controinteressata e l’Amministrazione.

 

La prima ha riproposto in memoria le censure di cui al ricorso incidentale di primo grado, ivi dichiarato inammissibile.

 

Con Ordinanza n. 2803/2013 è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione della sentenza impugnata.

 

7. - All’udienza del 24 ottobre 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

 

1. - L’appello è da accogliere.

 

1.1. - E’ fondato invero il primo motivo di gravame, col quale l’appellante censura la sentenza per aver ritenuto chiaro e inequivocabile il modello di istanza di partecipazione predisposto dalla stazione appaltante, la cui formulazione ha invece comportato, secondo la ricorrente, quei vizi della dichiarazione del possesso dei requisiti d’ordine generale, sanzionati dall’Amministrazione con la contestata revoca dell’aggiudicazione.

 

Va in linea generale premesso in proposito che, secondo un primo orientamento, la mancata dichiarazione dei requisiti di partecipazione ( in particolare riguardo a quello, che viene qui in considerazione, dell’assenza di condanne penali ) sarebbe in grado di determinare ex se l'esclusione dalla gara, a prescindere dalla verifica in concreto delle sussistenza dei requisiti necessari, con la conseguenza che l'omessa dichiarazione delle sentenze di condanna comporterebbe sempre la non veridicità della dichiarazione, determinando l'esclusione dell'impresa (Cons. stato, sez. IV, 1° aprile 2011, n. 2068).

 

A tale impostazione si contrappone un orientamento, che attribuisce rilievo centrale al dettato della lex specialis, distinguendo i casi in cui essa richiede di dichiarare tutte le condanne riportate da quelli in cui è genericamente prevista una dichiarazione relativa all'assenza di cause impeditive: nel secondo caso, la pretesa incompletezza della dichiarazione, nella quale non venga fatta menzione di tutti i precedenti penali, non potrebbe comportare l'esclusione ope legis dalla gara, laddove all'omissione non corrisponda la sostanziale carenza del requisito (Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2011, n. 1795).

 

In questa ottica, è stato anche precisato che, essendo la valutazione di gravità del reato rimessa alla stazione appaltante in sede di controllo, il concorrente potrebbe omettere di fare menzione dei precedenti penali che non ritiene idonei a comprometterne, secondo l'id quod plerumque accidit, la moralità professionale, cosicché non potrebbe in ogni caso essere qualificata come falsa una dichiarazione fondata su una valutazione di carattere soggettivo (Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2009, n. 4082).

 

Le due soluzioni rappresentano la conseguenza di un diverso approccio alla problematica: la prima di esse appare maggiormente attenta al dato formale nonché all'esigenza di garantire un controllo consapevole da parte della stazione appaltante; la seconda soluzione riflette un'impostazione "sostanzialista" che guarda più al bene giuridico tutelato dalla norma (l'individuazione di soggetti in possesso dei prescritti requisiti di partecipazione) che al vizio formale.

 

Il Collegio ritiene che, in un'ottica di massimo favor partecipationis, implicante la svalutazione dei vizi meramente formali, debba essere privilegiata la seconda soluzione.

 

Ne consegue che l'omessa dichiarazione di alcune condanne penali può essere sanzionata con l'esclusione dalla gara solo in presenza di un obbligo stringente imposto dal bando, mentre, in caso contrario, il concorrente può ritenersi esonerato dal dichiarare l'esistenza di condanne per infrazioni penalmente rilevanti, ma di lieve entità (Cons. Stato, sez. VI, 27 marzo 2012, n. 1799).

 

Nel caso di specie, le norme del bando circa l'onere di dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), del D. Lgs. n. 163/2006 non erano univoche.

 

La modulistica predisposta dalla stazione appaltante, invero, era idonea ad ingenerare l’errata convinzione, in cui è incorsa la Serenissima, di non essere tenuta a dichiarare ogni tipo di condanna riportata, anche per reati non significativi ai fini della valutazione circa la serietà e affidabilità nell’esecuzione dell’appalto.

 

Il modello in questione, infatti, al punto “c”, prevedeva due caselle, che il concorrente avrebbe dovuto barrare alternativamente, a seconda dell’ipotesi ricorrente.

 

La prima casella prevedeva l’ipotesi di dichiarazione negativa del concorrente “che nei propri confronti non è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; altresì, che nei propri confronti non è stata emessa una condanna, con sentenza passata in giudicato per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, etc.”.

 

La seconda casella prevedeva l’ipotesi della dichiarazione positiva delle condanne riportate, con l’espressa specificazione che tutte dovevano essere indicate, comprese quelle per le quali si abbia beneficiato della non menzione.

 

La formulazione della prima dichiarazione (negativa) in cui si fa espresso riferimento ai “reati gravi … che incidono sulla moralità professionale” era fuorviante, nel senso di ingenerare la convinzione che anche la dichiarazione positiva dovesse essere resa solo con riguardo ad alcune condanne, quelle appunto riguardanti reati “gravi” in grado di influire sulla valutazione della “moralità professionale”; e non anche con riferimento a qualunque tipo di condanna per reati non attinenti allo svolgimento dell’attività lavorativa, come la condanna per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. B D.Lvo 30.4.1992, n.285 – nuovo codice della strada- per guida in stato di ebbrezza, pronunciata a carico del direttore tecnico Rigoni Giuseppe, e la condanna per inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, di cui all’art. 650 c.p., emessa a carico del procuratore Fosser Sonia.

 

Le dichiarazioni rese non possono considerarsi false, ma semmai incomplete, perchè erroneamente interpretata la clausola del modello di dichiarazione, in sé non del tutto inequivoca, relativa alle condanne riportate, tali intendendo solo quelle rilevanti ai fini della valutazione della “moralità professionale”.

 

Vero è che, in materia di cause di esclusione dalle gare per reati incidenti sulla moralità professionale, la verifica dell'incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell'impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all'esercizio del potere discrezionale della P.A. e deve essere valutata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell'appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato, non potendo la stessa concorrente valutare da sé quali reati siano rilevanti ai fini della dichiarazione da rendere, ciò implicando un giudizio inevitabilmente soggettivo, inconciliabile con la finalità della norma (Consiglio Stato sez. V, 12 aprile 2007, n. 1723; Consiglio di Stato, sez. V, 06 marzo 2013, n. 1378).

 

Tuttavia, allorchè la dichiarazione sia resa sulla scorta di modelli predisposti dalla stazione appaltante ed il concorrente incorre in errore indotto dalla formulazione ambigua o equivoca del modello, non può determinarsi l’esclusione dalla gara per l’incompletezza della dichiarazione resa (C.d.S., sez. V, 26.1.2011, n.550, Consiglio di Stato, sez. VI, 01/02/2013, n. 634).

 

Nel caso di specie, peraltro, il bando non contiene al riguardo una espressa comminatoria di esclusione, tale non potendosi considerare quella di cui al punto 7. del disciplinare, che, laddove prevede che il plico contenente la richiesta di partecipazione “deve contenere, pena esclusione, la documentazione amministrativa di cui all’articolo 8”, rende applicabile l’esclusione stessa in caso di assenza della dichiarazione e non in ipotesi di dichiarazione negativa od incompleta.

 

La disposta esclusione sarebbe dunque potuta essere disposta soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l'assenza del requisito in questione e cioè non per l’insussistente ipotesi di omessa o falsa dichiarazione, ma, una volta che l’A. ha in sede di verifica accertato l’esistenza di condanne penali, per la presenza di gravi reati incidenti sulla moralità professionale; previo, cioè, un giudizio valutativo dell’A. circa la gravità dei reati emersi e circa la loro incidenza sulla moralità professionale; giudizio, questo, ch’è del tutto mancato nel caso in questione.

 

Sostiene l’Amministrazione che una dichiarazione inaffidabile (perché falsa o incompleta) è di per sé lesiva degli interessi considerati dal Legislatore, a prescindere dal fatto che l’impresa meriti o meno, nella sostanza, di partecipare alla gara.

 

Va, però, considerato che il rigore formalistico cede, come si è detto, in presenza di una scusabilità dell’errore riconducibile a formulazioni degli atti di gara che possono indurre dubbi interpretativi, tanto più che vige oggi la regola della tassatività delle cause di esclusione, di cui all'art. 46, comma 1 bis, Codice dei contratti, che s'ispira ad un criterio sostanzialistico e riafferma il favor partecipationis (Consiglio di Stato, sez. III, 12 aprile 2013, n. 2006).

 

2. – Quanto al ricorso incidentale di primo grado proposto dalla controinteressata M.A.R.K.A.S. s.r.l., così come riproposto in grado di appello con memoria ex art. 101 c.p.a., esso dev’essere in questa sede dichiarato inammissibile, in quanto il controinteressato, che nel giudizio di primo grado aveva proposto ricorso incidentale disatteso dal giudice di primo grado con una declaratoria di inammissibilità sul presupposto dell’infondatezza del ricorso principale, non può riproporre la questione con memoria ex art. 101 cit. nel giudizio d'appello proposto dal ricorrente soccombente, ma deve proporre appello incidentale se vuole evitare che sulla questione si formi il giudicato interno, non essendo la memoria indicata, riservata alle sole domande ed eccezioni assorbite o non esaminate in primo grado, mezzo idoneo alla devoluzione della questione al giudice d'appello.

 

3.- In conclusione, l’appello va accolto per la veduta fondatezza del primo motivo di impugnazione, con conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento di esclusione dalla gara e di revoca dell’aggiudicazione definitiva.

 

Discende da tale statuizione l’obbligo per la stazione appaltante di rivalutare il possesso dei requisiti di ammissione a gara ex art. 38 del codice degli appalti in capo all’aggiudicataria Serenissima e dunque la riapertura della fase di controllo sul possesso dei requisiti in capo all’aggiudicataria definitiva; restano ovviamente ferme, fino all’espletamento della nuova fase di controllo, le condizioni sospensive dell’efficacia dell’aggiudicazione definitiva previste dalla vigente normativa.

 

Poiché, poi, l'esclusione dalla gara costituisce il presupposto perché si faccia luogo alle due ipotesi sanzionatorie previste dall'art. 48, comma 1, del d.lgs. n. 163/06 ( determinazione dell'Amministrazione di incameramento della cauzione e di segnalazione all'Autorità ), la prima pure oggetto del giudizio, è chiaro che il venir meno di tale presupposto comporta il travolgimento anche di siffatti provvedimenti.

 

4.- Le spese del doppio grado di di giudizio possono integralmente compensarsi tra le parti, in considerazione della particolarità delle questioni trattate e delle oscillazioni giurisprudenziali sulla materia.

 

P.Q.M.

 

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, accoglie il ricorso di primo grado, nei limiti di cui in motivazione.

 

Spese doppio grado compensate.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

Salvatore Cacace, Presidente FF

 

Angelica Dell'Utri, Consigliere

 

Hadrian Simonetti, Consigliere

 

Silvestro Maria Russo, Consigliere

 

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore

 

                             

                             

L'ESTENSORE                    IL PRESIDENTE

                             

                             

                             

                             

                             

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

Il 04/02/2014

 

IL SEGRETARIO

 

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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