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Studio Legale
30 SETTEMBRE 2011 - CORTE CIVILE DI APPELLO DI LECCE - SEZIONE STACCATA DI TARANTO - SENTENZA NR.239 DEL 30 SETTEMBRE 2011

ENTI E BENI ECCLESIASTICI - POTERI DI RAPPRESENTANZA DEL PARROCO - CONTROLLI CANONICI - SONO OPPONIBILI AI SENSI DELL'ART.18 DELLA LEGGE NR.225/1985.

ENTI E BENI ECCLESIASTICI - POTERI DI RAPPRESENTANZA DEL PARROCO - CONFERIMENTO DI PROCURA ALLE LITI PER INTRODURRE O CONTESTARE UNA LITE DAVANTI AL TRIBUNALE CIVILE - LICENZA DEL PROPRIO ORDINARIO - NECESSITA' AI SENSI DEL CANONE 1288

 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI - POSSESSO ININTERROTTO DI UN BENE IMMOBILE  PER OLTRE 20 ANNI DA PARTE DI UN ORDINE RELIGIOSO - VA DICHIARATA L'USUCAPIONE

 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI - DECRETO DEL MINISTRO DELL'INTERNO CON CUI VIENE RICONOSCIUTA EFFICACIA CIVILE AL DECRETO DEL VESCOVO DI RICOGNIZIONE DEI BENEFICI ECCLESIASTICI ESISTENTI - EMESSO SUCCESSIVAMENTE ALL'ACQUISTO DELL'IMMOBILE PER USUCAPIONE DA PARTE DI UN ORDINE RELIGIOSO - ILLEGITTIMITA' CON CONSEGUENTE DISAPPLICAZIONE DA PARTE DEL GIUDICE ORDINARIO

 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI - CONFLITTO DI TRASCRIZIONI TRA ACQUISTO A TITOLO DERIVATIVO E ACQUISTO A TITOLO ORIGINARIO - PREVALE SEMPRE IL SECONDO

 

 

 

 

REPUBBLICA     ITALIANA

 I N   N O M E    DEL     POPOLO     ITALIANO

La Corte di Appello di Lecce  - Sezione distaccata di    Taranto    -    Sezione    Civile    -    composta dai Signori:

1) Dott. Riccardo ALESSANDRINO  -Presidente

2)Dott. Loredana COLELLA     -Consigliere REL.

3)Dott. Marina C. COSENZA     -Consigliere

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello iscritta al  n.  207  del  Ruolo  Generale  delle  cause dell'anno 2008, trattata e passata in decisione all'udienza di discussione orale del 3/11/2010

TRA

CURIA GENERALIZIA DELL'ORDINE CARMELITANO DELL'ANTICA OSSERVANZA, con sede in Roma alla Via G. Lanza nr. 138 in persona del legale rappresentante pro-tempore, Padre Michael Heinrich Korner nato a Wurzburg (Germania) il 27/07/1959 e per LA CURIA PROVINCIALIZIA DI BARI DELLA PROVINCIA NAPOLETANA DEI CARMELITANI DELL'ANTICA OSSERVANZA, con sede in Bari al Corso Benedetto Croce nr.180 in persona del legale rappresentante pro-tempore, Padre Mario Alfarano nato a Brindisi il 7/8/1971, rappresentati e difesi, anche disgiuntamente, dall' Avv Sante Nardelli e dall'Avv.Giovanni Vittorio Nardelli del Foro di Bari nonché dall'avv. Mauro Margiotta del Foro di Taranto, ed elettivamente domiciliati presso la Studio di quest'ultimo in Taranto alla Via Felice Cavallotti nr.112, giusta mandato a margine dell'atto di appello

- APPELLANTI -

E

ARCIDIOCESI DI TARANTO, con sede in Taranto al Largo Arcivescovado n. 8, in persona di S.E. Ill.ma Mons. Benigno Luigi Papa - Arcivescovo Metropolita di Taranto, nonché, per la PARROCCHIA DEL SS. CROCIFISSO DI TARANTO, con sede in Taranto alla Via De Cesare n. 37, in persona del legale rappresentante Rev.mo Mons. Dott. Nicola di Comite (giusto decreto Arcivescovile di conferma nomina del 31.01.2002), e per l'ISTITUTO INTERDIOCESANO PER IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO DELLE DIOCESI DI TARANTO E CASTELLANETA, con sede in Taranto al Largo Arcivescovado n. 8, in persona  del  Presidente pro  tempore  e  legale rappresentante Rev.mo Mons. Prof. Cosimo Damiano Fonseca, tutti elettivamente domiciliati in Taranto alla Via Ciro Giovinazzi n. 9 presso e nello studio dell'avv. Cesario Di Comite che li rappresenta e difende (deleghe a margine della comparsa di risposta)

- APPELLATI –

NONCHÉ'

PARROCCHIA DEL SS. CROCIFISSO DI TARANTO in persona del Parroco e legale rappresentante pro-­tempore, Padre Ronzini Enrico Maria Stelio, nato a Mesagne (BR) in data 11 Febbraio 1960, rappresentato e difeso dall'avv. Dora Nardelli del Foro di Bari ed elettivamente domiciliato in Taranto presso lo Studio Legale dell'avv. Mauro Margiotta alla Via Felice Cavallotti, 112, giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta ed appello incidentale

APPELLATA ED APPELLANTE INCIDENTALE

E

ORDINARIO DIOCESANO PER LE DIOCESI DI TARANTO E CASTELLANETA,    in    persona    del    legale rappresentante pro-tempore

- APPELLATO -

I procuratori delle parti precisano le proprie conclusioni come da verbale dell'udienza di discussione orale del 3/11/2010.

FATTO E DIRITTO

Con sentenza n. 539/2007 del 26.4.2007 il Tribunale di Taranto - Prima Sezione Stralcio, rigettava le domande formulate dalla Curia Generalizia dell'Ordine Carmelitano dell'Antica Osservanza e della Curia Provincializia di Bari della Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza nei confronti dell'Istituto Interdiocesano per il Sostentamento del Clero delle Diocesi di Taranto e Castellaneta (I.I.S.C), della Parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e dell'Ordinario Diocesano per le Diocesi di Taranto e Castellaneta, con cui si chiedeva: l) di accertare che la Curia Provincializia di Bari del Carmelitani dell'Antica Osservanza è proprietaria dell'intero immobile sito in Taranto alla Via De Cesare n. 37 o, in subordine, accertare l'intervenuta usucapione in suo favore; 2) in via gradata accertare che la Curia Provincializia di Bari dei Carmelitani dell'Antica Osservanza è titolare del diritto di superficie perpetua sull'immobile e comunque della proprietà separata dell'edificio rispetto al suolo o, in subordine, accertare l'intervenuta usucapione di tali diritti in favore della Curia attrice; 3) dichiarare inesistenti o nulle o comunque illegittime le trascrizioni compiute dal Conservatore dei RR.II. di Taranto n.24097 d'ordine e n.19361 particolare dell'11.12.89, previo accertamento incidentale dell'illegittimità del D.M. Interno del 25.6.1986 e del provvedimento di trascrizione in data 27.12.1989 n. 25493 d'ordine e n. 20622 particolare sul decreto canonico nonché del provvedimento canonico; 4) in via ancora più subordinata dichiarare inesistente il diritto di proprietà su detto immobile ed ogni altro qualsivoglia diritto in capo all'I.I.S.C. delle Diocesi di Taranto e Castellaneta e in capo alla Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto per le porzioni di edificio ad ognuno di essi risultanti a seguito delle trascrizioni; 5) in caso di rigetto delle domande, previo accertamento del possesso di buona fede da parte attrice, condannare l'I.I.S.C. delle Diocesi di Taranto e Castellaneta e la Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto al pagamento di quanto dovuto ex artt. 936 e 1150 cc, previa determinazione del relativo importo in corso di causa e, comunque, in caso di non ritenuta buona fede da parte della Curia attrice, condannare i convenuti al pagamento di quanto ad essa dovuto a titolo di rimborso spese e di costo dei materiali della realizzata nuova opera necessaria per la costruzione dell'edificio di via De Cesare n.37.

La domanda era stata proposta dalle Curie attrici per avere esse appreso che con decreto n.63 del 31.10.1989 il Vescovo di Taranto aveva proceduto al ritrasferimento alla Parrocchia SS. Crocifisso di Taranto di parte di detti beni, già trasferiti all'IISC in forza dell'art.28 della L.n. 222/85, perché erroneamente ritenuti di natura beneficiaria, avendo proceduto il Vescovo e l’I.I.S.C. alle relative trascrizioni, sostenendo l'erroneità della intestazione catastale in capo all'attrice ed avendo conseguentemente n.I.S.C. inviato ai conduttori di parte di detti immobili, di  proprietà della Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza una comunicazione, con cui dichiarandosi proprietario, invitava i conduttori a corrispondere all’I.I.S.C. i relativi canoni di locazione, contestualmente richiedendo al Parroco del SS. Crocifisso di Taranto il pagamento di quanto percepito a titolo di canone per gli anni dal 1986 al 1989, pari a £. 1.201.349.760, avendo avverso i suddetti decreti proposto opposizione nelle competenti sedi canoniche sia il Parroco del SS. Crocifisso che il rappresentante legale della Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza, essendo stati altresì impugnati dinanzi al TAR Puglia sia il decreto del Ministro dell'Interno del 25.6.86 pubblicato sulla G.U. del 10.7.86, con cui era stata riconosciuta efficacia civile al Decreto del Vescovo di Taranto datato 13.5.86 di elencazione dei benefici estinti della Diocesi di Taranto e sia il Decreto del Ministro dell'Interno del 20.12.1985 pubblicato sulla G.U. del 7.1.1986, con cui era stata riconosciuta efficacia civile al Decreto del Vescovo della Diocesi di Taranto del 25.10.195, di estinzione degli Enti Ecclesiastici.

Nel giudizio di primo grado si erano costituiti l'Ordinario Diocesano di Taranto, in persona del suo Vicario generale pro tempore, anche quale legale rappresentante, a ciò debitamente delegato, della Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto, nonché l'I.I.S.C. di Taranto e Castellaneta, eccependo il difetto di legittimazione attiva della Curia Generalizia dell'Ordine Carmelitano con sede in Roma per difetto di interesse, chiedendo la sospensione del giudizio in attesa della definizione del processo pendente tra le parti ed il Ministero degli Interni dinanzi al TAR Puglia - sez. Bari e, nel merito chiedendo il rigetto delle domande nonché, in via riconvenzionale, l'accertamento della proprietà del bene immobile in oggetto in capo agli Enti indicati nelle trascrizioni compiute dal Conservatore dei RR.- II. di Taranto in data 27.12.1989 e cioè all'Istituto Interdiocesano per il Sostentamento del Clero, all'Arcidiocesi di Taranto ed alla Parrocchia del SS. Crocifisso.

Le parti convenute, come costituite, affermavano che il diritto di proprietà dell'immobile si apparteneva alla Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto ed al relativo Beneficio, e, quindi agli Enti di cui ai decreti vescovili di assegnazione, trasferimento e ritrasferimento, debitamente trascritti presso la Conservatoria dei RR. II di Taranto. Con atto di costituzione e comparsa conclusionale depositata il 28.10.2005, si era costituito per la Parrocchia del SS. Crocifisso padre Francesco Lioi, quale "parroco e legale rappresentante" di detta Parrocchia, precedentemente costituitasi in giudizio con il patrocinio di altro procuratore processuale con comparsa del 25.10.90, in persona del "legale rappresentante" Mons. Nicola Di Comite "già nominato con decreto dell' 11/4/90 da S.E. Arcivescovo di Taranto Mons. Salvatore De Giorgi, poi confermato da S.E. Arcivescovo  di  Taranto  Mons.   Benigno   Luigi   Papa",   costituzione  contestata  e disconosciuta da parte convenuta.

Con detta comparsa conclusionale il costituito Parroco chiedeva accogliersi le domande proposte dalle Curie attrici.

Avverso la suddetta sentenza hanno proposto tempestivo appello la Curia Generalizia dell'Ordine Carmelitano dell'Antica Osservanza e la Curia Provincializia di Bari della Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza in persona dei rispettivi legali rappresentanti, nei confronti dell'Istituto Interdiocesano per il Sostentamento del Clero delle Diocesi di Taranto e Castellaneta, della Parrocchia SS. Crocifisso di Taranto e dell'Ordinario Diocesano per le Diocesi di Taranto e Castellaneta in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, chiedendone l'annullamento e la riforma per i seguenti motivi: l) erroneità ed ingiustizia del rigetto della domanda di usucapione del diritto di proprietà o, in subordine, del diritto di superficie sugli immobili oggetto di causa; 2) erroneità ed ingiustizia della pronuncia di rigetto della domanda di accertamento della proprietà o, in subordine, del diritto di superficie in capo ai Padri Carmelitani; 3) omessa pronuncia sul mancato accoglimento delle domande sub 3 e 4 dell'originario atto di citazione; 5) omessa pronuncia sulla domanda subordinata proposta sub 5. Hanno chiesto pertanto gli appellanti, in integrale riforma dell'appellata sentenza, accogliersi le domande come già proposte in primo grado, con condanna degli appellati al pagamento di spese competenze del doppio grado di giudizio e, in via istruttoria, in caso di accoglimento della domanda subordinata di cui al punto 5, rinnovarsi la CTU intesa alla determinazione di quanto dovuto alle Curie attrici ex art. 936 e 1150 cc. Con comparsa del 29.1.2009 si  è costituita la Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto in persona del Parroco e legale rappresentante pro tempore Padre Ronzini Enrico Maria Stelio, difeso dall'Avv. Dora Nardelli, aderendo alle domande delle Curie attrici, chiedendone l'accoglimento e proponendo appello incidentale avverso la sentenza nella parte in cui è stato dichiarato il difetto di rappresentanza del parroco nel giudizio in oggetto e conseguente omessa pronuncia circa la nullità della costituzione in giudizio, per conto della Parrocchia del SS. Crocifisso, del Vicario Generale pro-tempore Mons. Nicola Di Comite (con comparsa di costituzione del 25.10.1990) e successivamente dei medesimo Mons. Di Comite in forza del provvedimento di conferma del precedente decreto Prot.21/90 del 18.9.1990 dell'Arcivescovo di Taranto Mons. Benigno Luigi Papa del 31.1.2002, nullità rilevabile d'ufficio dal giudice di prime cure ed eccepita in giudizio dalle altre parti in causa.

Ha chiesto pertanto, in accoglimento dell'appello incidentale: 1) dichiararsi la sussistenza della legale rappresentanza della Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto al solo Parroco e per l'effetto dichiarare la validità della di lui costituzione in giudizio avvenuta con atto depositato il 28.10.2005 a ministero dell'Avv. Dora Nardelli; 2) dichiarare la nullità della costituzione in giudizio, in nome e per conto della Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto, del Vicario ordinario Diocesano Mons. Nicola Di Comite, avvenuta con comparsa di costituzione del 25.10.1990 a ministero dell'Avv. Cosimo Pesce e della successiva costituzione in giudizio, sempre nella dichiarata qualità di legale rappresentante della Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto del medesimo Mons. Di Comite, avvenuta con comparsa di costituzione depositata il 22.10.2004, a ministero dell'Avv. Cesario Di Comite.

Con comparsa del 30.1.2009 si sono costituite l'Arcidiocesi di Taranto in persona dell'Arcivescovo Metropolita di Taranto Mons. Benigno Luigi Papa, la Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto in persona del legale rappresentante Mons. Nicola Di Comite (giusta decreto Arcivescovile di conferma nomina del 31.1.2002), e l'Istituto Interdiocesano per il Sostentamento del Clero delle Diocesi di Taranto e Castellaneta in persona del presidente pro tempore e legale rappresentante Mons. Cosimo Damiano Fonseca, rilevando il giudicato interno sulle questioni preliminari decise dal Tribunale di Taranto, in ordine: alla ritenuta invalidità della costituzione della Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto nella persona del Parroco Padre Francesco Lioi avvenuta il 28.10.2005, per difetto di legittimazione processuale; al difetto di legittimazione attiva della Curia Generalizia della Provincia Napoletana dell'Ordine dei Carmelitani, rilevabile anche d'ufficio per difetto di interesse e per l'assenza di qualsivoglia domanda, anche alternativa, in suo favore.

Nel merito detti appellati hanno contestato gli assunti degli appellanti ed hanno chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l'appello, con conferma della sentenza impugnata.

Precisate le conclusioni dai procuratori delle parti, come rassegnate a verbale dinanzi al G.I. all'udienza del 6.10.2009, all'esito della discussione orale dinanzi al Collegio all'udienza del 3.11.2010 la causa è stata ritenuta in decisione. Va preliminarmente disattesa l'eccezione di formazione del giudicato formulata dalle parti appellate, riguardo alla ritenuta invalidità della costituzione della Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto nella persona del Parroco Padre Francesco Lioi, avvenuta il 28.10.2005.

Sul punto è stato infatti tempestivamente proposto appello incidentale tardivo, essendo stato il giudizio di primo grado introdotto con atto di citazione notificato in data 16.2.1990 ed essendo quindi il giudizio soggetto alle norme precedenti alla entrata in vigore della L. n. 353/90 (in vigore dal 30.4.1995).

Pertanto ai sensi dell'art 343 primo comma cod. proc. civ. ( nella formulazione antecedente alla sua sostituzione ad opera dell'art. 51 della L. m. 353/90) l'appello incidentale può proporsi nella prima comparsa o, in mancanza di costituzione in cancelleria, nella prima udienza, da intendersi come udienza effettiva per la comparizione delle parti (Cass., sent n. 1928/1976).

Peraltro nella fattispecie l'appellante incidentale si è costituito in cancelleria il 29.1.2009, nel termine di cinque giorni prima dell'udienza di comparizione, come previsto dall'art. 166 c.p.c. nella formulazione antecedente alla sua sostituzione ad opera dell'art. 10 della L. n. 353 /90 e dell'art. 1 del D.L. n. 571/94 conv. in L. n. 673/94, in vigore dal 30.4.95, essendo stata l'udienza di trattazione dinanzi al G.I. spostata al 4.2.2009 con decreto ex art. 168 bis co. 5 c.p.c. emesso in data 21.1.2009. Detto appello incidentale va comunque rigettato, in quanto infondato. Nel giudizio di primo grado, notificato l'atto di citazione a mani dell' allora Parroco Minerva Antonio (padre Marcello) il 16.2.90, per l'Ordinario Diocesano di Taranto si è costituito con comparsa del 25.10.90 il suo Vicario Generale pro tempore Mons. Nicola Di Comite a ministero dell'Avv. Cosimo Pesce, costituendosi altresì come legale rappresentante della Parrocchia SS.mo Crocifisso di Taranto, a ciò debitamente delegato. Risultano prodotti il decreto n. 20/90 e 21/90 del 18.9.1990, contenenti la procura generale con cui l'Arcivescovo Metropolita di Taranto delega detto Vicario Generale a stare in giudizio, a proprio nome e nella sua qualità di Arcivescovo pro tempore di Taranto dinanzi ai tribunali civili ed amministrativi dello Stato Italiano nonché quale legale rappresentante della Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto in ordine ai giudizi pendenti dinanzi al TAR di Puglia, al Tribunale Civile di Taranto e presso ogni altra sede giurisdizionale civile e canonica, visto il canone 1279 § 1 c.j.c.

Il Parroco non risulta essersi tempestivamente costituito personalmente dinanzi al Tribunale, nella sua qualità, pur avendo ricevuto ritualmente l'atto di citazione, così manifestando di fatto la propria inerzia.

Con comparsa del 29.9.2004, a ministero del precedente e di nuovo difensore avv. Cesario di Comite, si costituiva per l'Arcidiocesi di Taranto personalmente l'Arcivescovo Metropolita Mons. Benigno Luigi Papa e, per la Parrocchia del SS. Crocifisso, quale legale rappresentante, Mons. Nicola Di Comite, giusta decreto Arcivescovile di conferma nomina del 31.1.2002.

In detto decreto, visto il canone 1279 §1 del c.j.c, l'Arcivescovo confermava il Mons. Di Comite legale rappresentante della Parrocchia del SS. Crocifisso in Taranto ed il giudizio si svolgeva nei confronti di dette parti, come costituite.

Solo con comparsa conclusionale del 28.10.2005 si costituiva per la Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto Padre Francesco Lioi, in religione padre Claudio, quale Parroco e legale rappresentante, a ministero dell'Avv. Dora Nardelli, genericamente eccependo il difetto di qualsiasi potere rappresentativo in capo ai soggetti costituitisi in nome della Parrocchia ed aderendo in toto alle domande degli attori.

Sul punto in sentenza il giudice di prime cure ha rilevato che la potestà amministrativa del parroco (legale rappresentante ed avente l'amministrazione dei beni della Parrocchia, quale Ente Ecclesiastico non collegiale, canonicamente eretto e civilmente riconosciuto e quindi dotato di personalità giuridica) è pur sempre soggetta alla giurisdizione del Vescovo Diocesano, prevedendo il canone 1288 che agli amministratori non è consentito di rappresentare la persona giuridica pubblica nelle liti attive o passive davanti al Tribunale Civile, trattandosi di atti di amministrazione straordinaria, "senza aver ottenuto la licenza del proprio ordinario", Vescovo Diocesano, al quale compete il potere di vigilanza e controllo sull’amministrazione di tutti i beni appartenenti alle persone giuridiche soggette alla sua giurisdizione (canone 1284 § l), sicché difettando nella fattispecie l'autorizzazione della competente autorità ecclesiastica alla lite, pur non incidendo essa sulla legittimazione formale del Parroco ma costituendo detta autorizzazione una condizione di efficacia della costituzione in giudizio del rappresentante legale, si riflette sulla capacità processuale del Parroco e sul suo stesso potere di conferire procura ad litem al nuovo procuratore successivamente costituitosi con comparsa conclusionale depositata il 28.10.2005, essendosi peraltro già costituito per detta Parrocchia il Vicario dell'Ordinario Diocesano di Taranto con espressa e specifica delega Vescovile.

Tale soluzione va condivisa.

Il testo dell'Accordo tra lo Stato Italiano e la Santa Sede, cui è stata data esecuzione nell'ordinamento italiano con la L. 25.3.1985 n. 121, enuncia al comma 5 dell'art. 7 il principio generale che ispira il regime di amministrazione degli enti ecclesiastici nella vigente disciplina, ovverosia che "l'amministrazione dei beni appartenenti agli enti ecclesiastici è soggetta ai controlli previsti dal diritto canonico", esprimendo detta norma il principio di rilevanza civile dei controlli canonici, che è strettamente connessa, nella normativa pattizia, all'obbligo per gli enti ecclesiastici di iscriversi nel registro delle persone giuridiche, ove devono risultare le norme di funzionamento e i poteri degli organi di rappresentanza dell'ente" (art. 5 L. n. 222 del 20.5.1985), sicché attraverso il sistema di pubblicità che mira a tutelare l'affidamento negoziale dei terzi, i controlli canonici entrano a far parte integrante della disciplina o regime civilistico dell'ente ecclesiastico, andando ad incidere sulla validità dei negozi da questi posti in essere, recitando in tal senso l'art 18 della L. n. 222/85 che "ai fini dell'invalidità o inefficacia di negozi giuridici posti in essere da enti ecclesiastici non possono essere opposte a terzi, che non ne fossero a conoscenza, le limitazioni dei poteri di rappresentanza o l'omissione di controlli canonici che non risultino dal codice di diritto canonico o dal registro delle persone giuridiche".

Ne consegue che per gli enti ecclesiastici forma oggetto del regime di opponibilità nei confronti dei terzi non solo quanto risulta, in termini di "limitazione dei poteri di rappresentanza" e di "omissione dei controlli canonici" dal registro delle persone giuridiche ma anche quanto specificamente previsto dal codice di diritto canonico.

La Parrocchia, quale ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, è dotato di personalità giuridica a norma dell'art. 29 della L. n. 222/85, sicché il Parroco ne è legale rappresentante (canone 532) ed è dotato del potere di rappresentanza, anche processuale, fatte salve le fattispecie espressamente previste dal codice di diritto canonico e costituenti limite per l'esercizio di tale potere, ponendosi le persone fisiche nella veste di organi dell'apparato istituzionale della Chiesa, cui spetta la qualità di parte.

Il can.1288 del codice di diritto canonico prevede che "gli amministratori non introducano né contestino una lite davanti al tribunale civile in nome di una persona giuridica pubblica, senza aver ottenuto la licenza scritta del proprio ordinario", trattandosi di un controllo o licenza di carattere generale, applicabile a tutte le persone giuridiche canoniche pubbliche e quindi anche alle Parrocchie, assumendo per le ragioni dette tale autorizzazione rilevanza civile in base alla legislazione pattizia.

La sua mancanza rileva quindi come irregolare costituzione per mancanza del requisito di efficacia della costituzione in giudizio e difetto di legittimazione processuale del Parroco. Quanto alle nuove eccezioni proposte con Tatto di appello, deve innanzitutto rilevarsi che è infondato l'assunto secondo cui per ordinario proprio debba nella fattispecie intendersi il Superiore Maggiore dell'Istituto Religioso dei Padri Carmelitani, competendo al Vescovo Diocesano il potere di vigilanza e controllo sull'amministrazione di tutti i beni appartenenti alle persone giuridiche soggette alla sua giurisdizione, e quindi alla Parrocchia.

Il  Parroco,  per quanto  riguarda l'esercizio della vita pastorale e per gli  aspetti amministrativi della Parrocchia, dipende dall'Ordinario Diocesano, mentre per quanto riguarda la vita interna della Comunità cui appartiene dipende dal suo Superiore. Quanto alla costituzione della Parrocchia nel procedimento dinanzi al TAR, in persona dell’allora Parroco Padre Antonio Minerva, essa attiene al diverso giudizio introdotto con ricorso notificato il 7.2.90 per l'annullamento dei Decreti del Ministro dell'Interno con cui era stata riconosciuta efficacia civile ai decreti del Vescovo di Taranto, senza che sia stata prodotta alcuna autorizzazione e senza che la costituzione in detto giudizio possa far ritenere insussistente l'inerzia del Parroco nel diverso giudizio civile, stante la protratta mancata costituzione di questi, avvenuta solo con comparsa conclusionale. Va altresì dichiarato il difetto di legittimazione attiva della Curia Generalizia dell'Ordine Carmelitano dell'Antica Osservanza, per difetto di interesse ad agire, rilevabile d'ufficio, per l'assenza di qualsivoglia domanda, anche alternativa, in suo favore o con effetti nei suoi confronti, godendo la Curia Provincializia di Bari della Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza di autonomia giuridica. Nel merito l'appello è parzialmente fondato e va accolto per quanto di ragione. Va in primo luogo esaminata, per ragioni di priorità logico-giuridica, la domanda di accertamento della proprietà o del diritto di superficie in capo alla Curia Provincializia di Bari della Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza, come proposta. Nel merito il giudice di prime cure ha rigettato detta domanda di accertamento di esclusiva proprietà dell'immobile formulata da parte attrice in via principale a titolo derivativo, in virtù della scrittura privata del 29.11.1905. Premesso che al Parroco cui viene affidata la Parrocchia (quale ente ecclesiastico canonicamente eretto e civilmente riconosciuto e quindi persona giuridica) spetta sia la legale rappresentanza della Parrocchia che la responsabilità amministrativa della stessa, ma pur sempre sotto il controllo e la vigilanza del Vescovo diocesano, con la conseguenza che tutti gli atti ed i negozi giuridici aventi ad oggetto beni temporali e sottoscritti dal Parroco nell'esercizio, legittimo e conforme ai previsti poteri, avranno immediato effetto nella sfera giuridica dell'ente e non in quella del Parroco pro tempore come persona fisica o nella sfera giuridica dell'istituto religioso di appartenenza dello stesso, il giudice di prime cure ha proceduto innanzitutto alla disamina della natura giuridica dell'atto con cui era stato trasferito il diritto reale sul suolo su cui è sorto il fabbricato oggetto di causa. Ha rilevato che sulla scorta del tenore letterale dell'atto pubblico di "Concessione per pubblica utilità" del 19.2.1900 intervenuto tra l'allora Sindaco del Comune di Taranto ed il Parroco Pro tempore del Santissimo Crocifisso di Taranto, la Parrocchia e non già il Parroco o l'Istituto religioso di appartenenza spirituale del Parroco pro tempore, né la Provincia Napoletana di detto Ordine, sia stata individuata quale beneficiaria della concessione e quindi titolare del relativo diritto sui beni che ne costituivano oggetto. Con detto atto infatti si conveniva la cessione alla nuova Parrocchia del SS. Crocifisso del suolo del demanio comunale di mq.473,55 adiacente alla Chiesa Parrocchiale, per la ritenuta necessità di costruire in adiacenza della Chiesa una casa per il regolare funzionamento ed andamento di tutti i servizi religiosi demandati alla Parrocchia dalla Suprema Autorità Ecclesiastica e per provvedere al soddisfacimento dei bisogni della popolazione inerenti al Culto, sicché il Consiglio Comunale deliberò il 6.12.1899 la concessione del suolo in questione, delibera approvata il 9 febbraio successivo dalla Giunta Provinciale Amministrativa.

Ha rilevato altresì il giudice di prime cure che all'epoca l'Istituto - religioso di appartenenza del Parroco Don Elia Rocco Biscosi (Ordine dei Carmelitani dell'Antica Osservanza) già godeva della personalità giuridica come Ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, essendo pure ipotizzabile che fosse civilmente riconosciuta la Provincia Napoletana dell'Ordine, risultando al contrario dal prodotto contratto di locazione del l°.2.1963, che la "Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza" con sede in Bari, aveva acquisito personalità giuridica in epoca successiva, con R.D. del 16.6.1932, sicché, all'epoca della menzionata concessione già esisteva l'Istituto religioso "Ordine dei Carmelitani dell'Antica Osservanza" al quale, se tale fosse stata la volontà dell'Ente concedente, eventualmente imputare i rapporti giuridici e patrimoniali relativi al suolo in oggetto.

Quanto alla natura giuridica dell'atto di "concessione per pubblica utilità", il giudice di prime cure, anche a prescindere da nomen juris ad esso attribuito, ha ritenuto che se pur assimilabile ad un atto di liberalità per l'elemento della gratuità, non potesse ritenersi atto di donazione, difettando l'animus donandi a causa del prevalente interesse pubblico espressamente individuato in atto, del radicamento sul territorio e del perpetuo asservimento agli interessi di culto della comunità locale, da realizzarsi strumentalmente mediante la costruzione di "una casa per il regolare funzionamento ed andamento di tutti i servizi religiosi demandato alla Parrocchia", costruzione cui il Parroco "si obbligava per sé e per tutti i suoi successori in tale qualità".

Inoltre ha ritenuto che dovesse escludersi la donazione anche in mancanza di accettazione formale da parte del Parroco, mancando al momento dell'atto apposita autorizzazione, non essendo neppure desumibile un'accettazione tacita in mancanza di alcuna espressa riserva di avviare la pratica burocratica volta al conseguimento dell'autorizzazione governativa all'uopo necessaria, sicché il rapporto giuridico regolato con detto atto va ricondotto alla schema della concessione "ad aedificandum", da cui deriva il diritto, costituito in favore della Parrocchia del SS. Crocifisso, di fare e mantenere l'erigenda costruzione sul suolo pubblico concesso in perpetuo, facendo sorgere in capo ad essa un diritto di natura reale, qual'è il diritto di superficie ex art. 952 c.c., in deroga al principio dell'operatività dell'accessione immobiliare in favore del concedente "dominus soli".

Il giudice di prime cure ha accertato che la Parrocchia del SS. Crocifisso fosse stata affidata alle cure pastorali dei Padri Carmelitani da epoca antecedente a detta concessione o quanto meno a far tempo dal 29.11.1905 (data della scrittura privata intercorsa in tale data tra l'Arcivescovo di Taranto Mons. Pietro Iorio ed il Rev.Padre Umberto Driessen, allora Procuratore Generale dell'Ordine Carmelitano, debitamente autorizzato dal Supremo Consiglio dell'Ordine), come peraltro affermato in sede di interrogatorio formale da Mons. Nicola Di Comite, Vicario generale dell'Arcivescovo di Taranto (che colloca tale affidamento all'ultimo decennio del secolo scorso, ovverosia all'anno 1890) e dal teste Mons. Guglielmo Motolese, già Arcivescovo di Taranto all'epoca delle vicende in esame.

Ha ritenuto inoltre che in esercizio di detto ius aedificandi la Parrocchia realizzò tra il 1900 ed il 1905 il preesistente fabbricato adiacente alla Chiesa Parrocchiale del SS. Crocifisso e successivamente realizzò, tra il 1954 (epoca di presentazione del progetto) ed il 1957 (epoca del primo contratto di locazione in favore dell'allora Banca di Roma) il nuovo fabbricato, oggetto della domanda, evincendosi dalla relazione tecnica del 20.4.1954 dell’arch. Michele Giannico ed allegata al "Progetto di edificio in Taranto per casa e opere parrocchiali" presentato dalla Parrocchia SS. Crocifisso di Taranto, che la nuova costruzione oggetto della richiamata relazione avrebbe sostituito la preesistente costruzione.

Da tali circostanze ha argomentato che la titolarità del diritto di superficie perpetua e la proprietà superficiaria sia del preesistente fabbricato che del nuovo fabbricato edificato sul suolo oggetto della concessione, doveva ritenersi legittimamente acquisita alla Parrocchia del SS Crocifisso di Taranto e non già in capo alla Provincia Napoletana dell'Istituto religioso affidatario della stessa, mancando ogni prova dell'acquisto, da parte attrice, della proprietà esclusiva dell'intero o della titolarità del diritto di superficie perpetua sull'immobile o della proprietà separata dell'edificio rispetto al suolo, non potendo all'uopo sopperirsi con la confessione, trattandosi di contratti che hanno per oggetto trasferimento della proprietà immobiliare ed accordi ad esso accessori (Cass 1811/90; n.880/1970), avendo peraltro il soggetto che agisce per l'accertamento della proprietà comunque l'onere di allegare e provare il titolo dei preteso acquisto (Cass. n.7777/2005; 7894/2000) sicché, pur avendo l'attore, come nella specie, il possesso del bene oggetto della domanda di accertamento della proprietà, pur non avendo l'onere di offrire la prova rigorosa richiesta per la rivendicazione, ha in ogni caso l'onere di allegare e provare il titolo del preteso acquisto del diritto di proprietà, perché esercita pur sempre un'azione a contenuto petitorio, diretta al conseguimento di una pronuncia utilizzabile per ottenere la consegna del bene da parte di chi lo possiede o lo detiene (Cass., 1650/94; n. 7894/2000).

Al riguardo ha evidenziato il giudice di prime cure che la stessa scrittura privata del 29.11.1905, da cui parte attrice fa discendere in suo favore l'acquisto del preteso diritto, interpretata ai sensi dell'art.1362 c.c., appare come atto privato di convenzione a contenuto transattivo dei vicendevoli rapporti economici tra l'Istituto religioso dell'Ordine Carmelitano affidatario della Parrocchia e l'Arcidiocesi di Taranto alla data del 31.12.1905 e concernenti sia le "somme finora date da Sua Eccellenza Reverendissima ai P. Carmelitani in vari modi cioè: per la congrua, per la fabbrica della casa e per altra spesa", sia la remissione dell'accertato debito residuo nei confronti dell'Arcidiocesi di allora £. 31.000, espressamente e risolutivamente condizionata (Cass. 5260/83) alla permanenza in Taranto dei "Padri Carmelitani" e non già, quindi come atto di alienazione della proprietà superficiaria del fabbricato edificato sul suolo del demanio comunale, oggetto della concessione, difettando nella fattispecie i requisiti minimi, di forma e di sostanza per attribuire natura reale, a qualunque titolo, a detto atto, prevedendo lo stesso diritto canonico che in ipotesi di straordinaria amministrazione (quale l'alienazione di immobili) siano prescritte speciali autorizzazioni: lo stesso Vescovo Diocesano , che per il suo ministero di Capo della Chiesa particolare ha l’amministrazione dei beni diocesani (can. 391) e che per quanto riguarda le persone giuridiche facenti parte della struttura istituzionale della Diocesi - quale la Parrocchia -ne ha anche l'amministrazione ed. mediata, necessita pur tuttavia di previo Consenso del Consiglio per gli affari economici per disporre dei beni delle persone giuridiche a lui soggette (Can. 1292 § 1). Ha rilevato altresì che quand'anche a detta scrittura privata non autenticata potesse riconoscersi la natura di valido atto di alienazione tra le parti, la cessione avrebbe riguardato il preesistente fabbricato all'epoca realizzato, non già l'edificio oggetto della domanda, pacificamente edificato in epoca successiva, sicché non avendo il perimento (art. 954 co. 3 c.c.) del preesistente fabbricato determinato l'estinzione del diritto di superficie inteso come ius aedificandi (non prevedendolo il titolo: concessione) costituito dal Comune di Taranto sul suolo demaniale in favore della Parrocchia del SS. Crocifìsso (e non già in favore dell'Istituto Religioso Ordine dei Carmelitani dell'Antica Osservanza Provincia Napoletana con sede in Bari), detta Parrocchia, nella qualità di legittimo titolare di tale diritto, risulta aver presentato progetto di ricostruzione ex novo del fabbricato, così acquistandone a titolo originario la proprietà superficiaria in virtù della edificazione stessa.

A tali condivisibili argomenti non risultano contrapposte con l'appello valide argomentazioni di segno contrario, atte ad incrinare il fondamento logico-giuridico della valutazione operata dal giudice di prime cure sul punto.

In primo luogo palesemente infondata è la censura secondo cui sarebbe inutile, ingiusta ed erronea, non avendo alcuna delle parti propugnato tale tesi, l'affermazione incidentale del tribunale secondo cui la cessione effettuata dal Comune di Taranto in favore della Parrocchia del SS. Crocifisso si sostanzierebbe in una concessione ad aedificandum. Infatti l'interpretazione del contratto costituisce attività demandata al giudice di merito, il quale può quindi legittimamente discostarsi dall'interpretazione e dalla prospettazione datane dalle parti, sicché detto potere interpretativo è incensurabile qualora adeguatamente motivato, avendo il giudice il potere-dovere di inquadrare nell'esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che formano oggetto della controversia, lasciando inalterati petitum e causa petendi, non potendo ritenersi che ricorra vizio di extrapetizione allorché la domanda tendente ad ottenere un effetto più ampio possa essere accolta per un effetto minore, come nella fattispecie peraltro espressamente richiesto dalle parti attrici con l’atto di citazione.

Non risulta comunque contestato che l’atto pubblico del 19.2.1900 avesse quale parte destinataria la Parrocchia del SS. Crocifisso (essendo stato stipulato dal Reverendo sacerdote don Elia Rocco Biscosi "'quale Parroco pro tempre del Santissimo Crocifisso di Taranto" avendo detto Parroco rivolto istanza al Comune di Taranto "per la concessione, secondo l'obbligo imposto dalla legge, della occorrente quantità di suolo di proprietà comunale, limitrofo alla Chiesa di Santa Teresa, o S. Giovanni di Dio", sicché il "Consiglio Comunale, per provvedere al soddisfacimento dei sentiti bisogni della popolazione inerenti il Culto, nella tornata del 6 dicembre 1899 deliberò di concedersi, in ossequio alle Leggi in vigore, il suolo richiesto dovendosi tradurre in atto pubblico la deliberazione di cui sopra..." e disponendosi quindi che il Sindaco di Taranto " "cede come sopra" al costituito Parroco il suolo in oggetto, obbligandosi detto Parroco, "per sé e per tutti i suoi successori in tale qualità di costruire sul suolo che all’ uopo si cede un edificio da adibirsi al servizio della Casa Parrocchiale".

Passando ad esaminare le censure mosse alla sentenza circa la natura e gli effetti della scrittura privata del 29.11.1905, intercorsa tra Mons. Pietro Iorio, Arcivescovo di Taranto, e il Rev. Padre Umberto Driessen, Procuratore Generale dell'Ordine Carmelitano, ritiene la Corte che non possa attribuirsi ad essa la natura di un atto di vendita del diritto reale sull'immobile.

In detta scrittura, che effettivamente non può ritenersi formalmente e ritualmente disconosciuta (essendo stata impugnata per la sua ininfluenza ed irrilevanza probatoria ma non venendo contestata la sua conformità all'originale, come specificato dalla difesa di parte avversa all'udienza del 28.12.1990) si stabilisce che "fatti i conti delle somme finora date da Sua Eccellenza Reverendissima ai P.P.Carmelitani in vari modi cioè: per la congrua, per la fabbrica della casa e per altre spese, di comune accordo si determinò che: la congrua si intende soddisfatta fino al 31 dicembre del 1905 e se ne fa ampia quietanza a Sua Eccellenza Reverendissima. Si riconosce il credito di Mons. Arcivescovo in £. 31.000 (diconsi lire trentunomila). Il resto viene donato e condonato a beneficio dei P.P. Carmelitani. La casa avrà il titolo legale di Parrocchia, ma è di assoluta ed esclusiva proprietà dell'Ordine Carmelitano, però se per un'ipotesi qualsiasi i Carmelitani lasciano Taranto sono obbligati a lasciare la casa all'Arcivescovo pro tempore pel prezzo che sarà stimato da un perito di comune accordo, retraendone però £.5000 (diconsi cinquemila) che sono state donate dall'Arcivescovo Mons. Pietro Iorio, le quali rimangano a beneficio della Parrocchia". Si stabilisce inoltre che "La casa ritornata all'Arcivescovo per l'ipotesi di cui all'art. 3° potrà e dovrà essere adibita per la Parrocchia ma con la clausola espressa che finché l'Ordine Carmelitano non vi rinunzia avrà sempre il diritto di riaverla, restituendo però la somma ricevuta qualora tomi in Taranto."

Ora, ogni censura mossa con l'appello al relativo capo dell'impugnata sentenza, appare superata dall'indeterminatezza dell'oggetto della cessione, sicché detta scrittura non può qualificarsi come atto di vendita, né del fabbricato, né del diritto di superfìcie, mancando il trasferimento della proprietà dietro corrispettivo di un prezzo specificato nel suo ammontare e risultando il suo oggetto indeterminato per la mancanza di qualsiasi riferimento catastale ed alla consistenza dell'immobile (stante il generico riferimento alla "casa", sicché non può neppure ritenersi accertato che si tratti dell'intero fabbricato allora esistente, essendo in detto fabbricato ubicati vuoi ambienti destinati al servizio della Parrocchia che ambienti destinati ad accogliere la dimora dei Padri Carmelitani), essendo dato desumere dal contesto dell'atto che, oltre alla ricognizione del debito contratto dai Carmelitani nei confronti del Vescovo, si sia anche in presenza anche di una donazione di somme non meglio specificate.

Né può configurarsi una donazione dell'immobile o del diritto di superficie, per difetto di forma (scrittura privata anziché atto pubblico).

Tanto rende l'atto inidoneo al trasferimento del diritto reale, anche a voler prescindere dal fatto che comunque non ne risulta curata la pubblicità canonica, non risultando dimostrato che sia stato annoverato nell'archivio della Curia Arcivescovile di Taranto né che sia stato tradotto in atto civilmente riconoscibile, con la trascrizione nei RR.II. del Regno e poi della Repubblica Italiana.

Infatti, solo con l'art. 24 della L. del Concordato del dell'I 1.2.1929 (eseguito con L. 27.5.1929 n. 810), si è stabilita l'abolizione dell'exequatur e del regio placet nonché ogni nomina cesarea o regia in materia di provvista dei benefici od uffici ecclesiastici in tutta Italia, salve le eccezioni stabilite nell'art. 29 Lett. g), prevedendosi alla lettera f) dell'art. 29 che "gli atti compiuti finora da enti ecclesiastici o religiosi senza l'osservanza delle leggi civili, potranno essere riconosciuti e regolarizzati dallo Stato Italiano, su domanda dell'Ordinario da presentarsi entro tre anni dall'entrata in vigore del presente Concordato".

Tuttavia, come rilevato dal giudice di prime cure, anche qualora a detto atto potesse giuridicamente riconoscersi la natura di un valido atto di alienazione, la cessione avrebbe riguardato il preesistente fabbricato all'epoca realizzato (costituito, come risulta dalla relazione tecnica allegata al progetto, da uno stabile di tre piani) e non già l'edificio oggetto della domanda, pacificamente realizzato in epoca successiva (e costituito da' piano interrato, piano rialzato e sette piani superiori).

Il perimento del preesistente fabbricato non ha determinato, nella specie, non prevedendolo il titolo, l'estinzione del diritto di superficie, inteso come ius aedificandi, costituito dal Comune di Taranto su suolo demaniale in favore non già dell'Ordine dei Carmelitani ma della Parrocchia del SS. Crocifisso.

A sostegno di tali considerazioni vi è il dato di fatto che proprio la Parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto, quale legittima titolare dello ius aedificandi sul suolo in oggetto, risulta aver presentato il progetto di costruzione ex novo del fabbricato ("progetto di edificio in Taranto per casa e opere parrocchiali''), risultando dall'allegata relazione tecnica del 20.4.54 dell'ardi. Michele Giannico, da cui è dato evincere che la nuova costruzione avrebbe sostituito quella preesistente.

La titolarità del diritto di superfìcie perpetua e la proprietà superficiaria del fabbricato edificato su detto suolo oggetto di concessione, deve quindi ritenersi legittimamente acquisita in capo alla Parrocchia del SS. Crocifìsso, non risultando acquisite prove idonee dell'acquisto della proprietà esclusiva dell'intero immobile, della titolarità del diritto di superficie sull'immobile e della proprietà separata dell'edificio rispetto al suolo da parte della Curia attrice.

Invero, quanto alla costruzione del nuovo fabbricato, deve rilevarsi che sulla scorta delle contraddittorie risultanze processuali, e stante la circostanza che in numerosi atti, anche pubblici, possa essersi verificata una confusione o identificazione tra il Parroco quale rappresentante della Parrocchia e quale soggetto appartenente all'Ordine Religioso dei Carmelitani, a cui la cura di detta Parrocchia era sempre stata affidata, non risulta fornita da parte attrice idonea prova del fatto che la ricostruzione dell'intero fabbricato sia avvenuta a sua cura e spese, non risultando neppure rinvenuto il fascicolo della relativa pratica edilizia né risultando prodotto alcun contratto di appalto, iatture di pagamento di materiali, né pagamenti di corrispettivi per l'esecuzione dell'opera. Si ritengono attendibili, sul punto, in quanto suffragate dalla (sia pur parziale) documentazione acquisita, le dichiarazioni di Mons. Motolese, il quale ha ripercorso le vicende relative all'edificio di via De Cesare n. 37 ed alla sua ricostruzione ad opera della Parrocchia, a cui fu direttamente interessato per aver concesso garanzia personale per la concessione del mutuo, per il conferimento dell'incarico di progettazione, per i contatti con il Comune, per l'espletamento delle pratiche burocratiche e per là scelta dell'impresa Semeraro.

Né tali dichiarazioni possono ritenersi smentite da quanto sullo specifico punto affermato dai testi di parte attrice odierna appellante, i quali non risultano aver preso parte diretta alla specifica vicenda ricostruttiva.

Deve invece ritenersi fondata la domanda diretta ad accertare e dichiarare l'avvenuta usucapione del diritto di proprietà sul fabbricato oggetto di causa, ritenendosi raggiunta la prova dell'ininterrotto possesso utile ad usucapionem, in forza di idonee attività materiali in opposizione al proprietario possessore, ininterrottamente esercitato dalla Provincia Napoletana dei Carmelitani, quanto meno a far data dal 1958, con il compimento di atti conformi alla qualità ed alla destinazione del bene, tali da rivelare sullo stesso una piena signoria in contrapposizione all'inerzia del titolare.

Tanto sulla scorta del complesso delle risultanze processuali acquisite nel presente giudizio, costituite dalle plurime e convergenti risultanze documentali, che hanno trovato riscontro nella prova orale espletata.

Innanzitutto vi sono i numerosi contratti di affitto, da cui risulta che la Provincia Napoletana dell'Antica Osservanza con sede in Bari, in persona del suo legale rappresentante: con contratto trascritto il 7.8.1957 concedeva in affitto al Banco di Roma i locali ai piani scantinato, piano terra, e primo piano della casa sita in Taranto alla Via Giuseppe De Cesare angolo Via SS. Annunziata per la durata di 15 anni, venendo contestualmente pagato l'affitto per tutta la durata della locazione, per l'importo di £.87.190.000, di cui veniva rilasciata quietanza; con contratto del 15.9.1959 concedeva al Comune di Taranto, per un anno, 2 locali siti al 4° piano di Via De Cesare 37, ove era allocato l'Ufficio Tecnico Comunale, da adibirsi a deposito, per il canone di £.10.000 mensili; con contratto del 14.1.1961 con il Comune di Taranto prorogava di tre mesi (fino al 12.6.1960) il contratto n. 1468 del 16.7.1958 registrato il 27.8.1958 al n. 907 e di un mese il predetto contratto del 15.9.1959, stabilendosi l'unico canone di £.13.000 mensili posticipati; con successivo contratto del 5.5.1961 prorogava dall'11.8.1960 al 30.6.1961 il suddetto contratto, alle medesime condizioni; con contratto del 5.8.1961 prorogava il suddetto contratto con il Comune di Taranto per il periodo dall' 11.6.1961 al 31.12.1961, per la locazione del 4° e 5° piano, per il canone di £.130.000 mensili; con contratto del 1°.2.1963 concedeva in locazione al Banco di Roma tre grandi locali ed accessori siti al secondo piano ed a pianterreno, sino al 30.6.1969, per il canone di affitto di £.120.000, con facoltà di rinnovo (ancora negli anni 1971, 1972 e 1973 vi sono missive del conduttore Banco di Roma dirette al legale rappresentante della Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza, inerenti l'immobile concesso in locazione, in cui si chiedono proroghe del contratto di affitto relativi "ai locali di proprietà del Vostro Ordine in Taranto, Via De Cesare angolo Via SS. Annunziata”); con contratto del 5.3.1979 concedeva in locazione alla S.a.s. Gestioni Unificate Servizi i locali al 5° piano per la durata di 3 anni fino al 28.2.1982 con facoltà di rinnovo per il canone di £. 36.000.000, corrisposte in unica soluzione alla firma del contratto; con nota del 24.2.89 risulta altresì che detta società ha corrisposto al locatore il canone relativo al periodo 1.3.1989 al 28.2.1990, con assegno circolare di £. 28.224.000; con contratto del 13.7.1982 concedeva in locazione all'Istituto Bancario San Paolo di Torino le unità immobiliari ubicate al piano sotterraneo, pianterreno, primo e secondo piano, per la durata di sei anni, fino al 1988, per il canone annuo, da pagarsi a semestri anticipati, di £. 120.000.000 per il primo anno, di £. 160.000.000 per il secondo anno e di £. 200.000.000 per il terzo anno, con incrementi successivi degli aggiornamenti di legge, essendo ancora in corso il contratto di locazione alla data della CTU, espletata nell'anno 2005.

Il 17.10.1957  risulta rilasciata certificazione dal Prefetto della Provincia di Taranto (soggetto cui era devoluta la competenza in materia di benefici ecclesiastici per il tramite delle apposite Divisioni Culti), in cui si attesta che l'edificio sito in Taranto alla Via De Cesare angolo Piazza SS. Annunziata, "nel quale alloggiano la Comunità religiosa dei PP. Carmelitani addetta al servizio della Parrocchia ed il Vicario Parrocchiale sopra indicato ed in cui ha sede la locale filiale del Banco di Roma, non è bene appartenente ai benefici ecclesiastici esistenti nella Parrocchia del SS. Crocifisso".

In data 21.1.1963 la Provincia Napoletana dei Padri Carmelitani con sede in Bari. procedeva all'intestazione catastale a proprio nome del fabbricato di Via De Cesare n. 37 e nelle dichiarazioni allegate risultano attestate le dichiarazioni dei redditi nell'interesse di detta Provincia Napoletana, ove sono denunciati anche i redditi rivenienti dai fabbricati di Via De Cesare n. 37 in Taranto, dall'anno 1974 all'anno 1984, nonché e quietanza di versamento ICI relativa all'anno 1983.

Nell'anno 1985 la Curia Provincializia di Bari della Provincia Napoletana agiva in giudizio dinanzi al Pretore di Taranto, in qualità di proprietaria, per il rilascio di unità immobiliari site al 4° piano dello stabile in oggetto, concesse in comodato gratuito nell'anno 1957 all'Azione Diocesana di Taranto, ottenendone il rilascio con sentenza del 26.11.986 (da cui risulta che la Curia Provincializia, nell'anno 1957, aveva concesso in comodato gratuito all'Azione Cattolica Diocesana di Taranto le unità immobiliari di sua asserita proprietà, site al quarto piano dello stabile di Via De Cesare n. 37, avendo nell'anno 1963 la comodataria rilasciato solo parte di dette unità immobiliari ma non le rimanenti, avendo l'Azione Cattolica Diocesana resistito in quel giudizio affermando che occupava gli immobili per disposizione dell'Ordinario Diocesano di Taranto ed avendo il Pretore accertato la disponibilità dell'immobile in capo alla comodante, e per converso, non provato l'assunto che detto immobile fosse nella disponibilità dell'Ordinario Diocesano, così accogliendo la domanda della Curia Provincializia, dichiarando risolto il rapporto di comodato ed ordinando il rilascio dell'immobile), venendo detta sentenza confermata dal Tribunale di Taranto, investito dell'appello, con sentenza del 13.5.1989.

Non risulta che la Diocesi, eventualmente costituendosi in quel giudizio, abbia tempestivamente e significativamente agito per riaffermare il proprio diritto di proprietà sull'immobile in oggetto.

Le pretese avanzate in qualità di proprietari dai Padri Carmelitani sugli immobili oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Pretore di Taranto risultano peraltro affermate anche nelle missive del 20.7.1961 e del 18.4.1963, indirizzate dal Priore Provinciale dei Carmelitani padre Giuseppe Bifaro a Mons. Guglielmo Motolese, a cui seguiva missiva del 30.4.1963, indirizzata al Padre Provinciale dei Carmelitani, con cui l'Arcivescovo mons. Guglielmo Motolese, nel ricordare che per l'edificazione del nuovo edificio aveva offerto personale garanzia, ricevendo in cambio la garanzia che avrebbe avuto per l'azione Cattolica Diocesana l'uso di un piano del palazzo (cosa che avvenne, anche se gli furono sottratte due camere), esprimeva il proprio rammarico in quanto gli era stato richiesto il rilascio di altre due camere ed era stato posto un termine all'uso del quarto piano, dicendosi tuttavia contrario ad ogni forma di contestazione e dando assicurazione di aver disposto la consegna delle due stanze richieste, affermando altresì che i restanti ambienti del 4° piano sarebbero stati rilasciati allorché avesse potuto provvedere diversamente alla Sede dell'Azione Cattolica.

A conferma della manifestazione anche dell'animus possidendi dell'immobile da parte della Curia Provincializia, non adeguatamente contrastato con idonei atti interruttivi dall'Ordinario Diocesano e dai Superiori gerarchici, vi è altresì l'affermazione, contenuta a pag. 13 del ricorso in appello dinanzi al Consiglio di Stato, proposto dall'I.I.S.C. delle Diocesi di Taranto e Castellaneta, dell'Ordinario Diocesano per l'Arcidiocesi di Taranto (anche nella qualità di legale rappresentante della Parrocchia SS. Crocifisso), in cui si afferma che già con lettera dell'8.7.1953 il Padre Provinciale dei Carmelitani aveva chiesto all'Arcivescovo di Taranto di addivenire alla stipulazione di un rettificatorio atto notarile, dato "il possesso pacifico e legittimo ed ininterrotto dell'immobile da oltre 50 anni (da parte) della Provincia Napoletana dei Carmelitano dell'Antica Osservanza", richiesta che non ebbe alcun seguito.

Invero, come affermato da Mons. Nicola Di Comite nel corso del proprio interrogatorio formale in data 3.12.1993, la Parrocchia del SS. Crocifisso era stata sempre retta sin dall'ultimo decennio del secolo precedente da un padre Carmelitano che conviveva, con altri confratelli, nella medesima Casa (convento). Egli ha pertanto precisato, con riferimento alle parti date in locazione, che per la Curia Arcivescovile la locazione doveva essere concessa dalla Parrocchia, affermando di non sapere se fosse invece avvenuto diversamente, con ciò denotando una inerzia nel potere di controllo e di tutela dei diritti della Diocesi.

Invero Mons. Guglielmo Motolese, ascoltato come teste, ripercorrendo le vicende relative all'edificio di via De Cesare n. 37 ed alla sua ricostruzione ad opera della Parrocchia (a cui fu direttamente interessato per aver concesso garanzia personale per la concessione del mutuo, per il conferimento dell'incarico di progettazione, per i contatti con il Comune per l'espletamento delle pratiche burocratiche e per la scelta dell'impresa Semeraro), ha affermato che l'Arcidiocesi non concesse mai autorizzazione per legittimare la rappresentanza ad enti, istituzioni o persone diverse dal Parroco, potendo essere accaduto che per singoli atti fosse stato delegato un padre carmelitano, ma sempre per conto della Parrocchia. Pur negando che nel corso degli anni l'immobile fosse stato posseduto dalla Curia attrice, Mons. Motolese ha tuttavia dichiarato che nel 1958, allorché vi fu una visita pastorale, il Vicario Generale Mons. Zappimbulzo chiese il rendiconto di tutta la gestione alla Parrocchia, ma in quel momento i Padri Carmelitani dissero di non dover rendere conto della gestione alla Diocesi, avendo egli chiarito in successivi incontri con i Superiori Provinciali che la proprietà dell'immobile era della Parrocchia, a cui sarebbe rimasta in caso di allontanamento da Taranto dei Padri Carmelitani. Le predette risultanze, già di per sé bastevoli, trovano conferma, per quanto attiene all'esercizio del possesso ad usucapionem da parte della Provincia Napoletana, nelle dichiarazioni di numerosi testi di parte attrice, appartenenti all'Ordine Carmelitano, i quali hanno affermato che i Padri carmelitani hanno sempre posseduto l'intero stabile, godendo in maniera piena ed esclusiva dell'immobile, riscuotendone i canoni di locazione, concedendone alcune porzioni in comodato e sostenendo tutte le spese relative all’amministrazione dello stabile in via esclusiva, provvedendo ai pagamenti relativi alle imposte ed alle tasse di detto stabile. In particolare Padre Pagliara, avendo di ciò avuta contezza diretta per ragioni del suo ufficio di Superiore Provinciale della Curia Provincializia di Bari, ha altresì negato che in relazione al contenzioso relativo alla proprietà dell'edificio la Curia arcivescovile si sia rivolta al Parroco della Parrocchia del SS. Crocifisso, avendo sempre interloquito con la Curia Provinciale dei Carmelitani.

Le dichiarazioni dei testi di parte attrice, inerenti l'esercizio del pieno possesso del bene e lo sfruttamento dello stesso da parte dei Padri Carmelitani e non del Parroco per conto della diocesi, trovano quindi riscontro nel complesso della documentazione in atti: la stipula di numerosi contratti di locazione sin dal 1957 direttamente con la Provincia Napoletana che ne percepiva i canoni, la concessione in comodato da parte della Provincia Napoletana allo stesso Vescovo Diocesano (e per lui all'Azione Cattolica) dei locali al 2° piano e la pretesa di restituzione fatta valere infine in via giudiziale, l'acquisizione nel 1957 della certificazione dal Prefetto, il rifiuto dall'anno 1958 dei Padri Carmelitani di rendere il conto della gestione al Vescovo ed infine l'iscrizione della proprietà presso i registri catastali nell'anno 1963, costituiscono nei loro complesso elementi indiziari univoci e concordanti dell'esercizio del pieno ed esclusivo possesso uti dominus sul fabbricato in oggetto.

Può quindi affermarsi, che quanto meno dall'anno 1958 risulta posto in essere un comportamento  materiale, continuo  ed  interrotto,  attuato  sulla res,  accompagnato dall'intenzione resa palese all'esterno, di esercitare in via esclusiva sul bene una signoria di  fatto corrispondente al diritto di  proprietà sul  fabbricato e, nella fattispecie, incompatibile con il compossesso altrui, con la conseguente applicabilità del termine ventennale che, nella fattispecie, si è realizzato nell'anno 1978, ovverosia in epoca antecedente alla ricognizione operata con decreto vescovile.

Invero, a fronte della stipula di redditizi contratti di locazione (anche trascritti) direttamente dalla Provincia Napoletana, che non risulta a ciò delegata dall'Arcidiocesi ed essendo pacifico che, quanto meno dall'anno 1958, i Padri Carmelitani avevano chiaramente manifestato di voler esercitare il possesso del bene uti domini in via esclusiva, senza rendere alcun conto della gestione e conseguentemente facendo propri gli utili e sostenendo le spese (a differenza di quanto in precedenza verificatosi: si vedano bilanci degli anni 1940, 1944 e 1945, attestanti l'esborso di somme, tra le uscite, per la voce "imposte e tasse fabbricati" oppure "fondiaria" e l'esborso di somme per la manutenzione della casa e della Chiesa parrocchiale), non vi è prova agli atti del presente giudizio che alcun atto idoneo ad interrompere l'esercizio del pieno possesso da parte dei Padri Carmelitani sia stato posto in essere da parte degli organi preposti della Curia Arcivescovile, non potendo peraltro ritenersi che l'uso prolungato nel tempo e l'esercizio sistematico e reiterato di un potere di fatto sulla cosa, come avvenuto nella fattispecie, siano compatibili con la mera tolleranza.

Non può neppure ritenersi che i convenuti abbiano fornito la prova che il possesso sia stato acquisito in modo violento, non potendosi certo ravvisare la violenza di cui all'art 1163 c.c. negli atti sopra elencati.

Non vi è dubbio che il Parroco eserciti la sua funzione pastorale e curi gli aspetti amministrativi della Parrocchia alle dipendenze dell'Ordinario Diocesano e per quanto riguarda la vita interna della comunità di appartenenza dipenda dal proprio Superiore, ma è tuttavia incontrovertibile che nella fattispecie i Padri Carmelitani, anche e proprio a mezzo del Parroco appartenente al loro Ordine, rifiutarono di rendere il conto della gestione e si comportarono come proprietari del bene, stipulando sin dal 1957 direttamente contratti di locazione, percependone i frutti e manifestando all'esterno tale loro pretesa, non risultando provato che, quanto meno dopo l'anno 1958, sia stato esercitato alcun valido atto interruttivo da parte dei responsabili della Diocesi (vigendo la presunzione, posta dall'art. 1142 cod. civ., della continuità del possesso, con conseguente inversione dell'onere della prova: Cass., ord. n. 17322/2010), ai quali non poteva certo sfuggire che lo sfruttamento economico del fabbricato avveniva direttamente da parte dei Padri Carmelitani e non del Parroco, risultando peraltro ciò confermato dal contenuto delle citate missive intercorse tra il 1961 ed il 1963 tra i Padri Carmelitani e l'Arcivescovo Mons. Motolese e dalla richiesta di rendiconto avanzata nel 1958 dal Vicario Generale Mons. Zappimbulzo.

Né può bastare, ai fini del rigetto della domanda, una generica opposizione che non sia concretizzata in atti validi a fini interruttivi. Infatti, per un verso, il precetto contenuto nell'art. 1165 cod. civ., sull'applicabilità all'usucapione delle disposizioni relative alle cause di interruzione della prescrizione estintiva, ha come limite la compatibilità di queste con la natura di quella, e, in particolare, comporta che la prescrizione acquisitiva può essere interrotta solo da atti giudiziali di cognizione o da atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa ovvero di conservazione od esecuzione, ma non anche da atti di diffida e di costituzione in mora, non configurabili in difetto di un debitore, in quanto può esercitarsi il possesso anche in aperto contrasto con la volontà del titolare del diritto reale (Cass., Sez. U, Sent. n.1016/1980; Cass., sent. n.4427/1986; n.3716/1990; n. 14917/2001; n. 9845/2003) e, per altro verso, il requisito della pacificità del possesso medesimo, non può essere escluso per la sola circostanza che il preteso titolare del diritto manifesti una volontà contraria all'altrui possesso, trattandosi di elemento rilevante al diverso fine di evidenziare la mala fede del possessore, con la conseguente applicabilità del termine ventennale (Cass. Sez.U, Sent. n. 2088/1990).

Infine, per il disposto dell'art. 1165 cod. civ., ai fini dell'interruzione del decorso del termine utile per l'usucapione, devono altresì ritenersi inidonei quegli atti dispositivi del proprietario che non siano diretti al recupero del possesso, tanto nel caso in cui siano del tutto ignorati dal possessore, quanto nel caso in cui gli siano a qualsiasi titoli notificati o comunicati, non potendo nessuna rilevanza assumere ai fini della decisione sulla domanda di accertamento dell'avvenuta usucapione neppure gli atti di costituzione di ipoteche compiuti dal proprietario del bene, non comportando questi alcun trasferimento dello "ius possessionis" che il possessore continua ad esercitare. (Cass., Sent. n. 14733/2000).

Ne discende che nella fattispecie in oggetto deve ritenersi acquisito per usucapione il diritto di proprietà del fabbricato di Via De Cesare n. 37, in capo alla Curia Provincializia attrice, per il possesso ininterrotto dall'anno 1958 all'anno 1978. Tanto accertato, passando ad esaminare le ulteriori connesse domande proposte da parte attrice odierna appellante ai punti 3 e 4 dell'atto di citazione, non è superfluo ripercorrere la vicenda richiamando le leggi ed i provvedimenti canonici ed amministrativi che ne hanno regolato l'attuazione.

Con legge 25.3.1985 n.121 si è ratificato e si è data esecuzione all'accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18.2.1984, che apporta modificazioni al Concordato Lateranense del'11.2.1929 fra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, disciplinandosi all'art 7 la conservazione o l'acquisto della personalità giuridica degli enti ecclesiastici e l'amministrazione dei beni appartenenti a detti enti, prevedendosi l'istituzione di una Commissione Paritetica per la formulazione delle norme da sottoporre all'approvazione delle parti firmatarie dell'accordo per la disciplina di tutta la materia degli enti e beni ecclesiastici.

Con L. n. 222 del 20.5.1985 sono state emanate disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi (legge preceduta dalla L. 20.5.1985 n. 206, di ratifica ed esecuzione del protocollo firmato a Roma il 15.11.984, che approva le norme per la disciplina della materia degli enti e beni ecclesiastici formulate dalla Commissione paritetica) e sono state emesse le norme che disciplinano il riconoscimento della personalità giuridica agli effetti civili, per gli enti  ecclesiastici, prevedendosi l'erezione, entro il 30.9.1986, con decreto del Vescovo Diocesano, dell'Istituto per il sostentamento del clero, e dell'Istituto Centrale per il sostentamento del Clero ad opera della Conferenza Episcopale Italiana (enti che acquistano la personalità giuridica civile dalla pubblicazione sulla G.U. del decreto del Ministro dell'Interno, che conferisce ad essi la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto), prevedendosi (art.28) che con il decreto di erezione di ciascun istituto siano contestualmente estinti la mensa vescovile, i benefici capitolari, parrocchiali, vicariali curati o comunque denominati, esistenti nella diocesi, ed i loro patrimoni trasferiti di diritto air istituto stesso, restando estinti i diritti attribuiti ai beneficiari dal codice di diritto canonico del 1917, dovendo con il medesimo decreto canonico di erezione o con decreto integrativo essere elencati i benefici estinti. Il riconoscimento civile di tali provvedimenti canonici avviene poi con Decreto Ministeriale (con le modalità e termini previsti dall'art. 22), succedendo l'Istituto ai benefici estinti in tutti i rapporti attivi e passivi.

A norma dell'art. 29 u.c. con provvedimenti del Vescovo Diocesano gli edifici di culto, gli episcopi, le case canoniche, gli immobili adibiti ad attività educative o caritative o ad altre attività pastorali, i beni destinati all'adempimento di oneri di culto e ogni altro bene o attività che non fa parte della dote redditizia del beneficio, trasferiti all'Istituto a norma dell'art.28, sono individuati e assegnati a diocesi, parrocchie e capitoli non soppressi. Ai sensi dell'art.31, le trascrizioni e le volture catastali relative ai trasferimenti previsti dagli art. 28 e 30 (prevedendo quest'ultimo articolo che con l'acquisto da parte della Parrocchia della personalità giuridica si estingue, ove esistente, la personalità giuridica della Chiesa parrocchiale e il suo patrimonio è trasferito di diritto alla parrocchia) avvengono sulla base dei decreti ministeriali senza necessità di ulteriori atti o documentazioni.

Risulta dalla documentazione acquisita che con decreto del 25.10.1985 i Vescovi Diocesani di Taranto e Castellaneta hanno eretto canonicamente, nelle proprie Diocesi, l’Istituto Interdiocesano per il sostentamento del Clero avente sede in Taranto, a cui con decreto del Ministro dell'Interno del 20.12.1985 è stata conferita la qualifica di Ente Ecclesiastico civilmente riconosciuto, stabilendosi che dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (S.O. n. 4 del 7.1.1986) le mense vescovili ed i benefici esistenti nelle diocesi perdono la personalità giuridica civile, costituendo i benefici estinti il patrimonio dell'I.I.S.C., ai quali l'Ente succede in tutti i rapporti attivi e passivi. In detto decreto si stabilisce altresì che con successivo decreto "sarà riconosciuto agli effetti civili il provvedimento canonico che elencherà detti benefici".

Con decreto 13 maggio 1986 il Vescovo Diocesano di Taranto ha elencato i benefici esistenti nella diocesi ed estintisi e con decreto del 25.6.1986 il Ministro dell'Interno ha riconosciuto efficacia civile a detto decreto, riportando nell'elenco, al n. 33, il beneficio parrocchiale del SS. Crocifisso, con sede in Taranto, Via De Cesare 37. In data 11.12.1989, su richiesta dell’I.I.S.C. è stato trascritto dal Conservatore dei RR.II. di Taranto ( al n. 24097 d'ordine e n. 19361 particolare) contro il Beneficio Parrocchiale del SS.Crocifisso con sede in Taranto alla Via De Cesare, il Decreto del Ministro dell'Interno del 20.12.1985 giusta decreto ministeriale del 25.6.1986 con allegato elenco, tra cui il Fabbricato sito in Taranto alla via De Cesare n.37 riportato al NCEU alla partita 32618 "catastalmente ed erroneamente in ditta Provincia Napoletana dei Padri Carmelitani con sede in Bari, ma realmente ed effettivamente di proprietà della Parrocchia SS. Crocifisso di Taranto" di cui al fg. 319, p.lla 2431 sub 1 Via De Cesare n. 37 piano S1, terra e primo, cat B/5 RC = 30.400 (uffici pubblici); fg. 319 partila 2431 sub 2 Via De Cesare n. 37 piano S1, terra, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo cat. B/1 classe 3 mc. 6944 RC = 17360 (locali di Ministero pastorale); fg. 319 particella 2431 sub 3 Via De Cesare n. 37, non ancora classificata perché di recente accatastamento eseguito il 4/10/1986 con nota di variazione n. ro 5226/86 (abitazione).

Con decreto n. 63 in data 31.10.1989 l'Arcivescovo della Arcidiocesi di Taranto Mons. De Giorgi, ritenuto che i beni immobili già trasferiti all’I.I.S.C, in quanto appartenenti agli enti mensa arcivescovile ed i benefici comunque denominati esistenti della Diocesi di Taranto rientrino tra i beni previsti dalla disposizione dell'art. 29 comma quarto della legge 222/1985, ha individuato gli immobili consistenti in:"Vecchio fabbricato adibito a chiesa parrocchiale, posto in Taranto in Piazza SS. Annunziata, riportato al N.C.E.U. alla partita 3500 in ditta luoghi sacri pubblici foglio 319/L particella 5 sub l , piazza SS. Annunziata 0-2 p.t. cat E/7 RC=D" nonché l'immobile in oggetto, quale "Parte del fabbricato adibito a ministero pastorale e abitazione dei sacerdoti addetti alla Parrocchia sito in Taranto alla Via De Cesare 37, riportato al N.C.E.U. alla partita di maggiore consistenza 32618 in ditta provincia napoletana dei Padri carmelitani con sede in Bari (per errata intestazione) foglio 319 particella 2431 sub 5 Via De Cesare 37 piani 2-3-6- e 7 cat B/l classe 3° senza rendita catastale perché di recente dichiarazione eseguita con mod. D (C.E.U.) per frazionamento, registrato con mod.97 n.ro 5612 in data 22/12/1989. Un terzo indiviso delle scale esistenti nell'intero fabbricato individuato al N.C.E.U. con il  foglio 319 particella 2431 subalterni 1-2-3-4-5-6 ed un terzo indiviso della scala a piano terra e della parte a piano cantinato, individuata al N.C.E.U. col foglio 319 particella 2431 sub 4 Via De Cesare 37 p.t.+ S1 come da denuncia di variazione presentata all'U.T.E. di Taranto il 22/12/1989 con mod. 97 n.ro 5612", stabilendo che "I predetti beni, già trasferiti all'Istituto Interdiocesano per il sostentamento del clero delle Diocesi di Taranto e Castellaneta, col presente decreto, che ha efficacia a partire da 01/01/1989, sono assegnati a: "Provincia di Taranto, Comune di Taranto, PARROCCHIA SS. CROCIFISSO con sede in Taranto, ente ecclesiastico riconosciuto con decreto del Ministro dell'Interno in data 28 giugno 1986 n.71, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in data 11 luglio 1986 n. 159. C) Il legale rappresentante della predetta Parrocchia provvederà a richiedere le trascrizioni del presente Nostro decreto nei registri immobiliari".

Come da nota del 10.1.1990 inviata dall'Arcivescovo al Parroco della Parrocchia del SS. Crocifisso, per il suddetto decreto di ritrasferimento è stata richiesta dallo stesso Arcivescovo la trascrizione presso la conservatoria dei RR.II. di Taranto, giusta formalità eseguita il 27 dicembre 1989 prot. N. 25493 di ordine e n. 20622 particolare. Vi è poi la trascrizione in data 27.12.1989 al n.25494 d'ordine e n.20623 particolare, a favore dell'Ente Ecclesiastico civilmente riconosciuto denominato Arcidiocesi di Taranto con sede in Taranto e contro l'Istituto Interdiocesano per il sostentamento del Clero della Diocesi di Taranto e Castellaneta con sede in Taranto, relativa al decreto del Vescovo della Diocesi di Taranto in data 31.10.1989 n.70 con il quale, ai sensi dell'art. 29 comma quarto della legge 20 maggio 1985 n. 222 sono individuati ed assegnati i beni all'Arcidiocesi di Taranto con sede in Taranto, tra cui "Parte del fabbricato adibito al ministero pastorale e locali di azione cattolica sito in Taranto alla Via De Cesare 37, riportato al N.C.E.U. alla partita di maggiore consistenza 32618 in ditta provincia napoletana dei Padri Carmelitani con sede in Bari (per errata intestazione) foglio 319 particella 2431 sub 6 via De Cesare 37 piano quarto e quinto cat. B/l classe 3° senza rendita catastale perché di recente dichiarazione eseguita con mod. D (C.E.U.) registrato con mod.97 n.ro 5612 in data 22/12/1989. Un terzo indiviso delle scale esistenti nell'intero fabbricato individuato al N.C.E.U. con il foglio 319 particella 2431 subalterni 1-2-3-4-5-6. Ed un terzo indiviso della scala a piano terra e della parte a piano cantinato, individuata al N.C.E.U. col foglio 319 particella 2431 sub 4 via De Cesare 37 p.t.* S1 come da denuncia di variazione presentata all'U.T.E. di Taranto il 22/12/1989 con mod. 97 n.ro 5612. Foglio 319 particella 2431 sub 3 via De Cesare 37.

Detta unità immobiliare è priva di rendita catastale perché nuova costruzione dichiarata il 4/10/1986 con nota di variazione n. 5226/86".

Della questione la Curia Generalizia dell'Ordine Carmelitano dell'Antica Osservanza con sede in Roma e la Curia Provincializia di Bari della Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza hanno investito il TAR Puglia con ricorso del 30 gennaio 1990, contro il Ministro degli Interni, l'Ordinario Diocesano per le Diocesi di Taranto e Castellaneta in persona dell'Arcivescovo, l'I.I.S.C. delle Diocesi di Taranto e Castellaneta nonché la Parrocchia SS. Crocifisso di Taranto, chiedendo l'annullamento del Decreto del Ministro dell'Interno datato 25.6.1986, con cui era stata riconosciuta efficacia civile al decreto del Vescovo di Taranto datato 13.5.1986 di elencazione dei benefici estinti della diocesi di Taranto nonché del Decreto del Ministro dell'Interno del 20/12/1985 pubblicato sulla G.U. del 7.1.86, con cui è stata riconosciuta efficacia civile al decreto del Vescovo della Diocesi di Taranto del 25.10.1985 di estinzione degli enti ecclesiastici e, per quanto di ragione, di ogni altro atto presupposto conseguente e successivo, comunque connesso, non escluso l'atto relativo al decreto vescovile di ritrasferimento di parte di detti beni alla Parrocchia SS. Crocifisso di Taranto, affermandosi proprietaria esclusiva dell'intero complesso immobiliare sito in Taranto alla Via De Cesare n. 37.

Detto procedimento amministrativo, diretto all'annullamento dei decreti ministeriali, non risulta definito, ma l'accertata proprietà a titolo originario del bene, in capo alla Provincia Napoletana, in epoca antecedente ai decreti canonici, a cui con i decreti impugnati sono stati riconosciuti effetti civili, comporta l'accertamento dell'illegittimità di detti decreti e dei decreti vescovili ad essi strettamente connessi, sia pure esclusivamente in via incidentale e limitata al presente giudizio, in quanto lesivi del diritto soggettivo di proprietà riconosciuto in capo all'odierna appellante con l'usucapione, dovendo conseguentemente detti atti amministrativi disapplicarsi in virtù delle disposizioni di cui agli artt. 4 e 5 L. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E, dovendosi tuttavia escludere che questa A.G. possa annullare, revocare o modificare detti atti amministrativi e le conseguenti trascrizioni che ne costituiscono il fondamento.

La riscontrata illegittimità si basa sulla erronea qualificazione del complesso immobiliare di Via De Cesare n.37 come beneficio ecclesiastico parrocchiale da parte dell'Autorità Diocesana (che invero non risulta neppure aver provato la natura beneficiale parrocchiale, peraltro smentita in atti dall'attestazione del Prefetto, dovendo intendersi, per "beneficio ecclesiastico", secondo la definizione di cui al canone 1409 del codice di diritto canonico del 1917, la "persona giuridica ecclesiastica non collegiale" nella quale siano presenti tutti gli indispensabili elementi della "dote" - un patrimonio autonomo-, dell’“officium"- la destinazione perpetua del patrimonio al mantenimento del titolare "pro tempore" di un determinato ufficio sacro - e dell’"erezione canonica in persona giuridica": Cass., sent. n. 381/2006) e comunque risultando adottati i provvedimenti impugnati dinanzi al TAR allorché la proprietà di detto bene era già passata in capo alla Provincia napoletana per intervenuta usucapione, mancando quindi i requisiti ed i presupposti previsti dagli artt.28 e 29 della legge n.222/1985 per trasferire detti beni all’'I.I.S.C. e, successivamente, per ritrasferirne una parte ai sensi dell'art. 29 u.c. della citata legge.

Considerata la natura meramente incidentale, in questa sede, dell'accertamento dell'illegittimità degli atti amministrativi ai soli fini della disapplicazione e non costituendo quindi la declaratoria di nullità di detti atti oggetto del presente giudizio, alcuna pronuncia può esservi sulla consequenziale nullità della loro trascrizione e della trascrizione degli atti ad essi connessi, dovendo invece essere disposta la trascrizione della presente sentenza a fini di pubblicità ai sensi dell'art. 2651 cc.

Deve peraltro ritenersi, in tema di trascrizione, che il conflitto fra l'acquirente a titolo derivativo e quello per usucapione è sempre risolto, nel regime ordinario del cod. civ., a favore del secondo, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l'usucapione e dall'anteriorità della trascrizione di essa o della relativa domanda rispetto alla trascrizione dell'acquisto a titolo derivativo, atteso che il principio della continuità delle trascrizioni, dettato dall'art. 2644 cod. civ., con riferimento agli atti indicati nell'art. 2643 cod. civ., non risolve il conflitto tra acquisto a titolo derivativo ed acquisto a titolo originario, ma unicamente tra più acquisti a titolo derivativo dal medesimo dante causa (Cass., Sent. n. 2161/2005).

La natura della controversia nonché la particolarità e la complessità delle questioni esaminate, induce a ravvisare giusti motivi di integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando nella causa fra le parti di cui in epigrafe, ogni altra istanza, domanda ed eccezione disattesa, dichiarato il difetto di legittimazione ad agire della Curia Generalizia dell'Ordine Carmelitano dell'Antica Osservanza con sede in Roma, accoglie per quanto di ragione l'appello proposto dalla Curia Provincializia di Bari della Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza e, in riforma della sentenza del Tribunale di Taranto - Prima Sezione Stralcio n.539 del 26.4.2007, che nel resto  conferma, in accoglimento della domanda in tal senso formulata dalla Curia Provincializia di Bari della Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza con atto di citazione notificato in data 16.2.1990, così provvede:

  1. dichiara che la proprietà del fabbricato sito in Taranto alla Via De Cesare n. 37 e riportato al N.C.E.U. del Comune di Taranto alla partita n. 32618 foglio 319, particella 2431 sub 1-2-3-4-5-6-7 è stata acquisita per usucapione dalla Curia Provincializia di Bari della Provincia Napoletana dei Carmelitani dell'Antica Osservanza;
  2. ordina al competente Conservatore dei Registri Immobiliari di trascrivere la presente sentenza, con esonero da ogni responsabilità;
  3. rigetta l'appello incidentale proposto dalla Parrocchia del SS. Crocifìsso di Taranto in persona del Parroco Padre Ronzini Enrico Maria Stelio;
  4. dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Taranto nella camera di consiglio del 21 gennaio 2011

Il Cons. est.                                                                             Il Presidente

F.to L.  Colella                                                       F.to Riccardo Alessandrino

 

DEPOSITATA IN CANCELLERIA

  IN DATA 30 SETTEMBRE 2011

 

Autore/Fonte: www.giustizia-amministrativa.it AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI)   

 

 


Autore / Fonte: WWW.STUDIONARDELLI.IT

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