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17 APRILE 2015 - IL CONSIGLIO DI STATO CONFERMA SMALDONE AL POSTO DELLA DIGERONIMO
17 APRILE 2015 - IL CONSIGLIO DI STATO CONFERMA SMALDONE AL POSTO DELLA DIGERONIMO

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO - BARI

Consiglio di Stato : Digeronimo fuori  da Comune di Bari

BARI - Desirée Digeronimo, il magistrato che ha partecipato alla competizione elettorale delle scorse amministrative resterà fuori dal consiglio comunale di Bari: lo ha deciso questa mattina la quinta sezione del Consiglio di stato che ha pubblicato la sentenza (1982/2015) con la quale è stato respinto il ricorso del pm confermando così la sentenza del Tar Puglia che aveva sancito la sua uscita dal consiglio comunale ha militato per qualche mese. La Digeronimo è stata condannata a pagare anche 2mila euro di spese. Resta dunque confermato il seggio attribuito dal Tar mesi fa all'avvocato Gianlucio Smaldone (lista Schittulli), subentrato al posto del magistrato.
 A novembre scorso, ricordiamo, i giudici amministrativi baresi dichiararono la decadenza di Desirée Digeronimo accogliendo la tesi difensiva di Smaldone - assistitito dall'avv. Giovanni Vittorio Nardelli - in base al quale la pm non aveva diritto a occupare un seggio in consiglio comunale poichè le liste a lei collegate non avevano raggiunto il quorum del 3% previsto dalla legge. Al contrario, come hanno sostenuto ora i giudici romani, la norma era stata interpretata dalla Commissione elettorale a favore dell'ex pm avendo la stessa riportato un numero di voti pari (anzi superiore) al quorum richiesto.
 
 Oggi i giudici amministrativi di appello hanno sgombrato ogni dubbio: «La rappresentatività di una lista è cosa ben diversa dalla rappresentatività del suo candidato sindaco. Non è possibile pretendere - si legge nella sentenza - che i voti riportati dalle liste, ai fini della loro rappresentatività, vengano integrati dai voti riportati dal candidato sindaco che nulla hanno a che vedere con la rappresentatività che si dovrebbe accertare». In definitiva, concludono i giudici amministrativi dopo un dettagliato esame dei motivi di ricorso, poichè le liste collegate alla Digeronimo «non avevano superato la soglia di sbarramento le stesse non potevano partecipare alla rtipattizione dei seggi».
 
FATALI QUEI 29 VOTI
Tutto ruota attorno a ventinove voti: è proprio questo, il deficit di preferenze che ha impedito alla Digeronimo di restare in consiglio comunale. La pm infatti ha riportato complessivamente 5.674 voti, 321 preferenze in più delle liste che la sostenevano che hanno raggiunto quota 5.343 voti.
 Il quorum minimo per far scattare il seggio era stato fissato in 5.372 voti, cifra che è stata calcolata considerando il numero complessivo dei voti validi riconosciuti ai candidati sindaci (179.065 voti). Ma quei 29 voti (la differenza tra 5372 richiesti per far scattare il seggio e i 5.343 delle liste collegate alla Digeronimo) hanno fatto la differenza. Sarebbero bastate queste poche preferenze - disallineate rispetto ai voti in più ottenuti dal magistrato grazie al cosiddetto voto disgiunto - per consentire alla Digeronimo di poter conquistare lo scranno in Comune.

IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA NR.1982 DEL 17 APRILE 2015 DEL CONSIGLIO DI STATO

 

N. 01982/2015REG.PROV.COLL.
N. 09635/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9635 del 2014, proposto da Desiree Digeronimo, rappresentata e difesa dall'avv. Pierluigi Balducci, con domicilio eletto presso il sig. Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria 2;
contro
Giovanni Lucio Smaldone, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Vittorio Nardelli, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria 2;
nei confronti di
Comune di Bari;
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Bari, Ufficio Centrale Elettorale di Bari, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati con questa in Roma, Via dei Portoghesi 12;
Antonio Distaso, rappresentato e difeso dagli avv. Ignazio Lagrotta ed Emilio Toma, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Via Lovanio 16 Scala B;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Puglia – Bari - Sezione I, 28 novembre 2014 n. 1470..
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei sigg. Giovanni Lucio Smaldone e Antonio Distaso, oltre che del Ministero dell'Interno, dell’U.T.G. - Prefettura di Bari e dell’Ufficio Centrale Elettorale di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 marzo 2015 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Pierluigi Balducci, Giovanni Vittorio Nardelli, Ignazio Lagrotta, Emilio Toma e l'Avvocato dello Stato Federico Di Matteo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1 Il sig. Giovanni Lucio Smaldone, quale candidato alla carica di consigliere comunale del Comune di Bari per la lista n. 24 (“Movimento Politico Schittulli”), collegata al candidato sindaco sig. Domenico Di Paola, nelle elezioni amministrative tenutesi in data 25 maggio 2014 - 8 giugno 2014, nonché in qualità di cittadino elettore, proponeva ricorso al T.A.R. per la Puglia impugnando il relativo atto di proclamazione degli eletti di cui al verbale dell’Ufficio centrale elettorale del 1° agosto 2014, oltre alla successiva delibera di Consiglio Comunale di convalida delle elezioni.
L’impugnativa veniva proposta nella parte in cui un seggio consiliare era stato attribuito al raggruppamento di liste facenti capo al candidato sindaco non eletto sig.ra Desiree Digeronimo, e indi assegnato a quest’ultima in forza della previsione di cui all’art. 73, comma 11, del d.lgs. n. 267/2000.
Parte ricorrente deduceva che tale raggruppamento non aveva superato la soglia di sbarramento del 3 per cento dei voti validi prevista dall’art. 73, comma 7, del citato T.U., come sarebbe stato necessario per accedere alla ripartizione dei seggi consiliari; e che il seggio in contestazione sarebbe stato, di riflesso, di pertinenza della lista “Movimento Politico Schittulli”, e quindi da assegnare a lui medesimo quale candidato consigliere risultato primo dei non eletti, collocato al terzo posto della relativa graduatoria di lista.
In resistenza al ricorso si costituiva in giudizio la controinteressata sig.ra Digeronimo, che deduceva l’infondatezza delle censure avversarie e domandava la reiezione del gravame.
Si costituivano, inoltre, l’U.T.G. - Prefettura di Bari e il locale Ufficio centrale elettorale, che eccepivano il proprio difetto di legittimazione passiva chiedendo, pertanto, di essere estromessi dal giudizio.
Interveniva infine ad adiuvandum il sig. Antonio Distaso, nelle qualità di cittadino elettore del Comune, delegato dell’associazione Movimento Politico “Forza Italia” alla presentazione delle liste nei comuni della Regione Puglia, nonché di vice coordinatore vicario regionale di “Forza Italia” e deputato nazionale eletto nella circoscrizione Puglia, deducendo argomenti a favore dell’accoglimento del ricorso.
2 All’esito del giudizio il Tribunale adìto, con dispositivo n. 1405 del 20 novembre 2014 e successiva sentenza 28 novembre 2014 n. 1470, dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Amministrazione statale intimata, accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava in parte qua gli atti impugnati, correggendo i risultati elettorali e proclamando eletto alla carica di consigliere comunale il sig. Smaldone in luogo della sig.ra Digeronimo.
3 Seguiva da parte di quest’ultima la proposizione del presente appello avverso il dispositivo di tale decisione, seguito da motivi aggiunti dopo la pubblicazione integrale della relativa sentenza.
L’appellante, riprese le proprie difese già illustrate in prime cure, si doleva dell’avvenuto accoglimento del ricorso avversario insistendo sulla sua infondatezza, e sottoponeva a critica le argomentazioni esposte dal primo Giudice.
Resisteva invece all’appello l’originaria ricorrente che, a sua volta, ne contestava il fondamento.
Si costituivano anche in questo grado tanto il sig. Distaso, che domandava la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza impugnata, quanto l’Amministrazione statale, nuovamente intimata in giudizio, che tornava ad eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva chiedendo di essere estromessa dal processo.
L’appellante con successiva memoria insisteva sulle proprie censure avverso la sentenza in contestazione.
L’originaria ricorrente depositava uno scritto di replica.
Alla pubblica udienza del 31 marzo 2015 la causa è stata infine trattenuta in decisione.
4a La Sezione deve rilevare in via preliminare la carenza di legittimazione passiva dell’Amministrazione statale nuovamente intimata in giudizio e la necessità della sua conseguente estromissione dalla causa, giusta l’apposita eccezione sollevata dalla medesima.
In tal senso ha già provveduto il primo Giudice con la sentenza in epigrafe. E nondimeno l’appellante ha notificato anche ad essa il proprio gravame, senza peraltro muovere contestazioni di sorta avverso il capo di sentenza che aveva già sancito la sua estraneità alla controversia, il quale nel frattempo è divenuto definitivo.
Le relative statuizioni, dunque, non possono che essere senz’altro confermate. Per completezza si evidenzia l’Amministrazione dell’interno e gli organi straordinari che intervengono nel procedimento elettorale non sono parti del giudizio come stabilito univocamente dall’art. 130, co. 3, C.P.A. e riconosciuto da univoca giurisprudenza (cfr. ex plurimis e da ultimo Cons. Stato, Sez. V, 19 giugno 2012, n. 3557).
4b In via preliminare, ancora, deve essere rilevata l’inutilizzabilità delle note d’udienza tardivamente prodotte in giudizio dalla difesa del signor Smaldone in data 28 marzo 2015, in violazione del termine perentorio prescritto dal combinato disposto degli artt. 73, comma 1, e 131, comma 2, del C.P.A. (cfr. ex plurimis e da ultimo Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre 2012, n. 5649; 12 giugno 2012, n. 3439).
I contenuti di tale scritto non potranno pertanto essere presi in considerazione.
5 Tanto premesso, l’appello è infondato.
5a La controversia riguarda l’interpretazione del comma 7 dell’art. 73 del d.lgs. n. 267/2000, a norma del quale: “Non sono ammesse all'assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia”.
La contrapposizione tra le parti verte sulla prima parte della norma, concernente l’individuazione del concreto risultato elettorale da raffrontare al “3 per cento dei voti validi” al fine di verificare se le liste di volta in volta da considerare abbiano raggiunto, o meno, la soglia di sbarramento prescritta, ossia il quorum necessario per accedere alla ripartizione dei seggi.
Quanto alla seconda grandezza del raffronto appena detto, e segnatamente ai “voti validi” sulla cui base occorre calcolare la soglia del 3 per cento, questa è stata individuata dalla Commissione elettorale nel totale dei “votivalidi espressi a favore dei candidati alla carica di sindaco”, seguendo in ciò il criterio interpretativo esposto nelle istruzioni del Ministero dell’Interno.
5b Conviene altresì ricordare, in punto di fatto :
- che i voti validi complessivamente attribuiti ai candidati alla carica di sindaco sono stati n. 179.065;
- che la sig.ra Digeronimo, in particolare, ha conseguito n. 5.674 voti totali;
- che le 4 liste collegate alla medesima hanno conseguito complessivamente, invece, 5.343 voti.
La Commissione ha assunto il totale dei voti validi riportati dai candidati alla carica di Sindaco quale base su cui effettuare il calcolo del 3 per cento al fine dell’individuazione della soglia di sbarramento di cui al comma 7 dell’art. 73 T.U.E.L. (seguendo così le istruzioni del Ministero dell’Interno, secondo le quali “In applicazione del principio enunciato dal Consiglio di Stato sul calcolo del totale dei voti validi (cfr. sentenze 14 maggio 2010, n. 3021 e 16 febbraio 2012, n. 802) la percentuale del 3% deve essere rapportata ai voti complessivamente espressi con riguardo ai candidati sindaci e non già ai soli voti di lista”).
La Commissione ha determinato la detta soglia, pertanto, fissando in 5.372 -pari al 3 per cento di 179.065- il numero di voti necessario per ritenere raggiunto il limite minimo di rappresentatività delle liste (o gruppi di liste) ai fini dell’accesso alla ripartizione dei seggi.
5c Appare di tutta evidenza, allora, che il valore di soglia appena indicato è destinato ad essere raggiunto, o meno, a seconda che con esso si confronti il numero di voti validi assegnati al candidato sindaco, vale a dire nella specie quelli personalmente conseguiti dalla sig.ra Digeronimo, pari a 5.674, o invece il numero di voti validi ottenuti dalle liste a questa collegate, pari a 5.343 (cifra che alla detta soglia è inferiore). Ed è nella contrapposizione tra le due alternative testé indicate che risiede il nucleo della presente controversia.
6 Prima di affrontare la questione centrale della causa sono però opportune ancora due puntualizzazioni.
6a La prima di esse consiste in ciò, che ai fini della problematica che sta per essere affrontata non ha rilevanza specifica il precedente costituito dalla decisione di questa Sezione n. 1360 del 6 marzo 2013.
Tale sentenza, per quanto richiamata dalla Commissione a conforto del proprio operato, ed insistentemente invocata anche dall’odierna appellante, non concerne, invero, la prima parte del comma 7 dell’art. 73 cit. (ossia quella su cui verte la causa), la quale attiene all’individuazione del concreto risultato elettorale da raffrontare al valore-soglia del “3 per cento dei voti validi”, bensì riguarda la sola definizione di quest’ultimo valore, poiché precisa il senso della relativa locuzione “voti validi”.
La sentenza n. 1360 stabilisce, infatti, che tale locuzione deve essere intesa avendo riguardo al totale dei voti validi espressi a favore dei candidati alla carica di sindaco, e non a quello dei soli complessivi voti di lista. Con il che viene confermata l’interpretazione normativa cui questo Consiglio era già addivenuto, rispetto alla simile formulazione del comma 10 dello stesso articolo, con le precedenti decisioni 14 maggio 2010, n. 3021, e 16 febbraio 2012, n. 802.
E si tratta di un’interpretazione, ampiamente motivata, che anche in questa sede deve trovare conferma (contrariamente a quanto adombrato dall’impugnata sentenza). La parte appellante non ha mosso, del resto, alcuna compiuta argomentazione critica intesa a contestarne la correttezza, né censure di sorta avverso gli atti del procedimento elettorale nella parte in cui ne avevano fatto applicazione (in disparte l’assenza da parte sua di un rituale ricorso incidentale).
6b La seconda opportuna puntualizzazione consiste in ciò, che un candidato sindaco soccombente (come, in concreto, l’attuale appellante) non dispone, in quanto tale, di un titolo autonomo e a sé stante per concorrere all’assegnazione dei seggi consiliari, ma si vede riconosciuto, a mente del comma 11 dello stesso art. 73, semplicemente il “primo” dei seggi di spettanza della sua lista, o gruppo di liste, di riferimento.
Va quindi sottolineato che sono questi ultimi i destinatari dell’assegnazione dei seggi.
7 Fatte queste puntualizzazioni, è il momento di affrontare la questione centrale dell’individuazione del risultato elettorale da raffrontare alla soglia del “3 per cento dei voti validi”.
In proposito occorre stabilire, come già emerso, se debba aversi riguardo, a tal fine, al numero totale di voti validi assegnati al candidato sindaco, o invece a quello dei voti ottenuti dalle liste che lo sostenevano.
La Sezione deve aderire a questa seconda opzione, meritando piena conferma la sentenza impugnata.
7a Il dato testuale in merito si presenta univoco, e sarebbe già di per sé decisivo.
Il comma 7 dell’art. 73, difatti, recita : “Non sono ammesse all'assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia”.
Va allora rimarcato che la locuzione “voti validi” è adoperata dal legislatore solo rispetto alla base di calcolo servente alla quantificazione della soglia di sbarramento, e non anche ai fini dell’individuazione del concreto risultato elettorale che con tale soglia deve essere raffrontato.
Quanto a tale risultato concreto, invece, il testo normativo, privo di richiami ai voti ottenuti dai candidati a sindaco collegati, rende chiaro (“Non sono ammesse … quelle liste che abbiano ottenuto…”) che ai fini in discorso occorre avere riguardo proprio all’entità dei suffragi ottenuti dalle singole liste (e dai loro gruppi), che sono, come si è già visto, i destinatari legali dell’assegnazione dei seggi.
7b All’elemento letterale testé illustrato si affiancano, peraltro, non meno pregnanti argomentazioni sostanziali che il Tribunale ha già esposto in modo lineare e persuasivo.
La rappresentatività di una lista, ha rilevato il primo Giudice, è cosa diversa dalla rappresentatività del suo candidato sindaco, atteso che ciascun elettore, in forza dei meccanismi del voto disgiunto, può esprimere due opzioni diverse: da qui la possibile diversità tra l’elettorato che ha votato a favore del candidato sindaco di una coalizione e quello che ha appoggiato le relative liste collegate.
I voti espressi in favore del candidato sindaco di una coalizione potrebbero dunque ben sottendere una scelta difforme, da parte degli stessi elettori, rispetto alle liste in competizione, nel senso che chi vota per un sindaco potrebbe non votare per alcuna lista, oppure per una lista avente un candidato sindaco diverso.
Donde l’irragionevolezza di un’interpretazione del comma 7 cit. che, come quella proposta dalla controinteressata, faccia dipendere la verifica della rappresentatività delle liste, piuttosto che dal totale dei suffragi da queste riportati (suffragi che la detta rappresentatività specificamente misurano), dai voti ottenuti dal relativo candidato sindaco. Ossia da un dato distinto dal primo, e tendenzialmente neutro rispetto alle esigenze proprie della verifica di cui si tratta.
In altre parole, come è stato efficacemente obiettato ex adverso, non è possibile pretendere che i voti riportati dalle liste, ai fini della verifica della loro rappresentatività, vengano integrati mediante voti -quelli del candidato sindaco- che nulla hanno a che vedere con la rappresentatività che si dovrebbe accertare.
7c Non giova, inoltre, addurre in contrario il difetto di omogeneità che in tal modo sarebbe rinvenibile nella valutazione richiesta dal comma 7.
Tale difetto, in tesi, risiederebbe in ciò, che mentre per la definizione della soglia del tre per cento rileverebbe il totale dei voti raccolti dai candidati alla carica di sindaco, con la soglia così determinata andrebbe confrontato, ai fini della verifica di rappresentatività, il dato dei complessivi voti riportati dalle liste, e non quello dei rispettivi candidati a sindaco.
Anche ammesso, tuttavia, che siffatta “disomogeneità” sia realmente predicabile (laddove in concreto sempre di raffronti tra voti si tratta), la stessa costituirebbe comunque il frutto di una specifica scelta legislativa.
Il legislatore, cioè, nella propria discrezionalità, intendendo condizionare l’accesso delle liste alla distribuzione dei seggi al raggiungimento da parte loro, in concreto, di un livello minimo di rappresentatività, ha ancorato quest’ultimo al conseguimento di un certo ammontare di suffragi (pari, come si è visto, al 3 per cento dei voti validi espressi a favore dei candidati alla carica di sindaco).
Né l’appellante ha fornito ragioni che potessero valere a dimostrare che siffatta lamentata “disomogeneità” costituirebbe un disvalore.
7d Per quanto precede, l’interpretazione normativa cui è pervenuto il primo Giudice merita di trovare conferma. Del resto, essa è anche la più coerente con l’obiettivo legislativo di evitare la frammentazione della rappresentanza politica all'interno dei singoli consigli comunali favorendone la governabilità, ratio che questa Sezione ha già valorizzato nella propria precedente pronuncia n. 1360/2013.
7e Poiché, pertanto, alla stregua dell’interpretazione risultata preferibile, le liste collegate alla candidata attuale appellante non avevano superato la soglia di sbarramento, le medesime non potevano accedere alla distribuzione dei seggi consiliari.
E risulta con evidenza irrilevante il fatto che la stessa soglia sarebbe stata invece superata qualora il problema ermeneutico oggetto di causa fosse stato risolto diversamente.
8 A questo punto resta da dire solo della questione di legittimità costituzionale cui l’appellante ha fatto cenno a conclusione del proprio atto introduttivo.
Al riguardo, la parte si è limitata ad affermare sic et simpliciter che, ove la sua interpretazione del comma 7 dell’art. 73 cit. non fosse stata accolta, tale norma, per il fatto di contemplare una comparazione tra grandezze non omogenee per l’individuazione della soglia più volte detta, si sarebbe posta per ciò stesso in conflitto con gli artt. 48, 3 e 1 della Carta.
La questione così dedotta, tuttavia, stante la carenza di una motivazione che la definisca e la connoti, precisando soprattutto il nesso –semplicemente postulato- che intercorrerebbe tra “grandezze non omogenee” e valori costituzionali, risulta del tutto generica e quindi manifestamente infondata.
9 In conclusione, per quanto esposto l’appello deve essere respinto.
La novità della problematica oggetto di controversia induce la Sezione a confermare anche per questo grado di giudizio la compensazione tra le parti delle spese processuali; le spese maturate dall’Amministrazione statale devono però essere senz’altro poste a carico dell’appellante, e sono liquidate dal seguente dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:
a) dichiara il difetto di legittimazione passiva delle Amministrazioni statali intimate, che per conseguenza estromette dal giudizio;
b) respinge l’appello.
Condanna la parte appellante al rimborso in favore del Ministero dell’interno delle spese processuali del presente grado, che liquida nella misura complessiva di euro duemila oltre gli accessori di legge; compensa le spese tra le altre parti in causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 31 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente FF
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


 STUDIO LEGALE AVVOCATO SANTE NARDELLI del Foro di BARI
 

IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA DI ACCOGLIMENTO DEL TAR PUGLIA BARI CONFERMATA DAL CONSIGLIO DI STATO

. 01470/2014 REG.PROV.COLL.

 

N. 01111/2014 REG.RIC.

 

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REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

 

(Sezione Prima)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 1111 del 2014, proposto da:

Giovanni Lucio Smaldone, nella qualità di candidato alla carica di consigliere comunale del comune di Bari e quale cittadino elettore, rappresentato e difeso da se medesimo e dall’avv.to Giovanni Vittorio Nardelli, con domicilio eletto in Bari, Via Melo Da Bari, 166;

 

contro

 

U.T.G. - Prefettura di Bari, Ufficio Centrale Elettorale di Bari, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, 97; Comune di Bari;

 

nei confronti di

 

Desiree Digeronimo, rappresentata e difesa dall'avv. Pierluigi Balducci, con domicilio eletto in Bari, Via Melo, 114;

 

e con l'intervento di

 

ad adiuvandum:

Antonio Distaso, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ignazio Lagrotta ed Emilio Toma, con domicilio eletto in Bari, Via Calefati, 133;

 

per l’annullamento

 

- dell’atto di proclamazione degli eletti per le elezioni comunali del Comune di Bari tenutesi in data 25 maggio 2014 - 8 giugno 2014, di cui sia all’estratto del verbale delle operazioni dell’Ufficio Centrale Elettorale del 1° agosto 2014, sia al verbale e relativo allegato delle operazioni dell’Ufficio Centrale Elettorale a seguito del turno di ballottaggio del 1° agosto 2014, nella parte in cui è stato attribuito un seggio al raggruppamento di liste facenti capo al candidato sindaco non eletto Desiree Digeronimo;

 

- di ogni altro atto specificamente indicato in ricorso e nelle parti ivi indicate;

 

nonché per la correzione del risultato elettorale;

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

 

Visto l'art. 130, comma 7, cod. proc. amm.;

 

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum di Antonio Distaso;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, dell’U.T.G. - Prefettura di Bari, dell’Ufficio Centrale Elettorale di Bari e di Desiree Digeronimo;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore la dott.ssa Maria Grazia D'Alterio e uditi nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2014 per le parti i difensori avv.ti Tommaso Romito, per dichiarata sostituzione di Giovanni Lucio Smaldone, e Giovanni Vittorio Nardelli; Donatella Testini; Emilio Toma ed Ignazio Lagrotta; Pierluigi Balducci;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

 

1. Il ricorrente ha partecipato alle elezioni amministrative della città di Bari, svoltesi in data 25 maggio 2014/8 giugno 2014, quale candidato alla carica di consigliere comunale nella lista n. 24 avente il contrassegno “Movimento Politico Schittulli”, collegata al candidato sindaco della coalizione di centro destra, Domenico Di Paola. Con il ricorso in epigrafe, assumendo di avervi interesse, lo Smaldone ha impugnato il verbale dell’Ufficio centrale elettorale di proclamazione degli eletti del 1° agosto 2014, oltre alla successiva delibera di Consiglio Comunale n. 29 in data 5 agosto 2014 di convalida delle elezioni, nella parte in cui risulta attribuito un seggio al raggruppamento di liste facenti capo al candidato sindaco non eletto Desiree Digeronimo, e poi a quest’ultima assegnato in forza della previsione di cui all’art. 73, comma 11, del T.U.E.L. (D.lgs. 267/2000). Secondo le deduzioni di parte ricorrente, detto ultimo raggruppamento non avrebbe superato la soglia di sbarramento del 3 per cento dei voti validi prevista dall’art. 73, comma 7, del citato Decreto legislativo, necessaria per poter partecipare alla ripartizione dei seggi in consiglio comunale.

 

Assume di avervi interesse in quanto solo per effetto di un’erronea interpretazione ed applicazione della norma predetta la Digeronimo avrebbe conseguito la nomina a consigliere comunale della città di Bari, così sottraendo un seggio alla Lista Movimento Politico Schittulli e quindi a lui ricorrente, in quanto candidato consigliere risultato primo dei non eletti, essendosi collocato al terzo posto della relativa graduatoria di lista.

 

2. Si è costituita la controinteressata Desiree Digeronimo, assumendo l’infondatezza delle avverse asserzioni ed insistendo per la reiezione del ricorso.

 

3. Si sono costituiti l’U.T.G. - Prefettura di Bari e l’Ufficio Centrale Elettorale di Bari, eccependo il loro difetto di legittimazione passiva e chiedendo, pertanto, di essere estromessi dal giudizio.

 

4. E’ intervenuto ad adiuvandum Antonio Distaso, nella qualità di cittadino elettore del comune di Bari, di delegato dell’Associazione Movimento Politico “Forza Italia” alla presentazione delle liste nei comuni della Regione Puglia, nonché di vice coordinatore vicario regionale di Forza Italia e deputato della Repubblica italiana eletto nella circoscrizione Puglia, deducendo argomentazioni a favore dell’accoglimento del ricorso.

 

5. Le parti costituite hanno svolto articolate difese in vista e nel corso della pubblica udienza del 19 novembre 2014, all’esito della quale il Collegio si è riservato la decisione.

 

DIRITTO

 

1. Il ricorso è fondato e merita di essere accolto.

 

2. La questione unica ed essenziale posta all’esame del Collegio concerne la corretta interpretazione del comma 7 dell’art. 73 del D.lgs. 267/2000, a norma del quale: “Non sono ammesse all'assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia”, limitatamente, tuttavia, alla sua prima parte, concernente appunto l’individuazione del “dato elettorale numerico” da raffrontare con il 3 per cento dei “voti validi”, al fine di verificare se le liste considerate hanno o meno raggiunto la prevista soglia di sbarramento; ovvero il quorum necessario per poter ritenere le liste sufficientemente rappresentative e, pertanto, meritare di prendere parte alla ripartizione dei seggi dell’assemblea cittadina.

 

2.1 Infatti, il secondo termine del raffronto (ovvero i “ voti validi” sulla cui base calcolare il 3 per cento) è stato individuato dalla Commissione Centrale Elettorale nel totale dei “voti validi espressi a favore dei candidati alla carica di sindaco”, seguendo il criterio interpretativo all’uopo formulato nelle istruzioni fornite all’Ufficio centrale elettorale dal Ministero dell’Interno, che non è stato oggetto di censura alcuna nell’odierno giudizio. Dunque, i provvedimenti che in parte qua ne hanno fatto applicazione risultano consolidati nei loro effetti, sicché esula dal thema decidendum ogni verifica relativa alla correttezza del suddetto metodo.

 

2.2 La censura di cui il ricorrente si duole esattamente nel caso all’esame del Collegio concerne il procedimento di calcolo seguito dalla Commissione Centrale per verificare se il raggruppamento di liste facenti capo alla candidata n. 10 alla carica di Sindaco, Desiree Digeronimo, avesse superato la soglia di sbarramento del 3 per cento e, quindi, avesse diritto a partecipare alla distribuzione dei seggi in consiglio comunale. Secondo la prospettazione dello Smaldone, infatti, la Commissione Centrale avrebbe errato nel considerare, ai fini della prefata verifica, i voti validi conseguiti dal candidato Sindaco e non i voti validi assegnati alle liste collegate, come invece la corretta e testuale previsione di cui all’art. 73, comma 7, avrebbe a suo giudizio imposto senza dubbio alcuno.

 

2.3 La controinteressata sostiene invece la legittimità della su riferita metodologia di calcolo utilizzata dalla Commissione Centrale, evidenziando che, diversamente operando in linea con la tesi del ricorrente, la Commissione avrebbe dovuto irragionevolmente comparare tra loro misure riferite ad entità diverse, ovvero i voti attribuiti alle liste di un singolo raggruppamento con il 3 per cento del totale dei voti validi espressi invece a favore dei candidati alla carica di sindaco.

 

3. Le censure formulate dal ricorrente colgono nel segno.

 

3.1 Prima di esaminare le ragioni per cui il Collegio ritiene fondato il ricorso, giova procedere ad una preliminare ricostruzione dei fatti, onde individuare i dati rilevanti ai fini del decidere.

 

3.2 All’esito delle recenti votazioni amministrative relative al Comune di Bari, la Commissione Centrale ha proceduto ad effettuare la somma dei voti validi complessivamente attribuiti a ciascun candidato alla carica di sindaco, come risultanti dai verbali di tutte le sezioni, ottenendo quale dato finale n. 179.065 voti validi complessivi (cfr. p. 5 mod. n. 300/A-AR- estratto del verbale delle operazioni dell’ufficio centrale). La Digeronimo, in particolare, risulta aver conseguito n. 5.674 voti in totale.

 

3.3 La Commissione elettorale centrale ha poi proceduto al calcolo delle cifre elettorali conseguite dalle singole liste e dai gruppi di liste collegate, tenendo conto, ai sensi del comma 5 dell’art. 73 T.U.E.L., della somma dei voti validi riportati dalle stesse in tutte le sezioni del comune. Le n. 4 liste collegate alla candidata Digeronimo (dalla n. 31 alla n. 34, rispettivamente aventi contrassegno: Fare per fermare il declino, Desiree Sindaco, Artisti M.UR, Arts e Verdi; Giovani in movimento) hanno conseguito complessivamente 5.343 voti validi (dati dalla somma delle rispettive cifre elettorali: 250, 4.632, 219 e 242).

 

3.4 Il totale dei voti validi riportati dai candidati alla carica di Sindaco in tutte le sezioni è stato poi assunto dalla Commissione Centrale quale base su cui effettuare il calcolo del 3 per cento al fine dell’individuazione della soglia di sbarramento di cui al comma 7 dell’art. 73 T.U.E.L.; in tal modo seguendo, come già precisato innanzi, le indicazioni del Ministero dell’Interno (cfr. p. 19 delle istruzioni per le operazioni dell’Ufficio centrale), secondo cui “In applicazione del principio enunciato dal Consiglio di Stato sul calcolo del totale dei voti validi (cfr. sentenze 14 maggio 2010, n. 3021 e 16 febbraio 2012, n. 802) la percentuale del 3% deve essere rapportata ai voti complessivamente espressi con riguardo ai candidati sindaci e non già ai soli voti di lista”.

 

La Commissione Centrale ha pertanto determinato la soglia di sbarramento, fissando in 5.372 (pari al 3 per cento di 179.065) il numero di voti necessario per poter ritenere raggiunto il limite minimo di rappresentatività delle liste o gruppo di liste, ai fini della partecipazione alla ripartizione dei seggi consiliari (cfr. p. 90 mod. n. 300/A-AR).

 

3.5 Poiché la Digeronimo ha personalmente conseguito un totale di voti validi pari a 5.674, mentre le liste alla stessa collegate hanno conseguito un totale di 5.343 voti validi (alias cifra elettorale ex art. 73, comma 5), è chiaro che diverso è l’esito della verifica di superamento della soglia di sbarramento a seconda che il raffronto con il predetto quorum di n. 5.372 voti (così come sopra incontestatamente determinato) sia operato con riferimento al primo dei su richiamati totali (voti validi assegnati al candidato sindaco, superiori alla soglia) ovvero al secondo (voti validi assegnati alle liste, inferiori al predetto 3 per cento).

 

4. Fatta tale premessa in punto di fatto, e passando all’esame di merito delle censure dedotte dal ricorrente, il Collegio rileva che l’opzione interpretativa seguita dalla Commissione Centrale elettorale sia contraria allo ratio, oltre che alla lettera, della norma.

 

Risulta che a seguito di puntuale diffida presentata dallo stesso Smaldone nel corso delle operazioni di verifica dei voti, la Commissione Centrale ha avuto modo di precisare, in uno specifico allegato al verbale delle operazioni di verifica dei risultati, le motivazioni per cui ha ritenuto di operare nella maniera sopra descritta. In particolare, a sostegno della correttezza del suo operato la Commissione ha riportato la decisione del Consiglio di Stato, sez. V, del 6 marzo 2013 n. 1360, più volte richiamata anche nella memoria della controinteressata, che evidenzia come la diversa terminologia utilizzata dal legislatore “voti validi” e “cifra elettorale” sia indicativa di due concetti e categorie diverse: “laddove il legislatore ha inteso riferirsi ai soli voti di lista ha usato l’espressione “cifra elettorale” (art. 73, comma 5)” mentre “quando ha inteso riferirsi, quale base di calcolo di una percentuale, alla totalità dei voti espressi, compresi quelli per l’elezione alla carica di sindaco, ha usato l’espressione “voti validi” (in tal senso anche C.d.S., sez. V, 14 maggio 2010, n. 822 e 16 febbraio 2012, n. 802).

 

5. Ebbene, in disparte la considerazione che i citati precedenti non risultano calzanti rispetto al caso di specie, afferendo solamente alla corretta interpretazione del secondo termine del raffronto (“voti validi” da assumere a base del calcolo del 3 per cento), che esula, per quanto precisato al punto sub. 2) della presente sentenza, dall’oggetto dell’odierno giudizio, l’assunto difensivo non regge, né sotto un profilo strettamente letterale, né logico-sistematico.

 

5.1 Sotto il primo profilo, infatti, non convincono le argomentazioni svolte dalla difesa della Digeronimo nel richiamare la presunta costanza terminologica, in forza della quale quando il legislatore avrebbe inteso riferirsi alle liste ha utilizzato esclusivamente l’espressione “cifra elettorale”, mentre quando ha inteso riferirsi alle preferenze totali espresse a favore del candidato o dei candidati alla carica di sindaco ha usato l’espressione “voti validi”.

 

5.1.1 Il Collegio rileva, in primo luogo, che l’art. 73, comma 7, utilizza tale ultima espressione solo per riferirsi alla base del calcolo del 3 per cento e non anche al dato numerico da considerare in relazione alle liste. Inoltre, l’assunto difensivo in questione risulta smentito proprio dalla terminologia utilizzata nell’art. 73, che al precedente comma 5 sancisce: “La cifra elettorale di una lista è costituita dalla somma dei voti validi riportati dalla lista stessa in tutte le sezioni del comune”, sicché la “cifra elettorale” è proprio data dai “voti validi” di lista. Dunque alcuna antinomia né diversità sussiste tra l’uno e dall’altro termine, essendo la prima null’altro che una specificazione del secondo dato, il quale, proprio per la sua genericità, richiede di essere precisato di volta in volta in relazione alle varie espressioni di voto considerate, al fine di individuare a quali di esse nello specifico il legislatore abbia inteso riferirsi.

 

5.1.2 Sotto altro dirimente profilo il Collegio ritiene che sia da evidenziare la previsione di cui al successivo comma 10, prima parte, secondo cui: “Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi”.

 

Tale norma risulta illuminante ai fini della risoluzione della controversia in esame, in quanto, pur concernendo l’individuazione del diverso quorum necessario ai fini del conseguimento del premio di maggioranza, utilizza, riferendosi “…alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che (…… ) abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi….” analoga espressione utilizzata dal comma 7, nella parte in cui si riferisce alle “liste che abbiano ottenuto meno del 3 per cento dei voti validi”.

 

Il richiamato comma 10, che attiene alla pur verificabile ipotesi in cui il candidato Sindaco sia stato proclamato eletto al primo turno (avendo conseguito più del 50% dei voti validi), mentre le liste collegate allo stesso abbiano conseguito un diverso risultato, quantificabile in misura almeno pari al 40% dei voti validi, chiarisce definitivamente che il primo termine da raffrontare con i quorum ivi fissati deve necessariamente essere diverso, atteso che diversi sono i risultati da verificare (risultato elettorale conseguito dal sindaco e risultato elettorale delle liste collegate). Infatti, applicando il criterio interpretativo auspicato dalla controinteressata, secondo la quale occorre considerare sempre i “voti validi” conseguiti dal candidato alla carica di sindaco della coalizione anche quando si tratta di verificare il superamento del quorum da parte delle liste, si giungerebbe all’assurda conclusione che, nel caso di cui al comma 10, l’ipotesi prospettata dalla norma sia di impossibile verificazione, non potendo lo stesso dato considerato (ovvero i voti conseguiti dal candidato sindaco della coalizione) essere superiore al 50% dei “voti validi” e al tempo stesso pari anche al 40% dei “voti validi”.

 

5.2 Sotto un profilo logico-sistematico, il Collegio rileva che la rappresentatività di una lista, in termini di voti riportati, è cosa diversa dalla rappresentatività del sindaco, atteso che in forza del meccanismo del voto disgiunto, ciascun elettore può esprimere due diverse preferenze, sia pure attraverso un’unica scheda e nell’ambito dello stesso contesto spazio-temporale, sicché in teoria può esserci diversità sia di tipo quantitativo che qualitativo tra l’elettorato che ha votato a favore del candidato sindaco di una coalizione e quello che invece ha inteso appoggiare le liste collegate allo stesso.

 

5.2.1 Sotto il profilo quantitativo, non sempre i voti espressi a favore del candidato alla carica di Sindaco sono numericamente superiori di quelli espressi a favore delle liste collegate nel loro complesso, potendo verificarsi il caso di liste “forti”, in grado di conseguire un’affermazione consistente in termini di seggi assegnati in Consiglio Comunale, pur non conseguendo il relativo candidato sindaco lo stesso placet in termini di consensi, e viceversa.

 

5.2.2 Sotto il profilo qualitativo non è detto che gli elettori votanti a favore del sindaco della coalizione coincidano con coloro che hanno votato a favore delle liste collegate, sicché i due dati possono essere divergenti proprio in ragione del fatto che rivelano due diverse espressioni di voto.

 

Nell’attuale sistema elettorale delineato in relazione ai Comuni con più di 15.000 abitanti, infatti, il complesso dei voti validi che concorrono all’elezione del Sindaco, in forza del comma 3, dell’art. 72 T.U.E.L., risulta estremamente diversificato, essendo costituito dalla somma:

 

I) delle preferenze definibili “omogenee”, accordate a favore del candidato sindaco che sia anche collegato alla lista votata, in maniera espressa (tracciando un segno, oltre che sulla lista, sul rettangolo del nome del candidato sindaco collegato) ovvero implicita (con “unico voto”, in forza del meccanismo cd. “di trascinamento” per cui il voto espresso per la lista è automaticamente attribuito al candidato sindaco collegato, salva l’ipotesi del voto disgiunto);

 

II) dei cd. voti disgiunti, ovvero espressi a favore di un candidato sindaco non collegato alla lista prescelta.

 

III) delle preferenze accordate, infine, al candidato alla carica di Sindaco, senza espressione di preferenza per alcuna lista (né per alcun candidato alla carica di consigliere comunale).

 

6. Ne deriva, per quanto detto, che non può dirsi ragionevole un’interpretazione del comma 7, quale quella propugnata dalla controinteressata, che faccia dipendere la rappresentatività delle liste, data dall’aver superato la prescritta soglia del 3 per cento, da un dato di per sé neutro rispetto a detta verifica, ovvero dai voti espressi in favore del candidato sindaco della coalizione, che, per quanto detto, potrebbero sottendere una diversa scelta di voto dei medesimi elettori rispetto alle liste, sicché, si ripete, trattandosi di due dati distinti ed eterogenei, alcun rilievo può avere il totale dei voti assegnati alla Digeronimo al fine di ritener superata o meno la soglia di sbarramento per le liste della sua coalizione.

 

Il legislatore, infatti, per le elezioni amministrative nei Comuni con più di 15 mila abitanti coniuga il sistema elettivo maggioritario con quello proporzionale, senza mai prescindere dal preminente rilievo, in punto di attribuzione dei seggi, del consenso conseguito in termini di voti validi dalle singole liste o raggruppamenti di liste.

 

6.1 Né infine può in questa sede rilevare ai fini del decidere la circostanza, evidenziata in udienza dalla difesa della controinteressata, per cui le liste collegate alla Digeronimo, avendo conseguito complessivi 5.343 voti, avrebbero superato il 3 per cento dei voti validi se solo si fosse considerato, quale base in relazione alla quale calcolare la predetta soglia, il totale dei voti validi conseguiti da tutte le liste in tutte le sezioni, pari a complessivi 175.465 voti validi di lista, sicché la predetta soglia sarebbe scesa a 5.264 voti.

 

6.2 Infatti, come più volte rimarcato dal Collegio, non sono stati oggetto di impugnazione incidentale gli atti delle operazioni elettorali nella parte in cui hanno inteso per “voti validi” (in relazione ai quali calcolare la soglia di sbarramento) proprio i voti dei candidati sindaci.

 

6.3 Tale rilievo impedisce anche la verifica della presunta irragionevolezza della norma che, così interpretata, secondo la controinteressata, finirebbe per comparare due grandezze diverse.

 

La censura non può infatti essere a fondo esaminata atteso che, come più volte precisato, l’interpretazione del secondo termine del raffronto non è stata oggetto di impugnazione, così precludendo al Collegio di verificare se, interpretato il primo dato (ovvero i voti validi di lista) nei termini sopra espressi, sussista una diversa interpretazione del complesso della norma in grado di offrire omogeneità ai due dati in comparazione.

 

7. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati nella parte in cui la Commissione centrale ha ritenuto erroneamente raggiunta la soglia del 3 per cento da parte del raggruppamento di liste facenti capo alla Digeronimo, che, pertanto andava escluso dalla ripartizione dei seggi consiliari.

 

Ne consegue la correzione del risultato elettorale con attribuzione del seggio in questione alla lista n. 24 avente il contrassegno “Movimento Politico Schittulli” e, dunque, al ricorrente Giovanni Lucio Smaldone risultato primo dei non eletti nella relativa graduatoria di lista, che pertanto va proclamato consigliere comunale del Comune di Bari in luogo di Desiree Digeronimo.

 

8. Considerate tuttavia la complessità e l’assoluta novità delle questioni poste dalla vicenda, il Collegio ritiene di procedere alla compensazione delle spese di causa.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

 

- accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla in parte qua gli atti impugnati;

 

- corregge i risultati elettorali nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, proclama eletto alla carica di consigliere comunale del Comune di Bari Giovanni Lucio Smaldone in luogo di Desiree Digeronimo;

 

- dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Bari e dell’Ufficio Centrale Elettorale di Bari.

 

Spese compensate.

 

Manda alla Segreteria per gli adempimenti e le comunicazioni di rito ai sensi dell’art. 130, comma 8, cod. proc. amm..

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

Corrado Allegretta, Presidente

 

Francesco Cocomile, Primo Referendario

 

Maria Grazia D'Alterio, Referendario, Estensore

 

                              

                              

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                              

                              

                              

                              

                              

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA


Il 28/11/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



Autore/Fonte: www.giustizia-amministrativa.it e www.studionrdelli.it
Avvocato Giovanni Vittorio Nardelli (Studio Legale Nardelli)

 

Autore / Fonte: Avvocato Nardelli - Studio Legale Nardelli



 

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