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02 SETTEMBRE 2011 - CONSIGLIO DI STATO SESTA SEZIONE NR.4921 DEL 02 SETTEMBRE 2011

APPALTI PUBBLICI - REVOCA DEGLI ATTI DI GARA - RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - SUSSISTE - PRINCIPIO DI AFFIDAMENTO -  VA TUTELATO 

 

 

 

 

N. 04921/2011REG.PROV.COLL.

N. 06740/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6740 del 2010, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali e dal Ministero dello sviluppo economico, in persona dei rispettivi Ministri legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Imac s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Arturo Cancrini, Claudio De Portu e Francesco Vagnucci, con domicilio eletto presso Arturo Cancrini in Roma, via G. Mercalli, 13;

nei confronti di

Eur s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Elia Barbieri e Stefano Vinti, con domicilio eletto presso Stefano Vinti in Roma, via Emilia, 88;
Fondazione Valore Italia, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II QUATER n. 04175/2010, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO LAVORI RELATIVI AL MUSEO DELL'AUDIOVISIVO

 


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Imac S.p.a. e di Eur S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2011 il consigliere di Stato Maurizio Meschino e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Vitale, l’avvocato De Portu e l’avvocato Sciacca per delega dell’avvocato Vinti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


 

FATTO

1. In date 21 maggio 2001 e 1° dicembre 2005 tra il Ministero per i beni e le attività culturali e la EUR s.p.a. sono state stipulate convenzioni al fine di realizzare il Museo dell’audiovisivo nel Palazzo della civiltà italiana, sito nella zona Eur a Roma. Il 7 novembre 2007 il Ministero, realizzati a propria cura e spese gli interventi di restauro conservativo del Palazzo, ha pubblicato il bando di gara per la realizzazione nello stesso della Discoteca di Stato e del Museo dell’audiovisivo con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa, cui sono seguite la lettera di invito in data 3 marzo 2008, la sospensione ed il riavvio della gare con note, rispettivamente, del 21 aprile e del 3 giugno 2008 (quest’ultima recante proroga dei termini per la presentazione delle offerte al 10 settembre successivo) e la nomina della commissione tecnica di valutazione il 16 ottobre 2008, che ha svolto il proprio lavoro restando soltanto di dover procedere alla apertura della busta del “prezzo offerto”.

2. In data 27 novembre 2008 il Ministro per lo sviluppo economico, con nota indirizzata al Ministro per i beni e le attività culturali, cui questi ha riposto, concordando, l’11 dicembre successivo, ha comunicato che in collaborazione con EUR s.p.a. sarebbe stata realizzata nel Palazzo, ferma la realizzazione del Museo dell’audiovisivo, la Esposizione permanente del made in Italy e del design italiano, per la cui progettazione e gestione era stata costituita la Fondazione Valore Italia, emergendo l’opportunità “di procedere con una comune operatività, in alcune fasi anche progettuale, volta all’ottimizzazione delle risorse pubbliche”, procedendosi, successivamente, alla stesura di un nuovo progetto preliminare, sulla base di una differente dislocazione degli ambienti per il Museo dell’audiovisivo e della diversa progettazione degli impianti per la loro gestione unificata.

In data 28 maggio 2009 è stato stipulato un protocollo d’intesa fra i due Ministeri ed EUR s.p.a. per l’avvio delle attività museali ed espositive nel Palazzo, concordando sullo schema di convenzione da firmare da parte dei rispettivi responsabili tecnici di vertice, e prevedendo quale obiettivo prioritario la piena funzionalità del Palazzo in occasione del Centocinquantenario dell’Unità d’Italia.

3. Ritenuta la gara in corso di espletamento in buona parte non rispondente alle finalità del citato protocollo d’intesa, il Ministero per i beni e le attività culturali ne ha disposto la revoca con determinazione del Direttore generale del 9 giugno 2009, comunicata il 30 giugno successivo. Nel provvedimento si motiva la decisione richiamando, in particolare che “dalla procedura concorsuale in corso […] discenderebbe la praticabilità di una porzione del Palazzo […] da parte del Museo dell’audiovisivo mentre la convenzione prevede la piena utilizzabilità dell’intero complesso […]”e che la medesima convenzione “prevede una procedura concorsuale pubblica unificata relativa all’adeguamento impiantistico e funzionale dell’intero Palazzo” con “economie di spesa rispetto al prezzo base della gara bandita dal Ministero”, si cita anche l’art. 18, lett. q), del bando di gara, per cui l’Amministrazione si riservava “a suo insindacabile giudizio di non aggiudicare la gara o di annullarla o revocarla” senza dover corrispondere “compensi, indennizzi o danni a qualsiasi titolo ai partecipanti alla gara”.

4. Imac s.p.a., partecipante alla gara indetta con il bando pubblicato il 7 novembre 2007, con il ricorso n. 8435 del 2009 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha chiesto l’annullamento, quanto al ricorso introduttivo: del citato provvedimento del Direttore generale per i beni librari, gli istituti culturali ed il diritto d'autore del Ministero per i beni e le attività culturali, del 9 giugno 2009, di revoca della gara indetta per l'affidamento dei lavori di adeguamento strutturale, funzionale, impiantistico ed allestimento locali relativi al Museo dell'audiovisivo; del presupposto provvedimento, D.D.G. del 19 giugno 2007; di tutti gli atti e provvedimenti connessi e consequenziali; della nota del Ministero per i beni e le attività culturali prot. 5882 del 22 giugno 2009; del protocollo d'intesa sottoscritto in data 28 maggio 2009 tra il Ministero per i beni e le attività culturali ed il Ministero per lo sviluppo economico; quanto ai motivi aggiunti: della nota 27 novembre 2008 n. 24947 del Ministero dello sviluppo economico; della nota 11 dicembre 2008 di risposta del Ministro per i beni e le attività culturali; del protocollo d’intesa del 28 marzo 2009; della convenzione del 28 maggio 2009 tra EUR s.p.a., la Fondazione Italia Valore ed il MiBAC; nonché l’accertamento del danno ingiusto patito dalla ricorrente a causa delle illegittimità compiute dall’appaltante e la condanna del Ministero al relativo risarcimento.

5. Il Tribunale amministrativo, con la sentenza n. 4175 del 2010, ha respinto il ricorso ed i relativi motivi aggiunti nella parte relativa alla richiesta di annullamento della revoca e degli atti presupposti; ha accolto in parte la domanda di risarcimento dei danni “nei sensi, nei modi e nella misura di cui in motivazione”; ha condannato il Ministero resistente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate nel complesso in euro 3.000,00 (tremila/00).

6. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento in parte qua della sentenza di primo grado e, per l’effetto, il rigetto del ricorso introduttivo della s.p.a. IMAC.

7. All'udienza del 19 luglio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nella sentenza di primo grado, respinta l’eccezione di difetto di interesse della ricorrente, sono anzitutto rigettati i motivi di ricorso relativi alla violazione dei principi in materia di autotutela dell’Amministrazione ed alla illegittimità del richiamo del citato art. 18, lett. q), del bando. Al riguardo il primo giudice afferma che, data in linea di principio la possibilità della revoca degli atti di gara per ragioni di pubblico interesse o per vizi di merito e dell’annullamento per vizi di legittimità, anche dopo l’avvio della procedura di scelta del contraente, nella specie le censure dedotte avverso il provvedimento di revoca per difetto di motivazione e assenza delle ragioni di pubblico interesse, non attingono la massa critica sufficiente a far giudicare il provvedimento viziato e da annullare, né risulta illegittima la detta clausola dell’art. 18, in quanto, secondo il ricorrente, non specificamente sottoscritta, poiché il mutare dell’interesse in origine perseguito consente l’annullamento o revoca dei procedimenti di gara, non valendo perciò il richiamo della clausola, in quanto legittima, ad inficiare il provvedimento di revoca; l’efficacia di tale clausola è però limitata alla stipula del contratto o alla scadenza del termine, coincidente con la scadenza della polizza fideiussoria, che la stessa stazione appaltante si è data per concludere il procedimento, non avendo perciò essa effetti preclusivi rispetto alle pretese risarcitorie dei concorrenti.

A quest’ultimo riguardo nella sentenza, pur riconosciuta la legittimità della revoca, si afferma la responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione per gli affidamenti suscitati nell’impresa dagli atti della procedura ad evidenza pubblica, con violazione dei doveri di lealtà e di buona fede di cui all'art. 1337 Cod. civ., da ricollegare: all’adozione di scelte contraddittorie da parte del Ministero appaltante attraverso intese operative, in spregio degli oneri di programmazione annuale e pluriennale dell’Amministrazione e delle esigenze di coerenza e continuità dell’azione amministrativa; agli ingiustificati ritardi di conduzione del procedimento: stasi tra il 2007, data di indizione della gara, e il 30 giugno 2008, data della comunicazione della proroga dei termini per la presentazione delle offerte; all’adozione e comunicazione della revoca oltre il termine dei 180 giorni previsto al punto g) della lettera di invito quale termine per la scadenza della cauzione provvisoria e quindi per la stipula del contratto; all’evidente mancanza di comunicazione tra le strutture di immediata collaborazione ed i vertici dell’amministrazione che avevano in gestione il procedimento; alla mancata comunicazione agli interessati di sopravvenute decisioni, anche solo al fine di consentire loro di riadeguare le proprie strategie aziendali al possibile esito infruttuoso del procedimento.

Ciò posto, non è accolta la quantificazione del danno proposta dalla ricorrente, per le spese di procedura, in euro € 267.074,78, oltre alla richiesta di rivalutazione economica ed interessi, dovendosi considerare, si conclude nella sentenza, che il principio della risarcibilità dell’interesse negativo e della perdita dell’occasione di stipulare altri contratti, basato sulla disciplina di diritto comune ai sensi dell’art. 1337 Cod. civ., non può essere applicato meccanicisticamente nel caso di revoca della procedura, poiché la mancata aggiudicazione di una gara d’appalto è un’evenienza ordinaria, rientrante nel campo del rischio d’impresa, per cui per il suo ristoro si ritiene di dover ricorrere alla valutazione equitativa del danno ai sensi dell'art. 1226 Cod. civ., con stima pari ad € 60.000,00, oltre gli interessi dalla data di pubblicazione della sentenza fino all'effettivo soddisfo.

2. Nell’appello la sentenza è censurata essendo erroneo ritenere che nella specie vi sia stata lesione dell’affidamento, considerato che la revoca non scaturisce da una vicenda posta in essere unilateralmente dal Ministero per i beni e le attività culturali, né da una sua decisione imprevedibile, poiché il Ministero non ha poteri esclusivi riguardo al Palazzo della civiltà italiana, in quanto di proprietà di EUR s.p.a, essendo ciò noto alle imprese partecipanti alla gara e dovendosi perciò ritenere la possibilità di revoca della gara come rientrante nella normale alea del rapporto in esame, data inoltre la previsione di tale ipotesi nel bando.

In questo quadro si contestano gli elementi assunti dal primo giudice a prova della condotta dell’Amministrazione costitutiva di responsabilità precontrattuale, poiché: il periodo di sospensione della gara è stato effettivamente di 44 giorni, non essendovi stata interruzione tra il luglio 2007 e il 3 giugno 2008, dal momento che il bando è stato pubblicato il 7 novembre 2007, con termine per la presentazione delle domande al 6 dicembre 2007, trasmissione degli inviti prevista entro 120 giorni dal 6 dicembre 2007 e loro diramazione il 3 marzo 2008 con fissazione al 12 maggio 2008 per la presentazione delle offerte, essendosi quindi disposta la sospensione di cui si tratta il 21 aprile 2008 fino al 3 giugno successivo; non è stato disatteso il termine di 180 giorni per l’adozione del provvedimento di revoca decorrendo tale termine da quello di scadenza per la presentazione delle offerte, fissato al 10 settembre 2008; il flusso di comunicazione tra le Amministrazioni responsabili è stato serrato, come dimostrato dal carteggio in atti; le decisioni sopravvenute sono state comunicate tempestivamente agli interessati, poiché l’atto di revoca è stato adottato il 9 giugno 2009 e comunicato il 30 giugno successivo, perciò pochi giorni dopo la stipula del protocollo d’intesa e della Convenzione il 28 maggio precedente.

La sentenza è erronea anche, si conclude nell’appello, nella parte in cui liquida equitativamente il danno ragguagliandolo a una parte delle spese di partecipazione, poiché contraddittoria con l’affermazione della insussistenza del diritto alla rifusione delle spese di partecipazione (anche in caso di gara non revocata tutte le imprese non aggiudicatarie subiscono il costo della progettazione), non risultando, di conseguenza, la necessaria prova del danno.

3. Le censure così riassunte sono infondate.

3.1. Secondo l’indirizzo di questo Consiglio di Stato, anche nel caso di revoca legittima degli atti della procedura di gara può sussistere una responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione nel caso di affidamenti suscitati nella impresa dagli atti della procedura ad evidenza pubblica poi rimossi (Cons. Stato, Ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6; V, 30 novembre 2007, n. 6137; 8 ottobre 2008, n. 4947; 11 maggio 2009, n. 2882; VI, 17 dicembre 2008, n. 6264) potendo aver confidato l’impresa sulla possibilità di diventare affidataria e, ancor più, in caso di aggiudicazione intervenuta e revocata, sulla disponibilità di un titolo che l’abilitava ad accedere alla stipula del contratto stesso (Cons. Stato, Ad. plen n. 6 del 2005, cit.).

Si tratta allora di verificare se l’Amministrazione, in questo rapporto, abbia violato i doveri di correttezza e buona fede di cui è espressione l’art. 1337 Cod. civ.. Questi, nel quadro di una procedura ad evidenza pubblica, si traducono in primo luogo nell’obbligo di rendere al partecipante alla gara in modo tempestivo le informazioni, necessarie a salvaguardare la sua posizione, su eventi, o sulla rinnovata valutazione dell’interesse pubblico alla gara, che possano far ipotizzare fondatamente la revoca dei relativi atti, in modo da impedire che si consolidi un pericoloso affidamento sulla, invece incerta, conclusione del procedimento; affidamento che deve ritenersi tanto più formato quanto più è avanzato il procedimento di gara.

3.2. In questo quadro il Collegio ritiene che, quand’anche il comportamento dell’Amministrazione possa ritenersi giustificato rispetto a taluno dei rilievi individuati dal primo giudice rispetto a singole fasi, resta indubbio che nel procedimento in esame, in linea generale, l’azione amministrativa non risulta compiutamente coerente con le esigenze di programmazione e di continuità dell’attività corrispondente e che, in particolare, l’Amministrazione è giunta a disporre di informazioni idonee a configurare la fondata ipotesi della revoca della gara in una fase del procedimento antecedente a quella in cui la relativa informazione è stata poi resa, con il provvedimento di revoca, risultando l’adempimento quindi tardivo e per tale motivo da qualificare dannoso per i partecipanti alla gara.

Al riguardo si deve osservare che non appare probante allo scopo l’indicazione, prospettata dalla IMAC s.p.a. nella memoria difensiva del 17 giugno 2011, della preesistenza della Fondazione Valore Italia e del suo programma, definito nel maggio 2007, di organizzare nel Palazzo della civiltà italiana l’Esposizione sul made in Italy, non risultando invero acclarata, già per ciò solo, una se non sicura, almeno altamente probabile, incompatibilità tecnica con l’idea del Museo dell’audiovisivo.

Va invece considerata la situazione quale emerge dallo scambio di note fra i Ministri dello sviluppo economico e per i beni e le attività culturali intervenuto tra il 27 novembre e l’11 dicembre del 2008, che rende palese il concorde intento “di procedere con una comune operatività in alcune fasi anche progettuale […] volta alla ottimizzazione delle risorse pubbliche”, e perciò la consapevolezza della necessità dell’armonizzazione dei progetti per il più efficiente uso delle dette risorse (da intendersi riferito, evidentemente, all’uso diverso del Palazzo e dei finanziamenti), con la conseguenza che con il citato scambio di note, e perciò non nel periodo di sei mesi trascorsi prima della revoca e della sua comunicazione, è da ritenere oggettivamente emersa l’evenienza di una rivisitazione progettuale tale da poter sfociare nella revoca della gara in corso e si definisce quindi la premessa idonea per la sospensione cautelativa del procedimento di gara, con la sua immediata comunicazione.

Come indicato nella nota del Ministero per i beni e le attività culturali del 27 ottobre 2009, agli atti del giudizio, nel frattempo vi era stata la prosecuzione del procedimento di gara fino alla soglia dell’apertura della busta del “prezzo offerto” e, perciò, fino ad un notevole stato di avanzamento della procedura pur se non perfezionata con la fase dell’aggiudicazione.

3.3. Tutto ciò rilevato, il Collegio ritiene che nella società partecipante alla gara si sia formato un apprezzabile affidamento a fronte della tardiva indicazione della necessità della revisione progettuale, riconoscibile invece almeno con la fine dell’anno 2008.

E’ perciò da condividere la complessiva valutazione del primo giudice poiché, da un lato, pur ritenuta la legittimità della revoca, il comportamento dell’Amministrazione non risulta coerente con l’adempimento del dovere di informazione tempestiva e corretta nei confronti delle parti private, con conseguente responsabilità precontrattuale. Dall’altro, l’affidamento della società appellata non aveva raggiunto il maggiore e netto grado di consolidamento proprio di chi sia risultato aggiudicatario, non potendo, inoltre, essere del tutto trascurato l’elemento della disposizione di cui all’art. 18, lett. q), del bando comunque nota ai partecipanti alla gara.

Alla luce di queste considerazioni il Collegio ritiene di confermare la quantificazione del danno stimato in via equitativa dal primo giudice nella misura di euro 60.000,00 (sessantamila/00), con interessi legali dalla data della pubblicazione della sentenza di primo grado fino al soddisfo.

4. Per quanto considerato l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Il Collegio ritiene che la particolare articolazione dei profili giuridici della controversia giustifichi la compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe n. 6740 del 2010.

Spese del secondo grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2011, con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Severini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore

Fabio Taormina, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere

 

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/09/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

Autore/Fonte: www.giustizia-amministrativa.it AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI)       
 

 

 


 


Autore / Fonte: WWW.GIUSTIZIA-AMMINISTRATIVA.IT

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