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02 AGOSTO 2011 - CONSIGLIO DI STATO TERZA SEZIONE NR.4601 DEL 02 AGOSTO 2011

PROCESSO AMMINISTRATIVO - TERMINE DI COSTITUZIONE IN APPELLO PREVISTO DALL'ART.46 DEL CPA - PERENTORIETA' - ESCLUSIONE IN ASSENZA DI UNA ESPRESSA COMMINATORIA DI LEGGE

 

 

N. 04601/2011REG.PROV.COLL.

N. 10214/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10214 del 2010, proposto da:
Giuseppina Catalano, rappresentata e difesa dagli avv. Luciana Colantoni e Franco Buonassisi, con domicilio eletto presso l’avv. Luciana Colantoni in Roma, via G. Belli n. 60;

contro

Regione Marche, rappresentata e difesa dall'avv. Gabriella De Berardinis, con domicilio eletto presso l’avv. Michele Romano in Roma, via Domenico Morichini n. 41;

nei confronti di

Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR), Zona Territoriale n.1 (già USL n. 3 di Pesaro);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MARCHE - ANCONA: SEZIONE I n. 02455/2010, resa tra le parti, concernente RICONOSCIMENTO AUTONOMIA TECNICO FINANZIARIA DEL SERVIZIO DI ONCOLOGIA

 


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Marche;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2011 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti gli avvocati Colantoni e Romano su delega di Bernardinis;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


 

FATTO

Con deliberazione 27 marzo 1990 n. 283 il comitato di gestione dell’USL n. 3 di Pesaro riconosceva alla dott. Giuseppina Catalano, aiuto corresponsabile del servizio di oncologia dell’ospedale San Salvatore, la qualifica di primario dello stesso servizio a decorrere dal primo giorno del mese successivo all’approvazione da parte del co.re.co.; tanto nella considerazione dell’autonomia del detto servizio sotto il profilo tecnico-funzionale, tenuto anche conto che nell’organico revisionato ex d.m. 13 settembre 1988 era previsto il posto di primario. Tuttavia, con decisione 21 maggio 1991 n. 12588 il co.re.co. annullava l’indicata deliberazione previa richiesta di chiarimenti.

Con ricorso e successivi motivi aggiunti la dott. Catalano impugnava l’atto negativo di controllo davanti al Tribunale amministrativo regionale per le Marche, che con sentenza 17 giugno 2010 n. 2455 della sezione prima respingeva il medesimo ricorso.

Di qui l’appello in epigrafe con cui, richiamati i contenuti dei propri atti di primo grado, l’interessata ha dedotto:

1.- Il TAR ha respinto la censura di omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di controllo dovendo ritenersi che la ricorrente fosse, per lo meno aliunde, informata del procedimento stesso in quanto nel provvedimento del comitato di gestione si precisava che il riconoscimento delle funzioni di primario avrebbero avuto effetto solo dopo l’approvazione da parte del co.re.co.. Non ha perciò tenuto conto che dovevano essere portati a conoscenza dell’interessata tutti gli elementi necessari per consentirle l’attiva partecipazione mediante esposizione delle ragioni atte a sostenere la legittimità dell’atto controllato.

2.- In ordine alla doglianza secondo cui illegittimamente il co.re.co. aveva richiesto chiarimenti in luogo di annullare direttamente l’atto controllato, il TAR ha osservato che lo scopo della relativa norma è quello di anticipare l’opinione dell’organo di controllo e sollecitare l’Amministrazione ad una valutazione più approfondita, secondo le logiche del contraddittorio e della dialettica tra le parti del procedimento. Ma il sub procedimento di controllo non deve rispondere a tali logiche, essendo distinto ed autonomo dal procedimento principale, né ha funzione di anticipare detta opinione, quasi che l’ente controllato possa o debba ritirare l’atto. Pertanto, una volta ritenuto in termini perentori che il provvedimento sia affetto da violazione di legge, non v’è spazio per un’interlocutoria ma deve procedersi all’annullamento nel termine prescritto dall’art. 59, co. 2, della legge n. 62 del 1953, come previsto anche dall’art. 20 della L.R. n. 15 del 1982. D’altra parte, l’USL non aveva nulla da aggiungere, avendo richiamato in delibera precisi precedenti giurisprudenziali.

3.- Nel merito, il TAR ha ritenuto che con la delibera controllata si è proceduto ad una vera riorganizzazione della funzione apicale al di fuori dei principi e delle norme che disciplinavano all’epoca l’attribuzione di mansioni superiori e la copertura di posti vacanti; ciò in base a orientamenti giurisprudenziali che possono non essere condivisi e senza che siano stati forniti sufficienti elementi di fatto per comprendere che tali orientamenti si riferissero a situazioni organizzative identiche. In tal modo ha fornito alla motivazione del co.re.co. un supporto integrativo - peraltro generico ed apodittico - sulla scorta delle difese della Regione, la quale sosteneva che per la procedura di posti vacanti occorresse il concorso pubblico, in base a deroga regionale in rapporto all’art. 9 della legge n. 207 del 1985, e che nessuna norma prevedesse la possibilità dei dipendenti delle USL di accedere a posizioni più elevate al di fuori dell’iter concorsuale. Il co.re.co. si è limitato, invece, ad enunciare il principio generale della necessità del concorso pubblico, senza prendere in esame gli elementi specificati nel provvedimento e confermati nei chiarimenti, né motivare sulle ragioni per cui dissentiva.

In data 27 aprile 2011 la Regione Marche si è costituita in giudizio con atto contenente controdeduzioni.

L’appello è stato introitato in decisione all’odierna udienza pubblica, nel corso della quale il difensore dell’appellante ha eccepito la tardività della costituzione in giudizio della Regione.

DIRITTO

1.- Com’è esposto nella narrativa che precede, si controverte dell’annullamento in sede di controllo del “riconoscimento” della qualifica di primario del servizio autonomo ospedaliero di oncologia, disposto “con effetto dal 1° giorno del mese successivo alla data di approvazione del presente atto da parte del Comitato Regionale di Controllo” in favore del preposto aiuto corresponsabile dott. Giuseppina Catalano dall’USL n. 3 delle Marche con deliberazione 27 marzo 1990 n. 283.

Tale deliberazione muove dalla constatazione dell’organico del servizio, prevedente un posto di aiuto corresponsabile (appunto ricoperto dalla dott. Catalano) ed uno di assistente medico, e dal dato della sottoposizione del servizio stesso alle dirette dipendenze della direzione sanitaria, sicché si tratterebbe di servizio autonomo, il cui preposto, se in possesso dell’idoneità nazionale di primario come la dott. Catalano, avrebbe titolo alla posizione funzionale apicale anche in assenza del corrispondente posto in pianta organica (peraltro nella specie previsto nell’organico revisionato ex d.m. 13 settembre 1988), alla stregua di due richiamate pronunce del Consiglio di Stato.

Con decisione del 30 aprile 1990 il co.re.co., rilevata la “palese illegittimità” del provvedimento in assenza della preventiva delibera assembleare e dei prescritti provvedimenti regionali, nonché senza il “rispetto delle procedure previste dalla legge”, ha chiesto chiarimenti in ordine alle “ragioni per le quali (l’Ente) non ritiene di doversi uniformare alle vigenti disposizioni di legge prevedendo nel rispetto delle prescritte procedure l’istituzione del servizio e dei posti conseguenti da ricoprire nel rispetto delle regole”.

Con note datate 1° agosto 1990 e 2 maggio 1991 l’USL ha allegato altra pronuncia e ha precisato che dalla giurisprudenza richiamata si evinceva come per il disposto riconoscimento della posizione apicale occorressero due requisiti entrambi sussistenti, costituiti dal possesso dell’idoneità primariale e dall’autonomia del servizio, ossia dalla impossibilità della sua aggregazione ad una divisione affine, in presenza dei quali sussisterebbe in via diretta il diritto del responsabile a detta posizione, a nulla rilevando la mancata previsione del relativo posto nell’organico; con la seconda nota, nell’insistere sul carattere automatico del riconoscimento operato nel concorso dei predetti due requisiti, ha aggiunto che, nelle more, l’Assemblea intercomunale aveva rideterminato l’organico del servizio di oncologia con deliberazione esaminata senza rilievi dal co.re.co..

Con decisione del 21 maggio 1991 l’organo di controllo ha annullato la deliberazione n. 283 del 1990 “visto e richiamato l’art. 9 della legge 207/1985 che disciplina le procedure per la copertura provvisoria e definitiva dei posti vacanti d’organico” e nel rilievo dell’assenza della “prescritta deroga regionale, presupposto essenziale per poter avviare le procedure dell’avviso pubblico e del concorso pubblico”, nonché della mancata previsione da parte di alcuna norma dell’accesso a posizioni più elevate dei dipendenti delle unità sanitarie locali “fuori dell’iter consentito dalla citata disposizione di legge”.

2.- Ciò posto, va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità per tardività della costituzione in giudizio della Regione Marche, sollevata dall’appellante con riferimento ai termini previsti dall’artt. 46 e 73 del codice del processo amministrativo.

La Sezione è infatti dell’avviso che il termine di sessanta giorni dal perfezionamento della notificazione nei propri confronti, assegnato alle parti intimate per la costituzione in giudizio dal primo dei citati articoli, non abbia carattere perentorio in assenza di una puntuale comminatoria di legge, in ciò non diversamente dagli analoghi termini a suo tempo previsti dall’art. 37 del t.u. del Consiglio di Stato approvato con r.d. 26 giugno 1924 n. 1054 e dall’art. 22 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 (cfr, a quest’ultimo riguardo, Cons. St., sez. V, 19 marzo 1991 n. 304).

Il termine in parola, lungi dal rappresentare un onere per la parte resistente, ha invece una funzione garantistica in suoi favore, nel senso che sino a che esso non è decorso non possono essere compiuti in suo pregiudizio atti che presuppongano la pienezza del contraddittorio (salva la specificità della fase cautelare, che prevede termini diversi). La parte resistente che non sfrutta la possibilità di costituirsi entro l’apposito termine non perde il diritto di difendersi e, quindi, di costituirsi, ma semmai si espone al rischio che nelle more vengano presi provvedimenti pregiudizievoli senza averne potuto discutere.

Altra questione è quella della tardività delle memorie difensive depositate dopo la scadenza del al termine di trenta giorni liberi prima dell’udienza, fissato dal cit. art. 73 c.p.a. per la produzione di memorie. E poiché tale termine è espressione del generale principio di rispetto del contraddittorio, a sua volta riconducibile al principio dell’equo processo di cui all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo resa esecutiva con legge 4 agosto 1955 n. 848, in questa sede non si terrà conto delle controdeduzioni svolte dalla Regione nel proprio atto di costituzione (cfr., in fattispecie simile, Cons. St., sez. VI, 30 settembre 2008 n. 4699) – fermi restando, per quanto detto sopra, gli altri effetti processuali dell’atto stesso.

3.- Nel merito, è infondato il primo motivo d’appello, col quale si reitera la censura di omesso avviso di avvio del procedimento, disattesa dal primo giudice nella considerazione che, stante la specificazione nella deliberazione sottoposta a controllo della sua decorrenza solo dopo il suo positivo esame, la ricorrente doveva ritenersi a conoscenza perlomeno aliunde del procedimento di secondo grado, per cui avrebbe potuto intervenirvi senza necessità di comunicazione formale.

Invero, l’esistenza della fase integrativa dell’efficacia della delibera era dato di fatto che avrebbe dovuto essere nella cognizione dell’interessata una volta informata dell’adozione della deliberazione, sicché ella avrebbe semmai dovuto eventualmente dolersi nei confronti dell’amministrativa attiva di non aver avuto conoscenza appunto dell’adozione del provvedimento in corso a lei favorevole, piuttosto che nei confronti dell’organo di controllo di non aver avuto notizia della sottoposizione dell’atto ad esso. D’altro canto, per un verso nella specie non è ipotizzabile l’obbligo di comunicazione di cui si discute, dal momento che la fase di controllo preventivo, di cui trattasi, si inserisce nello stesso procedimento dell’atto controllato, in ciò diversamente dal sub-procedimento di controllo statale dell’autorizzazione paesaggistica locale al quale ha riguardo la giurisprudenza richiamata dall’appellante; per altro verso, poiché anche alla luce dei chiarimenti forniti l’esito del controllo non avrebbe potuto essere diverso – come risulterà in prosieguo – e trattandosi di atto vincolato, allo stato non può non essere fatta comunque applicazione alla fattispecie in esame dell’art. 21 octies, co. 2, dell’invocata legge n. 241 del 1990 e ss.mm.ii., il quale stabilisce la non annullabilità in tal caso del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento.

4.- Col motivo seguente si censura la sentenza appellata laddove ha respinto la deduzione secondo cui, in sostanza, il co.re.co. avrebbe eluso i termini di controllo in quanto, avendo rilevato l’illegittimità dell’atto, non vi sarebbe stato spazio per la richiesta di chiarimenti in luogo dell’immediato annullamento.

Anche tale motivo non può essere condiviso.

Al riguardo, premesso che nel sistema di controllo di legittimità sugli atti degli enti locali la richiesta di chiarimenti e di elementi integrativi di giudizio ben può riguardare le circostanze sia di fatto che di diritto assunte a presupposto del provvedimento, in mancanza dei quali l’organo di controllo ritiene di non potere compiutamente esercitare il controllo (così Cons. St., sez. IV, 21 maggio 2004 n. 3345), nella specie appare chiaro che l’organo di controllo si è limitato a chiedere all’Ente di fornire più convincenti elementi di fatto e di diritto a sostegno di un provvedimento, la cui legittimità, pur presentandosi sin dall’inizio dubbia, non poteva essere aprioristicamente esclusa. Peraltro, è noto che l’organo di controllo può richiedere i chiarimenti ritenuti più opportuni per una completa valutazione dell’atto sottoposto al suo esame anche qualora detto atto presenti prima facie vizi evidenti; ciò in quanto detto organo esercita un potere istituzionale che non è in alcun modo condizionato dalla natura dei vizi eventualmente riscontrati (cfr., in tal senso, Cons. St., sez. V, 18 agosto 1997 n. 919)

5.- Non si può aderire neppure all’ultimo motivo, riguardante più specificamente il merito della vicenda. Ciò per l’assorbente profilo della evidente legittimità della ragione di annullamento, esplicitata in modo inequivoco nel provvedimento negativo di controllo, costituita dalla violazione dell’art. 9 della legge 20 maggio 1985 n. 205, il quale prevede che l’accesso a posti presso le unità sanitarie locali avvenga secondo le regole proprie dell’accesso agli impieghi presso le amministrazioni pubbliche, ossia mediante l’espletamento di concorsi, eccezionalmente per tre anni da parte delle stesse unità sanitarie locali anziché delle regioni, ma previa autorizzazione regionale, ovvero di pubbliche selezioni per il conferimento di incarichi provvisori in attesa dell’espletamento del concorso.

Al contrario di quanto deliberato dall’Ente, la situazione della dott. Catalano, di aiuto corresponsabile di servizio ospedaliero autonomo munito di idoneità nazionale di primario, non consente di superare dette regole.

Com’è ormai assodato in giurisprudenza, anche in vigenza dell’art. 9 del d.P.R. 27 marzo 1969 n. 128 la posizione in parola era prevista ai soli fini funzionali, esclusa ogni equipollenza alla qualifica di primario (cfr. Cons. St., sez. V, 7 aprile 1992 n. 295). Con il d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 siffatta l’equipollenza è stata stabilita, con norma eccezionale - derogatoria all’ordinario principio del concorso pubblico e valevole solo per il passato - unicamente ai fini dell’inquadramento nei ruoli nominativi regionali; pertanto, non possono essere inquadrati con la qualifica apicale i dipendenti che abbiano conseguito la posizione di aiuto corresponsabile di servizio autonomo successivamente alla data di entrata in vigore del detto decreto presidenziale (20 dicembre 1979), essendo in ogni caso precluso dopo tale data il conferimento della stessa qualifica apicale (cfr. Cons, St., sez. V, 18 ottobre 1996 n. 1253, 21 ottobre 1991 n. 1249 e 1° febbraio 1990 n. 52); ciò, ovviamente, se non a seguito di apposita procedura concorsuale svolta nel rispetto della normativa in atto vigente.

Ne deriva che, come ritenuto nella specie dal co.re.co., alla dott. Catalano non poteva essere riconosciuta la qualifica apicale, parimenti se non a seguito di detta procedura, atteso che il riconoscimento, a sua volta, del carattere autonomo del servizio di oncologia è avvento formalmente solo con deliberazione 18 febbraio 1001 n. 22 dell’Assemblea intercomunale o, se si vuole, di fatto con la stessa deliberazione n. 283 del 1990 dell’USL, negativamente controllata.

6.- In conclusione, l’appello non può che essere respinto.

Come di regola, le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della Regione Marche nella misura fissata in dispositivo, tenuto conto dell’epoca a cui risalgono gli atti di cui si è trattato e del fatto che le difese della controparte sono state ritenute ammissibili solo per il profilo meramente formale della costituzione in giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore della Regione Marche, delle spese del grado, che liquida in complessivi € 1.000,00 (mille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Salvatore Cacace, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere, Estensore

Hadrian Simonetti, Consigliere

 

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/08/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Autore/Fonte: www.giustizia-amministrativa.it AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI)  

 
 


Autore / Fonte: WWW.GIUSTIZIA-AMMINISTRATIVA.IT

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