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11 GENNAIO 2012 - CONSIGLIO DI STATO QUINTA SEZIONE NR.82 DELL' 11 GENNAIO 2012

PROCESSO AMMINISTRATIVO - ORDINE DI DISAMINA DA PARTE DEL GIUDICE DELLE CENSURE PROPOSTE DALLA PARTE - APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DISPOSITIVO - NON SI PUO' PRESCINDERE - DEVONO ESSERE ESAMINATE PER PRIMA LE CENSURE DAL CUI EVENTUALE ACCOGLIMENTO DERIVEREBBE UN EFFETTO PIENAMENTE SATISFATTIVO DELLA PRETESA DI PARTE RICORRENTE - LA DISCREZIONALITA' DEL GIUDICE RESTA SEMPRE CORRELATA ALL'INTERESSE DI CUI LA PARTE RICORRENTE CHIEDE TUTELA

 

 

 

N. 00082/2012REG.PROV.COLL.

N. 01818/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1818 del 2011, proposto da:
MOLE CONSORZIO SOCIETA' COOPERATIVA A R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Romano, con domicilio eletto presso Ennio Luponio in Roma, via Michele Mercati, n. 51;

contro

IMPRESA EDILE CAPONE COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Adinolfi, con domicilio eletto presso Anna Bei in Roma, via Ovidio N.10 c/o Studio Rosati;
COMUNE DI POMPEI, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Gherardo Marone, con domicilio eletto presso Luigi Napolitano in Roma, via Sicilia, 50;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, Sez. VIII, n. 27132 del 7 dicembre 2010, resa tra le parti, concernente PROCEDURA DI AGGIUDICAZIONE RELATIVA ALLA GARA PER I LAVORI DI ADEGUAMENTO ALLE VIGENTI NIORME DI SICUREZZA ED AGLI STANDARDS IGIENICO-SANITARI DELLA SCUOLA ELEMENTARE SALVO D'ACQUISTO;

 


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Impresa Edile Capone Costruzioni Srl e del Comune di Pompei;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2011 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Romano e Palma, per delega dell'Avv. Marone;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 


 

FATTO

1. Il Comune di Pompei in data 27 maggio 2010 ha indetto una gara mediante procedura aperta per l’affidamento dei lavori di adeguamento alle vigenti norme di sicurezza ed agli standards igienico – sanitari della scuola elementare “Salvo D’Acquisto” – I° Circolo Didattico, ivi compreso il ripristino statico mediante demolizione e ricostruzione con nuove strutture in cemento armato conformi alla normativa sismica, per un importo complessivo di €. 920.830,32 oltre I.V.A., da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 53, comma 4, e dell’art. 83 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (secondo criteri di valutazione e relativa ponderazione di cui alla Sezione VIII.3).

All’esito della procedura di gara, cui hanno partecipato dieci imprese e ne sono state escluse otto, i lavori sono stati aggiudicati, prima provvisoriamente, giusta determinazione dirigenziale n. 86 del 4 agosto 2010, e poi definitivamente, giusta determinazione dirigenziale n. 108 del 16 settembre 2010, all’impresa Mole Consorzio Società Cooperativa.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. VIII, con la sentenza n. 27132 del 7 dicembre 2010, definitivamente pronunciando sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dall’Impresa Edile Capone Costruzioni s.r.l., seconda classificata con punti 76,97, per l’annullamento della procedura di gara con la quale i lavori erano stati aggiudicati lla controinteressata Mole Consorzio Società Cooperativa (in particolare della determinazione n. 76 del 15 luglio 2010, di nomina della commissione di gara; della proposta del sindaco prot. n. 26792 del 13 luglio 2010 contenente l’indicazione dei nominativi dei componenti della commissione di gara; dei verbali n. 1, 2, 3, 4, e 5 della commissione di gara; della determina n. 86 del 4 agosto 2010, di approvazione degli atti di gara e aggiudicazione provvisoria; della determinazione n. 108 del 16 settembre 2010, di aggiudicazione definitiva; del contratto ove stipulato, della risposta in data 24 settembre 2010 alla informativa ex art. 243 bis del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e di ogni altro atto comunque lesivo), con conseguente annullamento e/o dichiarazione di inefficacia del contratto ed aggiudicazione dei lavori in suo favore, lo ha accolto.

In particolare, estromessi preliminarmente dal giudizio i membri della commissione per difetto di legittimazione passiva e respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa del consorzio controinteressato per asserita inconciliabilità per conflitto interno delle censura articolate dalla ricorrente, alcune rivolte contro l’aggiudicazione, altre idonee a travolgere l’intera procedura, il tribunale ha ritenuto fondato e assorbente il primo motivo di censura, con cui era stata dedotta la violazione della lex specialis per l’omessa allegazione da parte dell’aggiudicataria delle dichiarazioni richieste a pena di esclusione dal bando di gara (punto XI.4, busta n. 3 relativa all’offerta economica) di cui ai numeri 4 (costo del lavoro in valore assoluto e monte – ore lavorativo previsto per l’esecuzione dell’appalto) e n. 5 (importo delle spese generali, utile di impresa in valore assoluto, attrezzature e macchinari utilizzati ammortizzati e non completamente ammortizzati), omissione che comportava l’esclusione della gara, a nulla rilevando la circostanza, peraltro non veritiera, che tali dichiarazioni fossero contenute anche nel modello A3 (allegato all’offerta economica, destinato ad esplicare le condizioni di vantaggio competitivo delle partecipanti in vista dell’eventuale sub procedimento di anomalia di cui agli articoli 86 e seguenti del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163), trattandosi di modulo del tutto diverso, regolato da altra clausola della lex specialis (punto VIII.2.4.1), tanto più che non poteva farsi gravare sulla stazione appaltante l’onere di verificare se eventuali dichiarazioni, richieste a pena di esclusione nella busta contenente l’offerta economica, fossero allegate o contenute in altri atti e documenti prodotti in sede di gara.

Non essendo stato stipulato il contratto di appalto i primi giudici hanno poi ritenuto superflua ogni statuizione in ordine alla declaratoria di inefficacia del contratto ai sensi degli art. 121 e 122 c.p.a. e di tutela in forma specifica o per equivalente ai sensi dell’art. 124 c.p.a.

3. Mole Consorzio Società Cooperativa a r.l. ha chiesto la riforma di tale statuizione, sostanzialmente riproponendo in forma di motivi di gravame le eccezioni di inammissibilità e di infondatezza del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, a suo avviso, malamente apprezzate, superficialmente esaminate e respinte con motivazione errata, contraddittoria, confusa ed affatto condivisibile.

Il Comune di Pompei si è costituito in giudizio, ricordando di aver aderito nel giudizio di primo grado alle tesi difensive sostenute dall’attuale parte appellante, stante la correttezza dell’operato della commissione di gara, e rilevando di essersi in ogni caso adeguato alla pronuncia cautelare dell’adito Tribunale amministrativo regionale, chiedendo pertanto il rigetto del gravame.

Ha resistito al gravame anche l’Impresa Edile Capone Costruzioni s.r.l. che, oltre a dedurre l’infondatezza del gravame nel merito, ne ha sostenuto l’inammissibilità per l’omessa impugnazione del provvedimento di aggiudicazione in suo favore disposta dall’amministrazione comunale appaltante.

4. Con ordinanza n. 1643 del 13 aprile 2011 la Sezione ha respinto la domanda cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, ritenendo il gravame non sostenuto da una ragionevole previsione di accoglimento in ragione del contenuto letterale del bando ed in relazione alla eccezione di inammissibilità del ricorso in appello sollevata dalla difesa dell’Impresa Capone, ed essendo in fase di avanzata esecuzione il relativo contratto di appalto, con prevalenza dell’interesse pubblico al completamento delle opere.

5. Nell’imminenza dell’udienza di discussione la parte appellante ha illustrato con apposita memoria le proprie tesi difensive.

All’udienza pubblica del 6 dicembre 2011, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. L’infondatezza nel merito dell’appello esime la Sezione dalla delibazione dall’eccezione di inammissibilità dello stesso spiegata dall’Impresa Edile Capone Costruzioni s.r.l. per la dedotta impossibilità da parte del giudice di appello di pronunciare sulla richiesta dell’appellante di disapplicazione del contratto stipulato nelle more del giudizio, a causa della omessa impugnazione della determina di aggiudicazione definitiva dell’appalto a suo favore.

6.1. Con i primi due motivi di gravame, che per la loro stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente, l’appellante, sotto un primo profilo, ha riproposto l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, insistendo sulla asserita inconciliabilità delle relative censure (alcune concernenti la presunta illegittimità delle operazioni di gara incidenti sulla sola aggiudicazione della gara in favore del Consorzio Mole, altre indirizzate a travolgere l’intera procedura di gara ed ad ottenerne la riedizione, senza alcuna precisazione di quali fossero quelle principali e quali quelle proposte in via gradata o alternativa), sottolineando, sotto altro profilo, che i primi giudici, proprio a causa della indicata formulazione del ricorso, avevano inammissibilmente scelto essi stessi le censure da esaminare e quindi anche il bene della vita da riconoscere alla parte ricorrente.

I motivi sono privi di fondamento giuridico.

6.1.1. Occorre innanzitutto premettere che ai fini della regolarità e dell’ammissibilità dei motivi di ricorso è sufficiente che siano identificabili i vizi del provvedimento e individuabili le norme violate, dovendosi essere in ogni caso assicurato il pieno e corretto l’esercizio del diritto costituzionale di difesa, laddove eventuali altri vizi, derivanti da presunte inosservanza delle forme dell’atto processuale devono intendersi sanate in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo dell’atto, argomentando ex art. 156 c.p.c.

Secondo poi un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo di discostarsi, il principio dispositivo, cui è ispirato anche il processo amministrativo, postula che il ricorrente abbia il potere di scegliere le domande da proporre ed anche la possibilità di indicare l’ordine con il quale ritiene che i motivi, all’interno della domanda, debbano essere esaminati (potendo dichiarare l’interesse all’accoglimento di alcuni di essi solo in via subordinata, per l’ipotesi in cui altri non vengano accolti), pur rientrando nel potere del giudice amministrativo, in ragione del particolare oggetto del giudizio impugnatorio legato all’esercizio della funzione pubblica, decidere l’ordine di trattazione delle censure sulla base della loro consistenza oggettiva e del rapporto fra le stesse esistente sul piano logico – giuridico, non alterabile dalla semplice richiesta dell’interessato (ex plurimis, C.d.S., sez. V, 5 settembre 2006; sez. VI, 5 settembre 2002, n. 4487).

D’altra parte è jus receptum che l’interpretazione della domanda giudiziale è rimessa al giudice, che non è vincolato in alcun modo alla qualificazione fattane dalla parte, con l’unico limite del rispetto dei fondamentali principi della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del contraddittorio, non potendo essere riconosciuta alle parti una utilitas non richiesta espressamente o neppure ricavabile in alcun modo dalla interpretazione della domanda giudiziale.

Nell’ambito di tali principi è stato ulteriormente precisato per un verso (con particolare riferimento alla materia degli appalti) che nella disamina dei motivi il giudice deve dare priorità a quelli dal cui accoglimento deriva un effetto pienamente satisfattivo della pretesa (fra cui innanzitutto la censura diretta ad ottenere l’esclusione dalla selezione della ditta prima classificata, C.d.S., sez. VI, 25 gennaio 2008, n. 213; 18 giugno 2008, n. 3002; sez. V, 25 gennaio 2011, n. 515), mentre per altro verso è stato affermato che, fermo restando il ricordato potere officioso del giudice amministrativo di decidere l’ordine di trattazione delle censure proposte nell’ambito di una medesima domanda, allorquando siano proposte più domande, diverse per petitum, la predetta facoltà incontra un limite nel principio dispositivo che non consente al giudice di superare le vincolanti indicazioni del ricorrente (C.d.S., sez. V, 5 settembre 2006, n. 5108); è stato anche evidenziato (in un caso concernente l’impugnazione di una graduatoria di gara) che il giudice deve procedere all’esame dei motivi di censura nell’ordine logico segnato da quei motivi che evidenziano in astratto una più radicale illegittimità del provvedimento, senza che il ricorrente possa di contro pretendere l’esame in via prioritaria della censura preordinata all’aggiudicazione e, solo in caso di mancato accoglimento, del motivo di illegittimità riguardante l’intera procedura (C.d.S., sez. V, 6 aprile 2009, n. 2143).

6.1.2. Nella controversia in esame dalla lettura del ricorso introduttivo del giudizio emerge che i motivi di censura erano effettivamente articolati, in applicazione del principio dispositivo, potendosi ragionevolmente individuarsi un motivo principale (il primo, teso ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione in favore della controparte mediante il riconoscimento della sua illegittima ammissione alla gara, con conseguente affidamento dei lavori in proprio favore) e motivi subordinati al mancato accoglimento del primo (tesi ad ottenere rispettivamente l’annullamento totale, il secondo, ovvero parziale, il terzo ed il quarto, dell’intera procedura di gara).

Non può condividersi la tesi della inconciliabilità dei predetti motivi di censura, irrilevante essendo la circostanza che nel ricorso introduttivo del giudizio non fossero state formalmente ed espressamente indicate le censure principali e quelle che si intendevano far valere in via gradata e/o subordinata, giacchè, a tutto voler concedere, una simile articolazione era ricavabile dall’ordine logico delle censure, oltre che dalla loro stessa lettura del ricorso, condotta secondo il fondamentale principio di buona fede processuale.

Né le censure formulate potevano essere considerate generiche, equivoche o indeterminate, così che deve escludersi in radice che sia stato impedito o ostacolato l’esercizio del diritto costituzionale di difesa (questione cui l’appellante non ha peraltro neppure timidamente fatto cenno).

Deve di conseguenza anche escludersi che i primi giudici abbiano essi stessi, come lamentato dall’appellante, scelto le censure da esaminare e quindi il bene della vita da riconoscere alla parte ricorrente: è sufficiente al riguardo rilevare che il tribunale ha proceduto all’esame delle censure contenute nel ricorso, così come ivi articolate e senza alcuna alterazione dell’ordine indicato dalla parte ricorrente, ritenendo fondato il primo motivo (che determinava l’illegittimità dell’aggiudicazione in favore della controinteressata in quanto erroneamente ammessa alla gara), con conseguente riconoscimento del bene della vita richiesto dalla parte ricorrente e del pieno soddisfacimento di quest’ultima (circostanza cui logicamente conseguiva l’assorbimento delle ulteriori censure).

I rilievi svolti rendono infondata in fatto, ancor prima che in diritto, la pur suggestiva tesi dell’appellante secondo cui i primi giudici, proprio in virtù del loro potere officioso, avrebbero dovuto privilegiare l’esame delle censure che comportavano l’annullamento dell’intera procedura rispetto a quelle che avrebbero determinato il solo annullamento dell’aggiudicazione.

Anche a prescindere dalla circostanza che nel caso di specie risulta essere stata fatta corretta applicazione del principio dispositivo (secondo i sopra citati indirizzi giurisprudenziali), la Sezione rileva che il precedente giurisprudenziale invocato dall’appellante non è pertinente al caso di specie, riferendosi ad una ipotesi in cui sussisteva una pluralità di domande (ricorso principale e ricorso incidentale) e quindi interessi privati contrastanti che non si rinvengono nel caso in esame, in cui sussiste una sola domanda della parte ricorrente articolazione in motivi principali e subordinata, non potendosi attribuire al processo amministrativo un’essenza di giurisdizione oggettiva che non è conforme alla sua stessa origine storica ed alla sua funzione; sotto altro profilo, poi, l’accoglimento della tesi dell’appellante finirebbe per assicurarle una inammissibile utilitas, cioè la possibilità della riedizione della gara che non solo essa non ha richiesto (non avendo proposto alcuna domanda giudiziale), ma che non poteva neppure richiedere per difetto di interesse una volta accertata l’illegittima ammissione alla gara.

6.2. Anche le doglianze di merito, contenute nel terzo e nel quarto motivo di gravame, anch’esse da esaminare congiuntamente, sono infondate.

6.2.1. Il bando di gara alla Sezione XI.4., rubricata “Offerta economica (busta n. 3)”, prevedeva che detta busta dovesse contenere, a pena di esclusione, tra l’altro: “4) Dichiarazione relativa al costo del lavoro (in valore assoluto) e al monte – ore lavorativo previsto per l’esercizio dell’appalto” e “5) Dichiarazione relativa all’importo delle spese generali, all’utile d’impresa (in valore assoluto), alle attrezzature e macchinari utilizzati ammortizzati e non completamente armonizzati”.

La successiva Sezione XII “Esclusione dalla gara”, al primo capoverso, specificava che “Fermi restando gli accertamenti relativi alle cause di esclusione di cui all’art. 38 del Dlgs 163/06 e s.m.i., comporterà esclusione dalla gara la mancata presentazione anche di una sola delle dichiarazioni o documenti richiesti o l’incompletezza sostanziale degli stessi, ovvero l’inosservanza di anche una sola delle prescrizioni per la partecipazione alla gara espresse come tali nelle Sezioni V, VI, VII, X e XI”, aggiungendo poi, al secondo capoverso, che non avrebbero dato luogo all’esclusione dalla gara: 1. la presentazione di documenti non in regola con la vigente normativa sul “bollo” (in quest’ultimo caso si sarebbe proceduto alla regolarizzazione della mancanza o dell’insufficienza del bollo a norma di legge); 2. la presentazione di documentazione cumulativa da parte del singolo concorrente, in carta semplice, inerente i contenuti di cui alle lett. B), C), D), E), R) e S) della Sezione IX.2.; 3. la mancata presentazione dell’attestato di presa visione dei documenti dell’appalto e l’avvenuto sopralluogo.

Per completezza occorre aggiungere che il bando di gara indicava espressamente anche i singoli modelli allegati all’istanza di partecipazione, tra cui il modello “A3”, concernente la dichiarazione giustificativa delle condizioni di vantaggio, di cui al punto 3 del ricordato paragrafo XI.4, che, pure a pena di esclusione, doveva essere inserita nella busta n. 3 (Offerta economica).

6.2.2. Ciò posto, deve innanzitutto rilevare che a fronte della formulazione letterale delle ricordate clausole del bando, sulla cui violazione è incentrata la censura spiegata con il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, accolta dai primi giudici, le timide eccezioni di genericità della censura stessa sollevata dall’appellante per non essere stato indicato in che cosa consistesse la illegittimità della contestata allegazione depositata da Mole Consorzio Società Cooperativa a r.l. (se cioè fosse una omissione di allegazione ovvero una allegazione irregolare) sono del tutto strumentali e prive di qualsiasi rilievo.

Passando al merito la Sezione osserva che, come del resto si desume dalla lettura dell’atto di appello, non è contestato in punto di fatto che Mole Consorzio Società Cooperativa a r.l. non avesse presentato le dichiarazioni, previste a pena di esclusione, dai punti 4 e 5 della Sezione XI.4. del bando di gara, sostenendosi piuttosto che quelle stesse dichiarazioni o meglio i contenuti di quelle dichiarazioni (costo del lavoro, monte ore lavorativo per l’esercizio dell’appalto; spese generali, utile d’impresa, attrezzature e macchinari utilizzati ammortizzati e non completamente ammortizzati) erano presenti anche nel modello A.3., allegato alla domanda, così che nessuna sostanziale violazione delle prescrizioni della gara vi era stata (non potendosi ragionevolmente ammettersi una inutile duplicazione di dichiarazioni, in palese contrasto con il principio di non aggravamento del procedimento).

Sennonché una simile tesi non solo è in palese contrasto con il ricordato tenore letterale del bando di gara, che prevede tre distinte dichiarazioni, tutte a pena di esclusione (una concernente l’esplicazione delle condizioni di vantaggio competitivo che consentono economie sugli elementi costitutivi dell’offerta, punto 3, della Sezione XI.4, da rendere sul modello “A.3”; l’altra concernente il costo del lavoro (in valore assoluto) e al monte – ore lavorativo previsto per l’esercizio dell’appalto, punto 4 della Sezione XI.4; l’altra ancora concernente l’importo delle spese generali, l’utile d’impresa (in valore assoluto), per quanto implica un giudizio di equivalenza tra la dichiarazione di cui al punto 3 e quelle di cui ai successivi punti 4 e 5 della stessa Sezione XI.4 del bando di gara che, ancor prima di essere sfornita di qualsiasi elemento o indizio probatorio, è smentita dalla stessa funzione assegnata alla dichiarazione di cui al punto 3, che è espressamente finalizzata a fornire elementi giustificativi delle condizioni di vantaggio competitivo dell’offerta presentata (così che la circostanza che essa contenga anche gli elementi di cui alle dichiarazioni dei successivi punti 4 e 5 della Sezione XI.4. è una mera evenienza di fatto del tutto irrilevante ai fini della fondatezza della prospettazione dell’appellante).

D’altra parte a condividere la tesi dell’appellante si giungerebbe ad una inammissibile disapplicazione della lex specialis di gara (che, com’è noto, vincola non solo i concorrenti, ma la stessa amministrazione appaltante), mediante un’interpretazione del tutto soggettiva, contrastante, come accennato, con la sua formulazione letterale, in palese violazione dei fondamentali principi della parità di trattamento dei concorrenti e dell’affidamento; ciò senza contare, peraltro, che l’appellante non ha giammai impugnato le clausole del bando di cui si discute sotto il profilo dell’eventuale violazione dei principi dell’art. 2 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, sub specie della proporzionalità e della utilità della asserita duplicità delle dichiarazioni in argomento.

E’ appena il caso di aggiungere che, come pure evidenziato dai primi giudici, la dichiarazione di cui al punto 5 della Sezione XI.4 del bando prevedeva l’indicazione dell’utile di impresa in valore assoluto e che tale elemento non è contenuto nel modello A.3., in cui l’utile di impresa è genericamente indicato in misura percentuale, così che neppure vi è identità tra quanto richiesto dalle clausole del bando e quanto effettivamente dichiarato dall’impresa concorrente; in ogni caso anche a voler ammettere che il valore dell’utile di impresa fosse ricavabile con un’operazione meramente aritmetica, come sostiene dall’appellante, tale elemento non è di per sé sufficiente ad inficiare le conclusioni cui sono giunti i primi giudici in ordine alla erronea ammissione di Mole Consorzio Società Cooperativa a r.l. per l’omessa allegazione delle dichiarazioni cui si è fatto cenno in precedenza.

7. In conclusione l’appello deve essere respinto.

Tuttavia la peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Mole Consorzio Società Cooperativa a r.l. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. VIII, n. 27132 del 7 dicembre 2010, lo respinge.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Calogero Piscitello, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Eugenio Mele, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

 

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/01/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 Autore/Fonte: www.giustizia-amministrativa.it AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI)     



 

 


Autore / Fonte: WWW.GIUSTIZIA-AMMINISTRATIVA.IT

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