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14 SETTEMBRE 2011 - CONSIGLIO DI STATO TERZA SEZIONE NR.5130 DEL 14 SETTEMBRE 2011

INTERDITTIVA ANTIMAFIA TIPICA -  IN PRESENZA DI RAPPORTO DI PARENTELA CON SOGGETTI APPARTENENTI ALLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA - AUTOMATISMO - ESCLUSIONE IN ASSENZA DI ULTERIORI ELEMENTI

 

 

 

N. 05130/2011REG.PROV.COLL.

N. 01434/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1434 del 2011, proposto da:
Pulimagil Soc. Coop. a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Biagio Capasso ed Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso lo Studio Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde n. 2;

contro

- il Ministero dell'Interno, l’U.T.G. - Prefettura di Caserta, la Questura di Caserta, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno;
- il Ministero della Difesa;
- il Ministero dell'Economia e delle Finanze;
- la Direzione Investigativa Antimafia di Napoli;
- il Comando Generale della Guardia di Finanza, il Comando della Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Caserta, la Guardia di Finanza-Gico di Napoli;
- il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, il Comando Regione Carabinieri della Provincia di Caserta,
in persona dei rispettivi rappresentanti legali, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- la Coop. Ge. di Pulizia e Sanificazione Ambientale S.c.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
- il Comune di Lavagna, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Roberto Falcone e Marco Prosperetti, con domicilio eletto presso Marco Prosperetti in Roma, via Pierluigi da Palestrina n. 19;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione I, n. 25872 del 29 novembre 2010, resa tra le parti, concernente l’informativa antimafia dell’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta n. 407/12.B16/AANT/AREA 1^ del 28 settembre 2009, nonché il provvedimento con il quale il Comune di Lavagna, sulla base di tale informativa, ha deliberato di revocare l’appalto di pulizia degli immobili comunali che era stato aggiudicato all’appellante.

 


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura Generale dello Stato e del Comune di Lavagna;

Viste le memorie difensive;

Vista l’ordinanza di questa Sezione n. 1150 dell’11 marzo 2011 con la quale è stata respinta la domanda di sospensione cautelare della sentenza appellata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 maggio 2011 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti gli avvocati Capasso, Lentini, su delega di Clarizia, Tomassetti, su delega di Prosperetti, e l’avvocato dello Stato Fedeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


 

FATTO e DIRITTO

1.- La Cooperativa Pulimagil era risultata destinataria, il 12 giugno 2008, di una interdittiva antimafia, emessa ai sensi dell’art. 4 del d. lgs. n. 490 del 1994. La Cooperativa impugnava tale interdittiva davanti al TAR per la Campania e, in data 17 marzo 2009, presentava istanza alla Prefettura di Caserta per il riesame della propria posizione.

La Prefettura di Caserta, con provvedimento n. 407/12.B16/AANT/AREA 1^ del 28 settembre 2009, emetteva tuttavia, a seguito di tale riesame, una nuova misura interdittiva.

La Cooperativa Pulimagil impugnava davanti al TAR per la Campania anche tale nuova misura, nonché il provvedimento con il quale il Comune di Lavagna, sulla base di tale provvedimento, aveva deliberato, il 24 ottobre 2009, di revocare l’appalto di pulizia degli immobili comunali che era stato aggiudicato all’appellante.

2.- Il TAR per la Campania, sede di Napoli, con sentenza della Sezione I n. 25871 del 29 novembre 2010, accoglieva il ricorso proposto avverso la prima interdittiva ma, con la successiva sentenza n. 25872, sempre in data 29 novembre 2010, respingeva il ricorso proposto avverso la seconda interdittiva e la conseguente revoca dell’appalto di pulizia degli immobili del Comune di Lavagna.

3.- La Cooperativa Pulimagil appella ora la predetta sentenza (n. 25872 del 29 novembre 2010) ritenendola erronea sotto diversi profili.

L’appellante, dopo aver ricordato che il giudizio di sussistenza del pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata trova fondamento nella nota del Comando Carabinieri di Caserta del 13 settembre 2007, che evidenzia la sussistenza di un rapporto di parentela fra il presidente del Consiglio di amministrazione della cooperativa (Cantiello Michele), una consigliera (Cantiello Teresa, sorella del primo) e il padre dei due (Cantiello Luigi), arrestato per un episodio di estorsione aggravata avvenuta 14 anni addietro nonché fratello di un capoclan della zona (Cantiello Antonio), deceduto nel 1996, ha sostenuto, in particolare, che il giudice di primo grado ha dato rilievo a tali elementi, “smentendosi clamorosamente” rispetto alla precedente sentenza n. 25871, sulla base di una nota del 2 dicembre 2008 con la quale la Polizia Tributaria di Caserta si era limitata a fornire notizie circa la residenza degli interessati nel Comune di Santa Maria La Fossa, e non aveva invece tenuto conto che il signor Cantiello Luigi (padre di Cantiello Michele e di Cantiello Teresa), dopo aver espiato la condanna inflittagli, ha sempre tenuto un comportamento irreprensibile, non ha alcun elemento di contatto attuale con la malavita organizzata ed è totalmente estraneo alle vicende della società Pulimagil.

Considerato che la semplice sussistenza di legami di parentela con una persona colpita da precedenti condanne non è sufficiente per configurare un tentativo di infiltrazione mafiosa, il condizionamento, secondo l’appellante, non poteva essere ricavato solo dalle nuove notizie riguardanti le residenze degli interessati.

Inoltre, secondo l’appellante, il TAR ha omesso del tutto di considerare che all’epoca della scomparsa dello zio Cantiello Antonio, avvenuta nel 1996, nonché della tentata estorsione commessa dal padre (Cantiello Luigi), i signori Cantiello Michele e Cantiello Teresa avevano rispettivamente 22 ed 11 anni ed erano quindi ovviamente estranei a tali vicende.

4.- Il presente appello ha quindi per oggetto la sentenza con la quale il TAR per la Campania ha respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento con il quale il Prefetto di Caserta, il 28 settembre 2009, ha rinnovato l’interdittiva antimafia nei confronti della appellante Pulimagil, nonché il provvedimento con il quale il Comune di Lavagna, sulla base di tale interdittiva, ha deliberato di revocare l’appalto di pulizia degli immobili comunali che era stato aggiudicato alla indicata società.

Considerato peraltro che il provvedimento del Comune di Lavagna era un atto dovuto, l’appellante ha concentrato le sue doglianze avverso i contenuti del suddetto provvedimento del Prefetto di Caserta nonché avverso la sentenza del TAR di Napoli che ha respinto in primo grado il suo ricorso.

Infatti, mentre nel caso di informativa prefettizia antimafia c.d. atipica (art. 1 septies del d. l. n. 629 del 6 settembre 1982, convertito nella legge 12 ottobre 1982, n. 726, aggiunto dall'art. 2 della legge 15 novembre 1988, n. 486), la stazione appaltante, a seguito della informativa, conserva la potestà discrezionale di valutare autonomamente le informazioni ricevute sull’impresa, nel caso di informativa antimafia “tipica”, (artt. 4 e segg. del d. lgs. 8 agosto 1994 n. 490 e art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998 n. 252), la misura interdittiva deriva direttamente dall’atto emanato dal Prefetto (Consiglio di Stato Sez. VI, n. 8928 del 15 dicembre 2010).

5.- Ciò premesso, si deve ricordare che l'interdittiva prefettizia antimafia “tipica” costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione.

Trattandosi di una misura a carattere preventivo, l’interdittiva comminata dal Prefetto prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente.

Tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che, per giurisprudenza costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 7260 del 1 ottobre 2010).

6.- Si è inoltre precisato che, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata (Consiglio di Stato, Sez. V n. 405 del 20 gennaio 2011). Non occorre quindi avere la certezza dell’ingerenza ma è sufficiente una qualificata probabilità che la stessa si determini (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 510 del 27 gennaio 2009).

7.- Per quanto riguarda, in particolare, gli elementi di fatto sui quali deve fondarsi l’interdittiva, si è affermato che non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso e che la stessa può fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e con l’ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo (Consiglio di Stato Sez. VI n. 882 del 9 febbraio 2011).

7.1.- Non possono tuttavia ritenersi sufficienti il solo sospetto o mere congetture prive di alcun riscontro fattuale. Occorre invece che siano individuati (ed indicati) idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose che sconsigliano l’instaurazione di un rapporto dell’impresa con la pubblica amministrazione.

8.- Si è poi aggiunto, in relazione alla questione (sollevata nel caso di specie) riguardante la rilevanza del rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata, che il mero rapporto di parentela, in assenza di ulteriori elementi, non è di per sé solo idoneo a dare conto del tentativo di infiltrazione in quanto non può ritenersi un vero e proprio automatismo tra un legame familiare, sia pure tra stretti congiunti, e il condizionamento dell’impresa.

Se è infatti vero, in base alle regole di comune esperienza, che il vincolo di sangue può esporre il soggetto all'influsso dell'organizzazione, se non addirittura imporre (in determinati contesti) un coinvolgimento nella stessa, tuttavia l'attendibilità dell'interferenza dipende anche da una serie di circostanze che qualificano il rapporto di parentela, quali, soprattutto, l'intensità del vincolo e il contesto in cui gli interessati operano (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 268 del 20 gennaio 2009).

Si è quindi ritenuto che l’eventuale attività pregiudizievole posta in essere da un genitore non può riverberarsi automaticamente sull’attività imprenditoriale di un figlio, perché altrimenti quest’ultimo sarebbe, senza sua colpa, nell’impossibilità di potere svolgere attività lecite costituzionalmente tutelate. L’applicazione automatica della misura interdittiva rappresenterebbe inoltre un irragionevole ostacolo al ripristino di un regime di vita lavorativa improntato al rispetto della legge nelle aree geografiche del Paese contraddistinte dalla forte presenza di organizzazioni criminali (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 5866 del 25 novembre 2009).

8.1.- Sulla base di tali considerazioni si deve quindi ritenere che, quando la misura interdittiva trova il suo presupposto nel rapporto di parentela dei soggetti che svolgono l’attività imprenditoriale con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata, deve essere accertata anche l’eventuale esistenza di ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre effettivi collegamenti tra i soggetti sul cui conto l’autorità prefettizia ha individuato l’esistenza di pregiudizi e l’impresa esercitata da loro congiunti.

9.- Sulla base degli indicati principi l’appello proposto dalla società Pulimagil non può essere accolto.

Nella fattispecie il Prefetto di Caserta ha ritenuto che vi era il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata sull’attività della Cooperativa Pulimagil sulla base delle informative trasmesse dai diversi corpi di Polizia e, in particolare, sulla base della nota del Comando Provinciale Carabinieri di Caserta del 7 maggio 2009 che aveva evidenziato un rapporto di parentela fra il presidente del c.d.a. della Cooperativa (Cantiello Michele), una consigliera (Cantiello Teresa, sorella del primo) e il padre dei due (Cantiello Luigi) arrestato (e condannato) per un episodio di estorsione aggravata per collegamenti mafiosi. Inoltre Cantiello Luigi era fratello “di un capoclan di zona dei Casalesi, deceduto nel 1996, presumibilmente per faide camorristiche”.

Sono poi seguiti gli accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza (di cui alla nota del 20 giugno 2008 del Nucleo di Polizia Tributaria di Caserta) che hanno evidenziato uno stretto legame (non solo dovuto al rapporto naturale di stretta parentela) fra il signor Cantiello Luigi e i figli Cantiello Michele e Cantiello Teresa.

Tale legame, in particolare, emerge dalla circostanza che il padre (Cantiello Luigi) ed i figli Cantiello Michele e Cantiello Teresa abitano nella stessa strada del Comune di Santa Maria la Fossa, in due immobili contigui, e dalla ulteriore circostanza che nello stesso immobile dove hanno la residenza i figli ha sede anche la società cooperativa. Infatti i fratelli Cantiello, gestori della cooperativa, risiedono nello stesso civico (via Aldo Moro n. 2) confinante con la sede sociale (via Aldo Moro n. 4) e con l’abitazione del padre (via Aldo Moro n. 6).

Inoltre è emerso che solo dopo aver acquisito la carica sociale Cantiello Teresa ha trasferito la sua residenza dall’immobile del padre al contiguo immobile dove ha la sua residenza il fratello ed ha sede la società.

Non risulta infine priva di rilievo l’ulteriore circostanza che la struttura societaria è articolata su base familiare e che, come si rileva sempre dalla suddetta nota del Nucleo di Polizia Tributaria, il consiglio di amministrazione della società Pulimagil è composto dai più volte citati Cantiello Michele e Cantiello Teresa e dalla signora Papa Assunta, coniuge di Cantiello Michele.

9.1.- La misura interdittiva in esame non si basa quindi solo sull’esistenza dello stretto legame familiare fra il signor Cantiello Luigi, a carico del quale sono stati riscontrati pregiudizi, e i suoi figli Cantiello Michele e Cantiello Teresa, amministratori dell’impresa nei cui confronti è stata emanata l’interdittiva, ma si fonda anche su ulteriori elementi riguardanti il contesto familiare, territoriale ed ambientale in cui operano i signori Cantiello Michele e Cantiello Teresa e la società Pulimagil da loro amministrata. E tutti tali elementi hanno fatto ritenere al Prefetto di Caserta, con un giudizio probabilistico che non appare irragionevole, che l’impresa possa subire il condizionamento della malavita organizzata.

10.- L’appellata sentenza del TAR della Campania n. 25872 del 29 novembre 2010 risulta quindi esente dalle censure sollevate.

Né sussiste la lamentata contraddittorietà con la sentenza n. 25871 del 29 novembre 2010, con la quale lo stesso TAR aveva annullato la precedente misura interdittiva, tenuto conto della rilevanza, ai fini della configurazione del quadro prognostico, degli elementi forniti dalla suindicata informativa della Guardia di Finanza.

Si deve aggiungere che è irrilevante la circostanza (evidenziata nell’appello) che all’epoca della scomparsa dello zio Cantiello Antonio, avvenuta nel 1996, nonché della tentata estorsione commessa dal padre (Cantiello Luigi), i signori Cantiello Michele e Cantiello Teresa avevano rispettivamente 22 ed 11 anni ed erano estranei a tali vicende, tenuto conto che la valutazione prefettizia si basa su un possibile condizionamento attuale dell’attività imprenditoriale.

11.- L’appello, per tutti gli esposti motivi, deve essere respinto.

Le spese del grado di appello possono essere comunque compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione fra le parti delle spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Marco Lipari, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/09/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

Autore/Fonte: www.giustizia-amministrativa.it AVVOCATO NARDELLI (STUDIO LEGALE NARDELLI)         
 

 

 

 


Autore / Fonte: WWW.GIUSTIZIA-AMMINISTRATIVA.IT

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